Federalismo in sanità e Covid-19, alla radice delle criticità

Covid federalismo
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I problemi di coordinamento tra Stato e regioni, emersi durante la gestione della pandemia, “non sono tanto da attribuire al decentramento”, quanto ad alcune “indecisioni del governo“. È questo uno dei principali messaggi emersi dal numero 2/2021 di Osservatorio Monetario, la pubblicazione quadrimestrale curata dal Laboratorio di analisi monetaria dell’Università Cattolica e diretta da Angelo Baglioni, docente di Economia monetaria nello stesso Ateneo.

Tra gli autori del rapporto – dedicato al tema “Il federalismo alla luce dell’emergenza sanitaria” e presentato nel corso di un webinar on line – i docenti dell’Università Cattolica Massimo Bordignon, Gilberto Turati, Marco Buso, e Francesco Palermo, dell’Università degli Studi di Verona.

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo a dura prova le strutture sanitarie del nostro Paese, così come nel resto del mondo. In Italia, la tutela della salute rientra tra le funzioni concorrenti tra Stato e regioni. A livello europeo, la Commissione Ue ha giocato un ruolo centrale nell’approvvigionamento dei vaccini e nel coordinamento delle politiche messe in atto dagli Stati membri.

A entrambi i livelli, nazionale ed europeo, sono però emerse criticità: ritardi, difficoltà di coordinamento, confusione sull’attribuzione delle responsabilità. Tutto ciò ha contribuito a riaprire il dibattito su di un tema già molto discusso, il federalismo. Due i messaggi che emergono dal rapporto, come osserva Baglioni. “Primo: il decentramento, tipico dei sistemi federali, non è il principale responsabile dei problemi osservati durante la crisi sanitaria, posto che gli strumenti per accentrare il potere di gestire un’emergenza esistono. Secondo: la risposta europea alla crisi Covid-19 c’è stata, ma in prospettiva occorre rafforzare i poteri e le risorse a disposizione della Ue per prevenire e rispondere alle crisi sanitarie”.

Guardando all’Italia, gli strumenti per centralizzare la direzione durante un’emergenza sanitaria ci sono. “La Corte Costituzionale ha chiarito che la gestione delle pandemie rientra nella “profilassi internazionale”, una funzione esclusiva dello Stato; la dichiarazione dello stato di emergenza, autorizzata dal Parlamento, va nella stessa direzione attribuendo al governo poteri speciali. Il principale strumento di raccordo tra centro e periferia, la Conferenza Stato-Regioni, è stato largamente sotto-utilizzato nella prima fase della crisi (primavera 2020) mentre è stato maggiormente utilizzato in seguito”, continua il direttore di Osservatorio Monetario.

Dal confronto internazionale emerge che l’efficienza delle diverse reazioni alla crisi da Covid-19 non dipende dalla presenza o assenza di un assetto federale, ma da altri fattori, come quelli demografici e geografici, nonché dal grado di sviluppo economico.

“L’esperienza ha dimostrato che i sistemi federali, in caso di emergenza, hanno gli strumenti per centralizzare la linea di comando. Rispetto ai sistemi unitari, quelli federali hanno il vantaggio della flessibilità, trovando soluzioni più adatte alle specificità locali. Inoltre, i sistemi federali si giovano di meccanismi di controllo reciproco tra i diversi livelli di governo, limitando i danni di politiche sbagliate del governo centrale: questo è accaduto negli Usa di Trump, in Brasile e in Messico”, afferma ancora Baglioni.

L’Unione Europea ha competenze limitate in materia sanitaria, volte essenzialmente al sostegno delle politiche nazionali. La Commissione Ue ha fatto il possibile con gli strumenti a disposizione, ma la scarsità di questi ne ha notevolmente limitato l’azione.

Di qui il suggerimento degli autori di Osservatorio Monetario, vale a dire “centralizzare a livello Ue la prevenzione e preparazione alle pandemie, l’approvvigionamento di materiale sanitario, la ricerca e l‘innovazione in materia sanitaria”.

Non solo. “Sarebbe anche opportuna l’istituzione di un’autorità Ue per la preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, analoga a quella statunitense. Va considerata l’opportunità di rivedere i Trattati Ue al fine di conferire più risorse autonome e più poteri alla Ue in materia sanitaria“.

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