La storia dei grandi gruppi privati della sanità in Italia attraversa le generazioni. In alcuni casi siamo già alla terza. La versione completa di questo articolo, a firma di Margherita Lopes, è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2021.
QUELLO DELLE CURE, in Italia, è (anche) un affare di famiglia. Basta guardare la storia dei grandi gruppi della sanità privata, per vedere che a muovere i primi passi è stato spesso un fondatore che indossava il camice. Di chirurgo, nel caso di Luigi Rotelli, che nel 1957 fonda l’Istituto di Cura Città di Pavia a cui segue, nel 1959, il Policlinico San Donato. O come Raffaele Garofalo, che negli anni ’50, assieme ai fratelli Antonio e Mario (anch’essi medici) avvia l’acquisizione di importanti strutture sanitarie nel Lazio e pone le basi del Gruppo Ghc.
Fra i protagonisti del settore ci sono anche personaggi che hanno fatto la storia dell’economia italiana, come Carlo De Benedetti (Kos Spa) e Gianfelice Rocca (Istituto Clinico Humanitas). Ma anche uomini nuovi come Antonio Angelucci (Gruppo San Raffaele), attivo su più fronti: dalla sanità all’immobiliare, fino all’editoria. Altri ancora sono patron poco conosciuti dal grande pubblico: Ettore Sansavini (Gvm), Emmanuel Miraglia (Gruppo Giomi), Mariuccia Rossini (Korian).
Le loro holding sono celebri come le ‘sette sorelle’ della sanità privata – anche se negli anni le ‘sorelle’ sono diventate più numerose – che svettano per numero di posti letto disseminati fra cliniche, centri di riabilitazione, case di riposo. Ma gli anni passano per tutti: adesso in sella, o al fianco dei fondatori, ci sono gli esponenti della seconda o terza generazione. È il caso di Paolo Rotelli, Maria Laura Garofalo, Fabio Miraglia e Giampaolo Angelucci. E visto che, anche in sanità, o si cresce o si muore, c’è chi guarda all’estero, come Korian, Giomi, Kos e Gvm. Chi sceglie di quotarsi in Borsa scommettendo sul territorio italiano, come il Gruppo Garofalo. Chi, ancora, punta sulla telemedicina e la digitalizzazione (Gruppo San Raffaele).
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