Vaccino Covid in pillole, brevettato a Napoli attira investitori

vaccino pillole
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L’idea è bellissima: sfruttare i batteri ‘buoni’, che normalmente vivono nel nostro intestino, come fabbriche per produrre un vaccino anti-Covid in pillole. Facile da assumere come bere un bicchier d’acqua (letteralmente), e soprattutto senza grossi problemi logistici e di conservazione. Questa volta però non si tratta solo di un’idea: la Nextbiomics, spin off dell’università Federico II di Napoli, ha infatti già presentato domanda di brevetto per questo nuovo vaccino orale, prodotto a partire dal batterio probiotico Escherichia coli Nissle 1917.

Ma come è nata l’idea? “Come giovane spin off federiciana da anni lavoriamo nel settore dei probiotici di nuova generazione. E abbiamo già all’attivo altri due brevetti depositati – ci spiega Giovanni Sarnelli, docente di Gastroenterologia della Federico II e ceo di Nextbiomics – Così, in pandemia, ci è venuta naturale l’idea di adottare una strategia farmacologica altamente innovativa per contrastare Covid-19″.

In pratica, “abbiamo usato un batterio amico – aggiunge il gastroenterologo – che è poi molto simile ai probiotici che si trovano in farmacia. Ciascun probiotico ha la capacità di passare indenne attraverso l’acidità dello stomaco e di localizzarsi nell’intestino. Non solo: ciascun batterio può essere considerato una piccola fabbrica. E siccome ne abbiamo tantissimi che vivono dentro noi, è come far lavorare tante fabbriche in serie, una accanto all’altra”.

Perché i batteri buoni ingegnerizzati funzionano come un vaccino? “Perché abbiamo trovato il modo di fargli produrre, proprio come nel caso dei vaccini classici, gli anticorpi contro la proteina Spike, la serratura che il Coronavirus utilizza per entrare nel nostro organismo. La nostra idea è molto semplice: il batterio ha ‘cucito’ sulla parete la proteina Spike, così quando arriva nell’intestino e parla con il sistema immunitario, lo attiva dando luogo alla produzione di anticorpi IgM (quelli precoci), IgG (quelli circolanti), ma anche di altri anticorpi che sono presenti anche sulla mucosa respiratoria, gli IgA”.

In commercio i probiotici esistono in diverse formulazioni: flaconcini, capsule, bustine. Come potrebbe essere il vaccino orale? “Al momento ci siamo concentrati sulla qualità del prodotto, e devo dire che i dati preclinici sull’animale di laboratorio sono estremamente incoraggianti. Se mi chiedete di fare un salto nel futuro, forse la capsula è la cosa più agevole da fare. Ci piace pensare a una capsula che il paziente può prendere anche da solo: non servirebbero personale qualificato, strutture, etc. Se si tratta di fare una terapia 5 giorni a settimana per 17 settimane, come nel caso dei nostri topini non lo so, ma ci piace molto l’idea di un prodotto che può arrivare dappertutto. Anche perché stiamo vedendo che mentre i Paesi industrializzati arrivano a vaccinare la metà della popolazione, c’è un serbatoio Covid che è il Sud del mondo. Sarà utopia, ma a noi piacerebbe molto offrire una soluzione praticabile in queste aree”.

L’idea partenopea ha già attirato interesse. “Abbiamo avuto e stiamo avendo insieme al farmacologo Giuseppe Esposito, socio cofondatore dello spin off e a Walter Sanseverino, Ceo di Sequentia Biotech e socio cofondatore, una serie di contatti da parte di investitori interessati alla sperimentazione clinica necessaria per portare il nuovo vaccino sul mercato”, aggiunge Sarnelli.

vaccino in pillole

 

“Il microbiota è un nostro ‘ospite’ coinvolto in una serie di meccanismi chiave, ad esempio, nei tumori, nelle cardiopatie. La nostra idea era quella di sfruttarlo contro Covid-19, ma anche mettere a sistema ciò che sapevamo, facendo tesoro anche degli studi su microbiota e patologie cardiache”, ci spiega Giovanni Esposito, cardiologo della Federico II di Napoli e neosocio dello spin off.

Ma cosa è emerso finora dalla sperimentazione? “I dati preclinici condotti suoi topi mostrano che la somministrazione 5 giorni a settimana per 17 settimane ha stimolato la produzione di anticorpi circolanti. In pratica, siamo nella stessa fase in cui le grandi aziende come Pfizer erano un anno fa. Oltretutto adesso sappiamo che la ricerca sull’uomo può essere rapidissima, in caso di estrema necessità”, rileva Esposito.

Ma non è tutto. Oltre all’innovatività e al suo valore scientifico, “questo approccio – ribadisce l’esperto – ha anche un valore etico: potrebbe consentire di avere vaccini a disposizione senza problemi di conservazione o somministrazione”.

Probabilmente non sarà un vaccino del tipo ‘una pillola e via’. “E’ verosimile che ci debbano essere più somministrazioni – conclude il ricercatore – ma d’altra parte dobbiamo pensare che si tratta anche di un approccio estremamente versatile anche contro le varianti di Covid-19“.

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