Epilessia, oltre metà dei pazienti non lavora

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Oltre la metà delle persone affette da epilessia non è occupata, riporta difficoltà di inserimento lavorativo, o fatica a conservare il lavoro. E il 44% si vede negato un impiego a causa della malattia. Mentre il 31% di chi soffre di epilessia non lavora per disoccupazione. Il resto per ragioni di età, per attività domestica o per dichiarata inabilità al lavoro. È quanto emerge dalla ricerca ‘Epilettologi raccontano le epilessie’ (Ere), presentata in occasione dell’ultimo Congresso della Lega italiana contro l’epilessia con l’Istituto Istud, centro di ricerca e sviluppo di conoscenza sul management.

Visti questi numeri, Lice e l’area sanità e salute di Istud hanno lanciato un’indagine rivolta a tutte le persone affette da epilessia maggiorenni sul territorio nazionale. L’iniziativa è realizzata grazie al contributo del ministero della Salute, da Federazione italiana epilessie, Associazione epilessia e Fuori dell’ombra – Insieme per l’Epilessia.

In maniera autonoma e nel rispetto dell’anonimato, sarà possibile raccontare sia le esperienze di buone pratiche sia quelle di criticità vissute a lavoro o durante la ricerca di occupazione. Una raccolta sistematica delle esperienze promossa “per finalizzare direttive di comportamento uniformi tra medici curanti, Istituzioni, aziende e medici del lavoro” spiega Laura Tassi, presidente di Lice.

Lo scopo di questa indagine per Oriano Mecarelli, past president Lice, “è quello di contribuire a migliorare l’accoglienza e l’integrazione delle persone con epilessia nel mondo del lavoro, riducendo lo stigma e valorizzando le potenzialità e le risorse a disposizione sia di chi soffre di epilessia, sia dei datori di lavoro e dei colleghi”.

“L’occupazione delle persone con epilessia”, spiega Mecarelli, “è una questione complessa per la molteplicità di fattori che concorrono, dalla condizione clinica al contesto familiare e sociale di riferimento, alla tipologia di azienda e rischio lavorativo correlato. Non esiste una soluzione univoca”.

La scelta di comunicare o meno la condizione di epilessia nella fase di ingresso nel lavoro è una questione centrale. Occorre soprattutto un adeguato piano di welfare aziendale. Solo così, secondo Lice, chi soffre di epilessia può comunicare liberamente la propria condizione, senza temere ripercussioni al momento della selezione e nel percorso lavorativo.

La comunicazione della propria diagnosi può persino ridurre lo stato di ansia e insicurezza nel paziente e migliorare la performance in un colloquio di lavoro.

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