Proteggere la vista a tavola si può, lo studio

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Avere le giuste abitudini a tavola può proteggere la vista. È quanto emerge da un articolo appena pubblicato sul ‘Journal of nutrition & food sciences’ da un gruppo di esperti della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.

Una delle principali cause di ipovisione negli over 55, nel mondo occidentale, è la degenerazione maculare correlata all’età, che può comparire nella forma ‘atrofica’ o in quella ‘umida’ (10-15% dei casi). Una diagnosi precoce e la prevenzione sono i cardini per proteggere la salute della vista anche in età avanzata. E proprio l’alimentazione rappresenta una risorsa preziosa.

“La degenerazione maculare legata all’età”, spiega Benedetto Falsini, responsabile Uos malattie eredo-familiari retiniche presso l’Uoc Oculistica del policlinico Gemelli, “è una malattia multifattoriale. In molti casi intervengono dei determinanti genetici sui quali si iscrivono vari fattori pro-ossidanti, come il fumo, che interagiscono con la predisposizione genetica. Lo studio americano Areds (Age-related eye disease study), ha dimostrato che con la somministrazione di antiossidanti, si può rallentare la comparsa e la progressione della malattia nella popolazione anziana. Potrebbe dunque essere efficace lavorare su alcuni principi alimentari, che possono aiutare a proteggere la retina”.

Al di là della componente genetica (sulla quale non è possibile intervenire) sono molto importanti i fattori di rischio legati a disordini dell’alimentazione, che portano ad una super-infiammazione dell’organismo e a patologie come malattie cardiovascolari e obesità. Patologie che possono contribuire anche alla degenerazione maculare.

Studi condotti sui topi suggeriscono che la restrizione calorica, riducendo lo stress ossidativo, protegge dal declino della vista legato all’invecchiamento. “Ma l’uomo non si comporta come gli animali da esperimento” spiega Giacinto Abele Miggiano, direttore della Uoc Nutrizione Clinica dell’Irccs Gemelli. ”Noi non solo ci nutriamo, ma mangiamo. E pensare di seguire vita natural durante una dieta ristrettissima, chetogenica, non è dunque ragionevole. Possiamo tuttavia rimodulare quanto si è osservato negli animali da laboratorio, riadattandolo all’uomo”.

“Il concetto portante è quello di tener sotto controllo tutti quei dismetabolismi che innalzano o provocano uno stato di infiammazione cronica di basso grado, tipico ad esempio delle condizioni di sovrappeso-obesità”, continua Miggiano.

Bando dunque alle cattive abitudini alimentari e attenzione agli alimenti ossidanti, da sostituire (o bilanciare) nella dieta con quelli anti-ossidanti, se si ha a cuore la salute degli occhi. Le diete ricche di fibre, anti-ossidanti e a basso indice glicemico sono le ideali da questo punto di vista. “Se non si amano pane e pasta integrali, un trucco è quello di consumarli insieme ad abbondanti verdure che rendono ‘integrale’ il pasto, riducendo l’assorbimento dei grassi e degli zuccheri”, spiega il direttore dell’Uoc Nutrizione Clinica.

Iniziare il pasto con una bella insalata o con altre verdure ricche di fibre, e proseguire con la pasta è un ottimo escamotage in questo senso perché consente di rallentare l’assorbimento dell’amido (riducendo così l’indice glicemico), permettendo anche di ridurre le porzioni senza sacrificio perché dà un senso di sazietà”, chiarisce Miggiano.

Per ridurre lo stress ossidativo è necessario dunque limitare gli zuccheri semplici (bevande zuccherate, dolci) e aumentare l’apporto di fibre vegetali, soprattutto attraverso la verdura, più che della frutta, che è ricca anche di zuccheri.

Ugualmente utili sono anche alcune sostanze che mimano la restrizione calorica. “È il caso ad esempio”, spiega Miggiano, “degli attivatori delle sirtuine e dell’Ampk (protein chinasi dell’adenosina monofosfato attivata), come i polifenoli(resveratrolo, antocianine, quercelina, curcumina), la luteina, lo zafferano e l’Epa (acido eicosapentaenoico). Gli antiossidanti si trovano soprattutto negli alimenti di origine vegetali, in particolare nei cavoli e cavolfiori oltre che nei vegetali (carote, pomodori, melanzane, peperoni), e nella frutta colorati (tra la frutta di stagione, fragole, mirtilli, more, ciliegie).

“La luteina si trova nel tuorlo d’uovo, nel mais, negli spinaci e nei cavolini di Bruxelles. Altra regola è ‘anziché salare, è meglio insaporire’, con erbe aromatiche (menta, origano, basilico, ecc) e con nuovi sapori; da questo punto di vista possono venire in aiuto spezie con proprietà anti-ossidanti (e dunque amiche anche della retina) come curcuma e zafferano. No ovviamente alla frittura e ai grassi animali”, conclude il direttore dell’Uoc Nutrizione Clinica.

Anche una dieta chetogenica sembra avere un effetto protettivo sulla neurodegenerazione retinica, ma anche in questo caso i dati pubblicati in letteratura sono ancora scarsi per poter essere considerati conclusivi. Questo tipo di dieta poi non è per tutti e di certo non può essere seguita a lungo, neppure dalle persone in ottima salute.

Sembra promettente anche la dieta a basso indice glicemico. Ma per poter dare indicazioni precise circa il ruolo protettivo sulla maculopatia legata all’età di restrizione calorica, della dieta chetogenica, di quella a basso indice glicemica o della supplementazione dei mimetici della restrizione calorica, sarà necessario condurre studi su un vasto numero di pazienti.

“I primi sintomi della degenerazione maculare correlata all’età sono molto sfumati”, afferma Falsini, che ha realizzata la review insieme ad Angelo Minnella, responsabile ambulatorio Retina Medica del Gemelli ”La malattia è subdola, ma può essere individuata attraverso un semplice screening, consistente in un questionario messo a punto da un comitato di standardizzazione internazionale, e in una visita oculistica standard, comprendente anche lo studio del fondo dell’occhio”.

“Il primo sintomo, la metamorfopsia, cioè la visione distorta delle righe e degli oggetti, compare quando la malattia è purtroppo già in fase avanzata e le possibilità terapeutiche sono dunque più limitate. La diagnosi precoce e una buona prevenzione ci consentirebbe di ridurre l’evoluzione, anche attraverso l’uso, nella forma ‘umida’, dei farmaci anti-Vegf che bloccano la formazione caotica dei capillari”, continua l’esperto.

“Per la forma atrofica sono allo studio dei trattamenti, ancora sperimentali. La prevenzione, anche attraverso gli interventi nutrizionali, è fondamentale per evitare queste patologie che interessano, in diversi gradi di gravità il 18% della popolazione fino a 65 anni, il 30% di quella tra i 70 e gli 80 anni e oltre il 40% dei pazienti tra gli 80 ai 90 anni”, conclude Falsini.

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