Vaccini Covid in farmacia, il nodo degli eventi avversi

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È ormai sancito nero su bianco: anche il farmacista potrà vaccinare contro Covid-19. Lo stabilisce un accordo siglato tra governo, associazione dei titolari di farmacia (Federfarma) e associazione delle aziende e servizi socio-farmaceutici (Assofarm).

Ma cosa accadrà in soldoni? Le farmacie potranno essere a tutti gli effetti uno dei centri utilizzabili per somministrare i vaccini e procedere a passi spediti per la vaccinazione massiva della popolazione. Cosa ritenuta cosa buona e giusta da tutti, giacché il punto è proprio pigiare sull’acceleratore dei vaccini per poter riaprire il Paese.

Ma c’è un punto ritenuto critico, secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo). “Non tanto il fatto che a somministrare i vaccini possa essere il farmacista in persona”, ci dice il presidente della Federazione Filippo Anelli, “quanto che l’atto prescrittivo del vaccino al cittadino sia in capo a questa figura sanitaria e non al medico, come previsto dalla normativa”.

Questione di lana caprina? No. Più che altro si tratta di mettere in giusta correlazione le competenze con le responsabilità. Infatti, continua Anelli, “la capacità di effettuare un’anamnesi e stabilire se una persona abbia le caratteristiche fisiche e sia nelle condizioni di salute adatte a essere vaccinata, non solo per Covid, deriva da una formazione specifica data dal corso di Laurea in Medicina e deve rimanere in capo al medico. Così come la capacità di far fronte immediatamente alle reazioni avverse che si possono verificare nei primi minuti successivi alla somministrazione dei vaccini, e la responsabilità ad essa associata”.

Un punto, quest’ultimo, su cui per Anelli non si può transigere. Nemmeno a fronte del superamento del corso ad hoc messo a punto dall’Istituto superiore di sanità che, secondo l’accordo, dovrebbe essere seguito e superato con successo dai farmacisti che desiderino poter vaccinare.

Perché di fatto, in caso di eventi avversi gravi – escluso il trattamento dell’anafilassi con eparina – il nuovo disciplinare prevede che il farmacista possa solamente chiamare il 118, che dovrà ‘intervenire nel più breve tempo possibile’. Il che, di questi tempi, non equivale per nulla a una tempistica utile a gestire tempestivamente casi di criticità.

Una lancia a favore dell’accordo, però, Anelli la spezza. Definendo “positivo” il fatto che sia stato “definito che gli spazi della farmacia entro cui si esercitano atti medico-sanitari, come la vaccinazione, devono rispondere a precisi requisiti di ampiezza, sicurezza e sanificazione”.

Eppure nel dialogare con Anelli non stenta a emerge un’ulteriore riflessione, che è anche un interrogativo: “Forse dobbiamo risolvere un frainteso di fondo. Oggi ci sono circa 150 mila professionisti, tra medici e odontoiatri, che aspettano di essere coinvolti attivamente nel piano vaccinale. Che sarebbero ampiamente sufficienti per vaccinare tutta la popolazione anche ai ritmi serrati a cui il governo auspica di poter arrivare nelle prossime settimane. Perché non demandare a loro l’iter vaccinale compreso tra anamnesi-prescrizione-somministrazione e gestione effetti avversi? Con la massima disponibilità, più volte dichiarata, a operare in sinergia con il farmacista all’interno delle farmacie territoriali”.

Intanto non nasconde la propria soddisfazione per l’accordo il presidente di Federfarma Marco Cossolo, che si dice sicuro “che l’accordo quadro, a carattere nazionale, verrà velocemente recepito dalle Regioni” consentendo così alle farmacie di dare “un contributo significativo al raggiungimento dell’obiettivo di ottenere al più presto una copertura vaccinale adeguata”.

Ma forse le conseguenze di questo traguardo raggiunto dalle associazioni di categoria potrebbero andare molto oltre i sei euro riconosciuti alle farmacie per ogni inoculazione e molto al di là del superamento della pandemia. Quale che sia la persona deputata a fare l’iniezione, l’accordo potrebbe rappresentare il punto di non ritorno per un futuro fatto di vaccini in farmacia. A partire dalla vaccinazione antinfluenzale. Cosa che porterebbe finalmente anche l’Italia ad allinearsi a tanti altri Paesi europei e agli Usa dove questa pratica è già attiva da molti anni.

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