Terapie intensive, rivoluzione in corso. L’analisi di Giarratano (Siaarti)

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La pandemia di Covid-19 ha messo le terapie intensive sotto i riflettori. “La gestione dei pazienti sta cambiando dopo la pandemia. Uno dei ‘meriti’ di Covid-19 è stato quello di aver rivelato che la terapia intensiva, sempre considerata come un centro di costo, è invece cruciale per salvare vite umane”. A descrivere la rivoluzione in corso è Antonino Giarratano, professore ordinario di Anestesiologia all’Università di Palermo e presidente eletto della Società scientifica Siaarti.

Negli anni scorsi troppo spesso “da parte dei decisori politici non si è investito su questo settore. Così la pandemia ha rivelato una situazione drammatica di carenza”, che però non era proprio una novità. “Emergeva a ogni autunno con il picco del periodo influenzale”. Non deve stupire che, con l’iceberg di Covid-19, “siamo andati in sofferenza nella prima ondata“, e dopo una mancanza di interventi significativi nel periodo estivo “questo si è rivelato fatale anche nella seconda ondata“, riflette l’esperto.

La criticità “in termini di tecnologie e personale” è venuta chiaramente alla luce. Ora, “con il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) speriamo che arrivino investimenti oculati per il settore. Ciò sarà cruciale nei prossimi mesi. E proprio in tema di Pnrr le società scientifiche si stanno proponendo per cercare di capire come verranno fatti gli investimenti: collaborare – sottolinea Giarratano – può significare investire in modo mirato per far fare il salto di qualità al nostro sistema sanitario, non solo in ospedale ma anche sul territorio”.

Quanto alla fornitura di dispositivi medici, “in pandemia si è evidenziata una grave criticità. Perché oggi terapia intensiva significa tecnologia. Noi ci siamo trovati a non avere un adeguato numero di dispositivi, come i ventilatori: si è arrivato all’assurdo, con ventilatori che non erano sufficienti a ventilare soggetti in sala operatoria ma che venivano venduti, e comprati, a prezzi stratosferici. E lo stesso vale per i monitoraggi e per le mascherine“. Una carenza diffusa. Con molte Regioni del Nord in ginocchio, e il Sud “salvato dal lockdown totale, perché altrimenti” sarebbe stato travolto.

Giarratano evidenzia un paradosso: “Alla fine arrivavano le tecnologie, ma mancavano gli operatori specializzati“. Da anni, infatti, questa specialità soffre la carenza di operatori. “Nell’ultimo triennio si era compreso il problema, così le borse erano passate a 1.649, poi a quasi 2000. Ma il gap si colmerà solo nel 2022-23 – ammonisce Giarratano – Quello che si è fatto nel frattempo è stato assumere gli specializzandi di quarto e quinto anno”, con “oltre 3-4000 ore di esperienza nel settore specialistico”.

“Questo di pari passo con l’incremento dei posti letto, per cercare di avvicinarci ai numeri di nazioni come la Germania, che” di fronte alla pandemia “si sono trovate più pronte di noi”.

La digitalizzazione, i Big Data, l’intelligenza artificiale possono essere utili a ottimizzare il processo di cura in area critica? “Chi lavora in questo settore conosce l’importanza di Big data e intelligenza artificiale. Per noi questo concetto è stato di fondamentale importanza, pensiamo ai nuovi antibiotici, e al tema benefici-effetti collaterali”. Ci sono situazioni che, in qualche modo, “limitano l’uso dei Big data: si va in conflitto con la legge sulla privacy, che è sacrosanta”. Ma non deve esserlo a danno della salute dei pazienti.

“Nelle sale operatorie e nelle terapie intensive l’utilizzo dell’intelligenza artificiale si riflette su morbilità e mortalità. Basti pensare – dice Giarratano – alla ventilazione meccanica, al monitoraggio avanzato. Grazie all’AI noi possiamo non solo monitorare parametri chiave ma, per mezzo di software gestionali, siamo in grado di predire l’ipotensione e di capire perché si verifica. In questo modo possiamo intervenire in modo mirato e precoce”. Riducendo i rischi per il paziente, i tempi di degenza e persino i costi.

In che modo, allora, le tecnologie innovative possono tradursi in una migliore gestione dei pazienti in area critica? “Quando ho iniziato la professione, si misurava la pressione con il fonendoscopio – ricorda – Ora è cambiato il mondo, e possiamo predire e trattare l’ipotensione. I nostri ragazzi, che crescono in questi anni, stanno facendo passi da gigante. Sono una generazione che si nutre di tecnologia, per migliorare la qualità” delle cure in terapia intensiva. Miglioramenti che, come abbiamo visto, si misurano anche in vite umane.

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