Covid, Consulta: serve forte coordinamento Stato per correggere inefficienze Regioni

Consulta Giancarlo Coraggio Corte costituzionale
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“La peculiarità di un servizio sanitario nazionale ma a gestione regionale richiede un esercizio forte, da parte dello Stato, del potere di coordinamento e di correzione delle inefficienze regionali”. Lo ha sottolineato il presidente della Corte costituzionale, Giancarlo Coraggio, nella sua relazione sull’attività della Consulta nel 2020, anche in riferimento all’emergenza pandemica, sulla cui gestione non ha risparmiato critiche. “Un esercizio inadeguato di questo potere – ha aggiunto – non solo comporta rischi di disomogeneità ma può ledere gli stessi livelli essenziali delle prestazioni, sul cui rispetto, anche nel 2020, la Corte si è più volte soffermata. Questo problema di fondo si è riproposto nel contesto attuale, pure caratterizzato dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di profilassi internazionale, competenza che avrebbe dovuto garantire quell’unitarietà di azione e di disciplina che la dimensione nazionale dell’emergenza imponeva e tutt’ora impone”.

La difficile prova della pandemia

Proprio la sanità e la gestione della pandemia sono state il centro del discorso di Coraggio, di nuovo alla presenza delle massime autorità dello Stato, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Mario Draghi, alla ministra della Giustizia ed ex prima presidente donna della Corte costituzionale Marta Cartabia. In apertura, il presidente della Consulta ha anzitutto voluto esprimere “la sentita partecipazione della Corte al lutto di quanti hanno sofferto la perdita dei loro cari”. La pandemia, ha proseguito, “è stata una prova difficile per il nostro Paese, che tuttavia ha dato grande dimostrazione di sé. I cittadini, sfatando luoghi comuni duri a morire, hanno saputo accettare i pesanti ma inevitabili sacrifici dei loro diritti con un senso civico diffuso e consapevole. E anche le istituzioni, pur con un certo affanno delle strutture sanitarie, hanno trovato la forza e la capacità di far fronte a questo evento drammatico e inusitato”.

La salute, un diritto che va garantito

Il presidente Coraggio ha ribadito che, al di là delle controversie tra Stato e Regioni, il diritto alla salute deve essere sempre garantito a tutti. “La Corte ha tradizionalmente negato l’esistenza di un diritto illimitato alla salute – ha ricordato – proprio in considerazione delle incontrollabili ricadute finanziarie, affermando anche, tuttavia, che il valore di una sana gestione delle risorse non può spingersi sino a comprimere i livelli essenziali delle prestazioni, che in tal modo divengono oggetto di un diritto fondamentale”. È, infatti, “la garanzia dei dritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione“.

Le conseguenze della riforma del Titolo V

Il presidente si è quindi soffermato sull’attività della Corte, rilevando, in particolare, come vi sia stata “una riduzione dei conflitti intersoggettivi, ai minimi storici dal 2006, e un aumento dei conflitti tra poteri”. Quanto ai giudizi principali, ha rimarcato, “colpisce, comunque, il numero ancora elevato del contenzioso tra Stato e Regioni che, come è stato rilevato in tutte le relazioni degli ultimi anni, affonda le sue radici nella revisione del titolo V della parte II della Costituzione, i cui problemi applicativi non si possono dire ancora risolti, malgrado l’ormai ventennale impegno della Corte nella regolazione del riparto delle rispettive competenze”. I campi elettivi di questo contenzioso, ha precisato, “restano quelli del coordinamento della finanza pubblica, del rispetto delle regole sull’equilibrio dei bilanci e della regolazione dei rapporti finanziari, specie in settori come quelli dell’impiego del personale e della sanità, caratterizzati dagli aggregati di spesa più rilevanti”.

Ridurre i conflitti tra Stato e Regioni

A tale riguardo, Coraggio ha detto che “non può che ribadirsi l’ormai costante richiamo alla leale collaborazione dello Stato e delle Regioni nelle materie di interesse comune o in ambiti posti al crocevia di una pluralità di competenze”, e che “appare anche opportuno invitare tutti gli attori istituzionali a riflettere sulla necessità di apprestare più efficaci meccanismi di prevenzione e risoluzione dei conflitti”. Anche perché gran parte del contenzioso è prevenibile, e lo dimostra il fatto “che nei giudizi principali, nell’anno trascorso, è stato molto alto il numero delle decisioni di estinzione (25) o di cessazione della materia del contendere (10), in linea, peraltro, con i dati dell’ultimo quinquennio”, decisioni che arrivano tuttavia “molto spesso a ridosso delle udienze già fissate”, con “riflessi inevitabilmente negativi sulla certezza delle regole e sulla fluidità e speditezza dell’azione amministrativa”.

Nella sanità le difficoltà maggiori

Nell’anno della crisi pandemica, è nella sanità, in particolare, ha sottolineato Coraggio, “che si sono manifestate le maggiori difficoltà, causate, da una parte, dai consistenti tagli dei finanziamenti statali e, dall’altra, da una gestione non sempre soddisfacente delle pur ingenti risorse” come “testimoniato, fra l’altro, dalla entità del contenzioso relativo ai commissariamenti delle sanità regionali, spesso della durata di molti anni e quindi essi stessi dalla dubbia efficacia”. Tra i settori più penalizzati, anche la scuola, che “con l’insegnamento a distanza (una soluzione certo emergenziale ma accettata con spirito di sacrificio da docenti e alunni), è stata comunque in grado di assicurare, nei limiti del possibile, la vitale prosecuzione dell’istruzione, anche se si sono purtroppo manifestate gravi diseguaglianze economiche e territoriali”, ha aggiunto il presidente della Consulta.

Il ruolo del Parlamento

Quindi, un riferimento ai casi più spinosi che la Corte ha dovuto affrontare nell’anno trascorso, dal caso Cappato, al carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di un fatto determinato, all’ergastolo ostativo. Con un deciso cambio di registro: addio ai moniti senza conseguenze concrete, e rinvio delle questioni al Parlamento per un intervento diretto in tempi definiti. “In mancanza di punti di riferimento normativi e in presenza di interventi complessi e articolati – ha spiegato Coraggio – la Corte si è sentita obbligata a privilegiare il naturale intervento del legislatore, ricorrendo alla tecnica processuale della incostituzionalità ‘prospettata’: all’accertamento della contrarietà a Costituzione della norma censurata fa seguito non già la contestuale declaratoria di illegittimità costituzionale ma il rinvio a una nuova udienza per l’esame del merito, dando tempo così al legislatore di disciplinare la materia”.

La tutela dei diritti

Quanto all’attività della Corte, l’anno nero della pandemia non ha inciso più di tanto, con buona parte dell’attività del giudice delle leggi che è stata espletata in moto virtuale, senza rallentamenti di sorta. “Non solo il numero di decisioni è stato sostanzialmente analogo a quello dell’anno precedente, e in linea con quello degli ultimi cinque – ha ricordato Coraggio – ma si sono anche ridotti i tempi di conclusione dei giudizi, scesi, per quelli incidentali, da circa un anno a otto mesi”. Tra i diritti garantiti dalla Corte con le sue sentenze del 2020, il lavoro e la sua tutela in caso di licenziamento, i diritti e i doveri delle coppie omosessuali, la responsabilità genitoriale e la tutela dei minori, la genitorialità biologica e quella legale, la procreazione assistita, il trattamento dei condannati. “Le situazioni soggettive che vengono in rilievo di fronte alla complessa, stratificata e a tratti disomogenea legislazione sull’esecuzione carceraria ed extra muraria delle pene”, ha detto su quest’ultimo punto Coraggio, sono state “oggetto di una incessante attività della Corte di adeguamento ai precetti costituzionali e, in particolare, all’articolo 27 della Costituzione” che fissa un principio inderogabile: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

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