Covid, la Roadmap delle riaperture

Covid riaperture
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Ventisei, uno, quindici. Sono i numeri delle date più importanti che potrebbero caratterizzare i tempi per la riapertura graduale del Paese alle prese con Covid-19, previsti dal nuovo Dpcm che dovrebbe ripristinare anche la zona gialla, mantenendo il coprifuoco dalle 22 alle 5. Obiettivo, stabilire le regole per la ripresa delle diverse attività commerciali e sociali di cui stiamo facendo a meno da mesi, in alcuni casi da quasi un anno.

Andiamo con ordine (temporale), secondo quanto indicato nella bozza del documento cha anticipa l’orientamento del Governo.

Primo step: 26 aprile
Il prossimo lunedì le novità riguarderanno in primis la scuola, con l’obiettivo di riportare in classe il maggior numero di studenti possibile fino al termine, ormai vicino, dell’anno scolastico. Nelle Regioni gialle o arancioni la didattica dovrà essere garantita almeno al 60% degli studenti di tutti gli ordini scolastici fino a quelli secondari di secondo grado e almeno alla metà degli alunni delle Regioni in fascia rossa, cioè dove l’incidenza settimanale dei nuovi contagi è superiore a 250 ogni 100 mila abitanti.
Di particolare rilevanza la nota che, se dovesse rimanere, indica che sindaci e presidenti di regione non potranno derogare a queste indicazioni se non per ragioni di emergenza. Come a dire che il ritorno a scuola non si tocca.
Sport: nelle zone gialle potranno riprendere le attività sportive di squadra e di contatto, fatto salvo il divieto di utilizzare gli spogliatoi.
In zona gialla riprenderanno anche le attività culturali. Cinema, teatri potranno riaprire al 50% della loro capienza anche al chiuso. Con alcuni massimali di spettatori: mille se all’aperto e 500 se al chiuso. Per alcuni eventi sarà però necessario esibire il “certificato verde”.
Una prima boccata di ossigeno arriverà anche per il comparto della ristorazione. Dal 26 potranno in zona gialla si potrà riprendere il servizio al tavolo sia a pranzo che a cena (fino alle 22), ma solo all’aperto.

Secondo step: 1 maggio
Da inizio maggio e fino al 15 giugno sale a quattro (minori esclusi) il numero di persone che potranno fare visita insieme a parenti e amici, solo in zone gialle e arancioni.

Terzo step: 15 maggio
A metà maggio sarà la volta delle piscine, che potranno riprendere l’attività, ma solo all’aperto e solo se in zona gialla.

Quarto step: 1 giugno
Giugno sarà il mese in cui potremo assistere alle riaperture più consistenti, anche alla luce di una campagna vaccinale che dovrebbe aver fatto grandi passi avanti rispetto a oggi.
Ci si potrà riallenare in palestra e si potrà tornare anche allo stadio che potrà ospitare spettatori fino al 25 per cento della capienza e con un limite di 1000 persone all’aperto e di 500 al chiuso.
Nuova vita anche per i ristoranti, che in zona gialla potranno riprendere il servizio al tavolo anche al chiuso ma fino alle ore 18.

Quinto step: 1 luglio
Ultimi a riprendere l’attività saranno centri termali, parchi tematici e di divertimento che potranno riaprire i battenti a inizio luglio.
Insieme ad essi potrà riprendere anche la filiera degli eventi. Si potranno programmare già da ora fiere, convegni e congressi da tenersi a partire dall’1 luglio, solo in zona gialla.

Il “certificato verde” e il rischio ragionato
In attesa che l’Europa definisca i termini del “green pass” per potersi muovere tra i Paesi dell’Ue, l’Italia anticipa i tempi e propone l’italianissimo “certificato verde”. Di che si tratta è semplice. Una certificazione che permetterà di muoversi anche nelle zone rosse e di accedere ad alcune attività particolari come alcuni eventi culturali.

Più articolato è, invece, l’oggetto di questa certificazione. Che potrà riguardare o l’avvenuto completamento del ciclo vaccinale anti-Covid o il certificato di avvenuta guarigione dall’infezione di Sars-Cov-2. In entrambi i casi la certificazione avrà validità di 6 mesi. Esiste poi la terza ipotesi di certificazione, quella comprovante il risultato negativo di un test molecolare o antigenico. In questo caso, però la validità è di 48 ore.

Certamente questa terza casistica, sarà quella che riguarderà la gran parte della popolazione italiana nelle prossime settimane (forse mesi), dal momento che sono ancora i più coloro che non hanno avuto accesso alla vaccinazione o, fortunatamente, che non si sono ammalati di Covid.

Ci chiediamo, ma ha senso chiedere una certificazione che si basa su un esame, il tampone, che è una istantanea del momento in cui viene effettuato? Viene in nostro soccorso Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia all’Università Campus Bio-Medico di Roma: “Il test non garantisce l’assenza di infezione. Infatti non possiamo essere certi che nelle 48 ore successive all’esame una persona non sia venuta a contatto con il virus e sia stata contagiata” da Covid-19.

Come fare allora per contemperare la necessità di spostamenti e la sicurezza sanitaria all’interno dello Stivale? “Proporrei di fare test rapidi negli aeroporti e nelle stazioni. In soli 20 minuti si avrebbe la certezza che coloro che vanno da una regione all’altra o che sbarcano su un’isola, siano effettivamente negativi a Covid. Si potrebbe anche immaginare di fare dei test random tra i passeggeri. Ciò anche per cercare di intercettare quella percentuale di persone che pur avendo già contratto il virus ed essere guariti possono reinfettarsi. Come del resto dimostrato dalla letteratura scientifica”, avverte Ciccozzi. Che vede il bicchiere mezzo pieno e fa parte di coloro che ripongono fiducia nella responsabilità collettiva.

“Le riaperture servono per far ripartire il Paese. Dal punto di vista scientifico dico che dobbiamo essere cauti e soprattutto ribadire continuamente che siamo tutti noi cittadini a definire che piega prenderanno le prossime settimane. Dobbiamo ricordare a tutti, giovani e meno giovani, che misure di protezione contro Covid-19 – mascherina, distanziamento e igiene delle mani – andranno mantenute ancora per mesi. Se tutti lo faremo in modo pedissequo riusciremo a seguire la road map tracciata dal nuovo Dpcm. Altrimenti dovremo chiudere di nuovo”, aggiunge.

Ricordando che la decisione presa dal presidente del Consiglio Mario Draghi dopo confronto con il Comitato Tecnico Scientifico del ministero della Salute rappresenta un rischio ragionato. Non un rischio calcolato. Come a dire, che “tenendo conto dei segnali positivi derivanti dai numeri delle Terapie Intensive che stanno lentamente calando e dal fatto che stiamo velocizzando la campagna vaccinale”, si può cercare di dare un primo segnale di speranza alla società.

“Del resto, come dicevo, tutto dipende da come ci comporteremo. I dati epidemiologici a una-due settimana di distanza dal 26 aprile ci faranno da testimoni”, chiosa Ciccozzi.

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