Apparecchi diagnostici obsoleti, l’indagine

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Sono 18.000 gli apparecchi di diagnostica per immagini obsoleti presenti negli ospedali italiani. Risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi. Basti pensare che Il 71% dei mammografi convenzionali ha superato i 10 anni di ‘vita’, il 69% delle Pet ha più di 5 anni e il 54% delle risonanze magnetiche chiuse 1,0 T hanno più di 10 anni.

A fotografare lo stato di vetustà del parco tecnologie di diagnostica per immagini in uso presso le strutture sanitarie italiane pubbliche e private sono i dati presentati dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici.

Quello degli apparecchi vecchi non è un problema nuovo nel nostro Paese. E se rinnovarli rappresenta un costo, operare con apparecchiature vetuste incide sulle prestazioni. E le conseguenze di questa situazione rischiano di farsi sentire nel post-Covid, quando si cercherà di recuperare il tempo perduto in controlli e check up.

E questo anche se l’ultima indagine rileva un segnale positivo sugli ecografi portatili: nell’82% dei casi sono stati acquistati meno di 5 anni fa, così come il 78% dei sistemi digitali per la chirurgia ad arco e l’81% dei radiografi mobili digitali.

I dati dell’analisi restituiscono comunque una fotografia ancora preoccupante: con un’età media dei mammografi di tipo convenzionale pari a 13,4 anni e il 54% degli apparecchi per la risonanza magnetica chiuse di 1,0T che supera i 10 anni di età (a fronte di un periodo di adeguatezza di 5 anni), l’Osservatorio di Confindustria dispositivi medici accende i riflettori sulla situazione del parco tecnologico italiano, che non permette di offrire, da parte del già provato Sistema sanitario nazionale, servizi di diagnostica e prevenzione troppo adeguati.

Dati che si scontrano con quanto emerso dall’indagine Tech4Life promossa da Confindustria Dispositivi Medici e realizzata da Community Research & Analysis, secondo cui per l’84% della popolazione italiana rinnovare i macchinari e le tecnologie degli ospedali è di primaria importanza. Accrescerne l’attendibilità e la sicurezza è particolarmente necessario, poi, in un periodo in cui il 37% degli italiani ha rinviato del tutto o in parte esami, visite e cure mediche per la paura del contagio o per il sovraffollamento delle strutture impegnate nella lotta al Coronavirus.

“L’indagine – ha commentato Aniello Aliberti, presidente di Elettromedicali e Servizi integrati – ha fotografato una situazione ancora di evidente vetustà delle tecnologie di diagnostica per immagini presenti nel nostro Paese. Sebbene si registrino timidi segnali di aggiornamento, siamo ancora lontani da un reale processo di ammodernamento del parco installato nelle strutture italiane”.

Apparecchi troppo vecchi, quando invece “tecnologie all’avanguardia consentirebbero non solo una migliore capacità diagnostica, ma anche una maggiore velocità di refertazione, che potrebbe rivelarsi fondamentale una volta che i cittadini saranno meno impauriti e riprenderanno a fare prevenzione e a curarsi senza timore di contagiarsi. Il servizio sanitario deve farsi trovare pronto anche alla forte richiesta che ci sarà nel post Covid”, conclude l’esperto.

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