Vaccini agli adolescenti, l’analisi dell’infettivologo

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Le fotografie degli adolescenti nel Lazio, fieri di aver fatto il vaccino anti-Covid, suscitano speranze e tenerezza. Ma quali sono le motivazioni che devono spingere ragazzi (e genitori) verso i vaccini, nonostante per loro Covid-19 non comporti rischi paragonabili a quelli di persone più anziane? Lo abbiamo chiesto a Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma.

“Il contrasto alla pandemia deve coinvolgere tutti: il raggiungimento dell’immunità di gregge si riesce a ottenere solo se tutti partecipano alla vaccinazione, inclusi gli adolescenti. Altrimenti il 70-80% di popolazione vaccinata necessaria per impedire al virus di circolare non si raggiunge“.

L’interesse del singolo, insomma, in questa fase deve cedere il passo a quello della collettività. Contro la pandemia di Covid-19, avverte Andreoni, “l’egoismo perde, perché se restano sacche di popolazione scoperta, il virus continuerà a circolare”. E a mutare.

Andreoni parla di un “dovere civico di vaccinarsi”, e invita le famiglie a riflettere sul fatto che “non vaccinare il proprio figlio può far sì che il nonno, pur vaccinato”, e molto fragile si trovi a fare i conti con il virus, rischiando di soccombere. “In questa pandemia si è visto come, soprattutto in queste ultime ondate, i giovani siano stati i maggiori trasportatori di virus. E questo emerge dai dati dell’Iss. Se non vacciniamo i giovani, loro continueranno a portarsi appresso il virus”.

Tra l’altro per i ragazzi, abituati a fare i vaccini, la vaccinazione (anche quella contro Covid-19), è qualcosa di normale. Inoltre “è vero che gli adolescenti sono a bassissimo rischio, ma non sono a rischio zero. Purtroppo c’è stata letalità anche tra i giovanissimi. E dunque bisogna tenerne conto. Ogni volta leggiamo i numeri come ci fa più piacere: il rischio di letalità tra i vaccinati ci colpisce, ma non quello tra i giovanissimi non vaccinati”.

Inoltre, riprende l’infettivologo, c’è da tener conto del fatto che “essere vaccinati permette di essere più liberi, sia nelle vacanze che nella vita scolastica. Se gli adolescenti non saranno ben vaccinati prima della ripresa della scuola, probabilmente avremo ancora un’attività” a singhiozzo, con classi in quarantena e in Dad. Un po’ come si è visto nell’anno appena concluso.

Ma quando potremo rinunciare a distanziamento e mascherine, ritrovando la normalità e la socialità? “Sono convinto che le misure di contenimento andranno allentate sì ma progressivamente, tenendo conto della circolazione del virus e mantenendole fino alla fine del 2021. Guardiamo quello che sta succedendo in Gran Bretagna: il virus più circola, più può cambiare. E se produce una variante più resistente, ci mette in difficoltà”.

Dunque “dovremo prima arrivare ad aver fatto a tutti la seconda dose, aver raggiunto l’immunità in una platea ampia di persone, tale da poter parlare di immunità di gregge. Per fare ciò servirà un periodo relativamente lungo, ecco perché potrebbe occorrere una terza dose per chi è stato vaccinato all’inizio della campagna”.

L’esperto, dunque, invita alla cautela: “Vogliamo riaprire le sale da ballo? Se riteniamo che in questi luoghi ci sia il rischio di trasmissione, suggeriamo distanziamento e mascherine. Insomma, sono d’accordo nell’aprire il più possibile, ma anche nel mantenere le misure di contenimento fino a quando la popolazione non sia sufficientemente protetta“.

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