La scienza e il sacrificio del silenzio

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Scienza e silenzio. L’anziano professore di anatomia patologica Prof Norf saluta il giovane medico Dr Doutreval che lascia il suo laboratorio, in ‘Corpi ed anime’ di Maxence Van Der Meersch (1943). Gli parla di idee che avrebbe potuto pubblicare, il giovane gli dice “Bisognerà che le pubblichiate voi stesso, professore” e Norf risponde: “Io? Io non fatto nemmeno dieci pubblicazioni in tutta la mia vita, Doutreval. Si scrive anche troppo. Per vanità, molto spesso. Si soffocano i medici sotto una valanga di pubblicazioni. Finchè non si abbia qualche cosa di veramente nuovo da dire, conviene tacere. Il sacrificio più duro per uno scienziato è il silenzio”.

Durissimo sacrificio sicuramente per scienziati ed affini che si avvicendano sui media a spiegare e rispiegare la pandemia, ma duro sacrificio per gli scienziati che devono pubblicare, secondo il celebre motto ‘Publish or perish’.

La carriera di uno scienziato è definita dalle pubblicazioni, dall’impact factor delle riviste su cui pubblica, ovvero il rapporto tra numero di citazioni dei lavori pubblicati da una rivista e numero di articoli pubblicati; più è elevato tale fattore e più la rivista è prestigiosa, e quindi la pubblicazione ha maggior valore.

Da diversi anni è particolarmente importante ottenere citazioni del proprio lavoro, indicatore che rende meglio del prestigio della rivista l’impatto sul mondo scientifico del lavoro pubblicato. Pertanto, l’H index, o indice di Hirsch, è diventato un indicatore del livello e dell’importanza dello scienziato.

L’H index è un numero che corrisponde agli articoli dello scienziato che sono citati, per cui avere, ad esempio, un H index di 10 significa avere 10 articoli citati, ciascuno, almeno 10 volte. Le pubblicazioni servono per avanzare nella carriera scientifica ed accademica, servono per partecipare ai bandi per ottenere fondi. E’ chiaro, quindi, che pubblicare è assolutamente necessario.

E’ altrettanto chiaro che esiste un mercato delle pubblicazioni, che sta diventando sempre più invadente. Non è più il mondo del Dr Parr che Graham Green ci descrive ne ‘Il console onorario‘: sulla sua scrivania stava il British Medical Journal: per una settimana intera lo aveva lasciato intatto nel suo involucro, eppure era nello stato d’animo di leggere cose in linguaggio ancor più preciso dello stile di Borges. Il medico alterna la formazione e l’aggiornamento alle appassionate e torride ore con la giovane amante Clara. La letteratura scientifica considerata ancora più precisa del dettagliatissimo e labirintico Borges, questa è la percezione del Dr Parr, ma l’esplosione delle riviste e degli articoli non permette certamente di mantenere questo agognato e distintissimo traguardo.

Durante la pandemia si sono evidenziati alcuni limiti del processo di pubblicazione scientifica, come i tempi generalmente lunghi e l’efficacia della peer review, la revisione degli esperti, in particolare per quanto concerne la verifica dell’attendibilità dei dati.

Il ritiro di alcune pubblicazioni anche da riviste di prestigio ha avuto un’eco importante anche al di fuori del mondo accademico e della ricerca, sottolineando le difficoltà di un sistema del tutto atipico, ovvero commerciale ma basato sull’attività volontaria e gratuita dei revisori.

E’ un mondo in evoluzione, per l’arrivo di un numero enorme di riviste e di editori, che risponde all’esigenza di parcellizzare le conoscenze, inevitabile conseguenza dell’avanzare della scienza. Ma che provoca delle discrasie, come la presenza di riviste predatorie, che pubblicano a pagamento senza un’adeguata procedura di valutazione, un’esagerazione del cosiddetto open access, ovvero il trasferimento del costo della pubblicazione dal lettore, come era una volta attraverso l’abbonamento alla rivista, allo scrittore, ovvero al ricercatore.

Non esiste una omogeneità di comportamento tra le varie riviste riguardo tempi di risposta, livello dei revisori e qualità delle revisioni, costi dell’open access, modalità di accessibilità alla rivista, il che acuisce il problema della comparabilità dei risultati bibliometrici.

Si tratta di valori universalmente condivisi, ma con un limite, il possibile artificioso incremento attraverso una mirata politica delle citazioni. La credibilità e la sostenibilità del sistema sono sempre in bilico e non si intravede un meccanismo che valuti l’effettiva capacità di una ricerca e di uno studio di determinare una innovazione e/o un miglioramento diagnostico o terapeutico.

Negli anni si è sviluppata una scienza, la metanalisi, per comparare e pesare l’importanza dei singoli studi e anche per l’impossibilità di riunire in maniera semplice e rapida la letteratura su un determinato argomento.

Si sta assistendo ora al fenomeno della pubblicazione dei lavori prima del processo classico di revisione su appositi siti, sconvolgendo l’abituale iter di valutazione. Occorre un’attenzione particolare ad una peer review della peer review, per non avvalorare l’antiscienza e per non incrementare il conflitto tra percezione e personalismo e la scienza, come faceva il protagonista di ‘Che tu sia per me il coltello‘ di David Grossman, che – sicuro del pericolo delle conseguenze della parotite, che peraltro non aveva contratto – dava dei ciarlatani a quelli del ‘New England of Medicine’.

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