radioterapia
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La radioterapia oncologica rappresenta un tassello fondamentale del processo di cura per i pazienti affetti da tumori. Basti pensare che in Italia circa il 60% dei 360.000 pazienti cui annualmente viene diagnosticato un problema oncologico si sottopone a cicli di radioterapia.

Tuttavia, nel recente webinar “La Radioterapia oncologica in Campania: contesto attuale e possibili sviluppi socio-economici e tecnologici” – organizzato insieme a Paolo Muto, direttore della Uoc di Radioterapia dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli – è chiaramente emerso come l’attuale offerta di prestazioni radioterapiche in alcuni contesti regionali, purtroppo, soffra di evidenti e rilevanti criticità di natura economica ed organizzativa.

Prima fra tutte, l’evidente e iniqua eterogeneità della tariffazione delle prestazioni radioterapiche su scala nazionale in questo importantissimo comparto dell’oncologia.

La comparazione dei nomenclatori tariffari regionali relativi alle prestazioni della branca specialistica n. 70, quella della radioterapia oncologica, evidenzia come alcune Regioni italiane siano fortemente penalizzate.

Nei loro nomenclatori, infatti, mancano all’appello importanti prestazioni codificate come l’IMRT, il Ciberknife e la tomoterapia, presenti invece – e dunque rimborsabili dal Ssn – altrove.

Per esempio Lazio, Campania e Sicilia non hanno specifiche tariffe di rimborso per svariate prestazioni – in particolare quelle IMRT/IGRT – le quali, invece, sono regolarmente censite e rimborsate dal Ssn a regioni come la Lombardia, il Veneto, l’Emilia-Romagna e l’Umbria.

E’ il caso, nell’ambito dei vari servizi radioterapici in 3D, del controllo del set up iniziale per prima seduta, controllo portale e/o della ripetibilità del set-up del paziente (codice 92,29.G).

Un altro caso eclatante è quello della radioterapia con tecniche ad intensità modulata ad archi multipli o di tipo elicale con controllo del posizionamento del paziente (IGRT) con tac integrata, i cui cicli sono rimborsati, sorprendentemente, soltanto in Lombardia e Veneto.

Questa estrema disomogeneità, purtroppo, si traduce in un concreto danno per alcuni Ssr e impatta negativamente sull’assistenza e la qualità della cura offerta ai cittadini.

Le risorse perse rendono più difficili per le strutture pubbliche tutte le attività necessarie alla gestione ed al funzionamento dei servizi radioterapici sul territorio, come per esempio gli investimenti in tecnologia e manutenzione, l’assunzione di risorse umane altamente qualificate e la possibilità di far quadrare i bilanci.

La scarna tariffazione delle prestazioni radioterapiche, pertanto, non aiuta lo sviluppo del comparto in alcune regioni e rischia di favorire, indirettamente, anche la migrazione passiva dei pazienti da tali territori svantaggiati verso altre aree dove, anche grazie alla maggiore articolazione delle tariffe, l’offerta è più ampia sia tecnologicamente sia quantitativamente. E questa sarebbe, dopo il danno, la beffa peggiore.

Infatti, la somministrazione di un ciclo di radioterapia per un paziente campano in una struttura pubblica, per esempio, della Lombardia o del Veneto, comporterebbe anche il pagamento di tali prestazioni da parte della Campania a favore di una di queste Regioni.

Il gap della tariffazione e dei rimborsi tra le Regioni italiane, sottraendo risorse ad alcuni Ssr, non soltanto contribuisce a frenare lo sviluppo della radioterapia sul territorio ma può anche incidere negativamente, in un’ottica più complessiva, sulla programmazione, organizzazione ed innovazione dei servizi sanitari regionali penalizzati.

Queste riflessioni suggeriscono che sia giunto il momento giusto per agire concretamente e risolvere questa iniquità interregionale. Ma come fare, in pratica? In primis, si dovrebbero promuovere studi approfonditi, basati sulle metodologie dell’Health Technology Assessment, che possano a livello regionale offrire un supporto dettagliato, preciso e veritiero per definire i costi per le varie prestazioni radioterapiche non ancora censite e valorizzate.

In secondo luogo, è da auspicare l’avvio di un confronto tra le Regioni più penalizzate, al fine di poter identificare specifiche strategie comuni per risolvere la questione in tempi possibilmente celeri, rivedendo i propri tariffari. Infine si ritiene indispensabile la creazione di strutture reticolari regionali che aggreghino e aiutino gli stakeholder pubblici e privati del comparto a organizzarsi per risolvere efficacemente e celermente il gap delle tariffe.

*Francesco Schiavone, professore associato in Economia e Gestione delle Imprese, direttore del VIMASS Research Lab, Università degli Studi di Napoli Parthenope

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