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Studi epidemiologici evidenziano da tempo che il consumo di carni rosse e lavorate aumenti l’insorgenza del tumore al colon-retto.

L’interconnessione tra una dieta a base di carni rosse, danni al Dna e tumore al colon retto è stata oggetto di uno studio del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, che avrebbe confermato il danno al Dna che potrebbe interessare il gene Kras, in particolare per due mutazioni (G12D e G13D) e il gene PIK3CA, entrambe già associate all’insorgenza del tumore colorettale.

Questi nuovi dati rilevano per la prima volta una firma mutazionale alchilante nelle cellule del colon e la collegano al consumo di carni rosse e lavorate. L’individuazione di questa mutazione aprirebbe prospettive importanti: se infatti si riuscisse, tramite screening, ad identificare individui geneticamente predisposti a sviluppare danni alchilanti, li si potrebbe tutelare dai rischi insorgenti da assunzione nella dieta di carni rosse in misura eccessiva. Abitudine che, associata ad altri fattori genetici, concorrerebbe all’insorgenza del tumore al colon-retto.

I ricercatori del Dana-Farber Cancer di Boston hanno sequenziato il Dna di 900 pazienti, ciascuno dei quali aveva precedentemente fornito indicazioni sulla propria dieta e stile di vita nel corso di diversi anni precedenti alla diagnosi del cancro colorettale, fornendo le prove che poi hanno portato alla definizione dell’esistenza del nesso tra mutazioni e consumo di carni rosse e aumento della mortalità correlata.

Il cancro al colon-retto è il terzo tumore più diagnosticato tra gli uomini e il secondo tra le donne in tutto il mondo. La genetica e la familiarità giocano un ruolo importante sia nell’insorgenza che nello sviluppo come nella progressione della malattia, così come obesità, sedentarietà e lo stile di vita.

Pare infatti, che una dieta ricca di fibre si associ ad una probabilità più bassa di ammalarsi di cancro all’intestino, come indicato dallo studio di Andrew T. Chan, epidemiologo, esperto di malattie dell’apparato digerente e professore dell’Università di Harvard.

In termini di effetto cancerogeno, la carne rossa incide soprattutto a causa dei metodi di lavorazione (possono essere infatti aggiunte sostanze pericolose come nitrati o nitriti) e di cottura (pare che cotture ad alta temperatura per esempio, alla griglia o fritture, determinino la formazione di sostanze potenzialmente cancerogene).

Il 45% dei tumori al colon retto potrebbe essere evitato, se solo si seguisse una alimentazione più sana: i ricercatori dell’Imperial College London hanno riscontrato che cambiamenti nella dieta riducono incisivamente il rischio di cancro all’intestino, e che consumare 100 grammi di carne rossa al giorno aumenti del 17% il rischio di sviluppare un tumore al colon. Mentre non si evidenziano aumenti del rischio per consumi inferiori a 500 grammi a settimana.

Le diete globali si sono spostate verso un maggiore consumo di alimenti come cereali, frutta, verdura, legumi a basso rischio di insorgenza di malattie e a ridotto impatto ambientale. Sappiamo infatti quanto devastanti siano allevamenti e produzioni di carni rosse anche in rapporto alle emissioni e all’inquinamento.

I benefici di una riforma del sistema di produzione della carne non si limiterebbero ad un minore impatto ambientale, ma anche in un sistema alimentare più equo, nel mondo.

Rispetto al 1961, la disponibilità pro capite di carne è più che raddoppiata. In media, quindi ogni cittadino al mondo ha oggi a disposizione il doppio della razione di carne rispetto ai propri genitori.

Cambiare dieta per cambiare il mondo” dunque, e ridurre progressivamente l’incidenza del tumore al colon-retto, che rappresenta una delle cause di mortalità elevata soprattutto tra gli under 50, quasi raddoppiata negli ultimi 30 anni, e questo per l’aumento di carni rosse nella dieta e per il consumo smodato di soft drink.

L’American Cancer Society ha già raccomandato di portare lo screening a 45 anni invece che a 50, e anche in Europa l’incidenza del tumore al colon-retto è in aumento negli under 30, a causa delle carni rosse e dell’aumento di assunzione di alcol quotidianamente.

Screening e dieta mediterranea sono importanti strumenti di prevenzione. “Quod me nutrit me destruit”, dicevano i latini, ciò che mi nutre mi distrugge.

Siamo ciò che mangiamo. E la nostra scelta alimentare, con l’eliminazione degli eccessivi consumi di carni rosse, può ridurre il rischio di neoplasie a carico dell’apparato digerente e fare la differenza, oggi ne abbiamo la certezza, per lo sviluppo e la progressione del tumore al colon-retto.

*Antonio Giordano, fondatore e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Filadelfia e professore di Anatomia ed Istologia Patologica all’Università di Siena

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