Covid fa volare gli investimenti in telemedicina

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Covid-19 ha dato una significativa accelerata alla digitalizzazione delle strutture sanitarie, con un boom di investimenti in telemedicina atteso in Europa: secondo un recente studio di Frost & Sullivan, il mercato della salute digitale Europeo prevede di raggiungere un giro d’affari di 17 miliardi di euro entro il 2026.

Investimenti che dovrebbero privilegiare la relazione e comunicazione tra professionista e paziente – più di quella da professionista a professionista – portando a regime strumenti di collaborazione (videochiamate e messaggistica), cybersecurity (sicurezza dati) e compliance normativa (firma elettronica).

In Italia poi avranno un ruolo non solo le risorse previste dal Pnrr in sanità, ma anche il nuovo atteggiamento sviluppato da medici, operatori e pazienti verso la telemedicina. Abbandonate le resistenze che da sempre ne limitavano la diffusione, tre medici su quattro reputano oggi la telemedicina uno strumento fondamentale per lo svolgimento della professione, mentre scende all’8% la quota di coloro che si dichiarano contrari alla Telemedicina: erano ben il 30% nel 2020.

E non ci sono solo le videochiamate e le chat. L’aumento delle visite mediche in videoconferenza è stato uno dei benefici emersi in pandemia di Covid-19. Ora occorre lavorare, oltre che su ricerca e sviluppo in ambito più strettamente medicale, su tre aree di crescita indispensabili per rendere la telemedicina una prassi: il presidio di competenze digitali, la sicurezza dei dati e la compliance normativa, documentale e burocratica.

“Quello della sanità è uno dei settori più delicati da un punto di vista di privacy e compliance: praticamente ogni operazione richiede il trattamento dei dati personali, e moltissime richiedono la firma di un documento. Per questo, anche la burocrazia documentale è stata percepita come un ostacolo, soprattutto dalle piccole strutture, nel momento di boom della telemedicina: si pensi a cartelle cliniche, prescrizioni mediche e consensi trattamento dati”, commenta Fabian Stanciu, Country Manager per l’Italia di Yousign (www.yousign.com), azienda punto di riferimento europeo della firma elettronica che punta a digitalizzare 15 milioni di documenti in Italia entro il 2023.

Nei primi sei mesi del 2021 abbiamo riscontrato una crescita del 150% di richieste dal mondo della sanità a livello Europa (Francia, Italia e Germania). In Italia, l’esigenza è arrivata soprattutto da strutture private medie o piccole, che cercano non solo una soluzione tecnologica ma anche tutto il supporto necessario da un punto di vista di assistenza in-App, rassicurazioni dal punto di vista di compliance normativa e facilità d’uso da parte di pazienti e personale”, spiega.

Ed è proprio il presidio delle competenze digitali una nota ancora dolente: circa il 60% dei medici possiede un livello competenze sufficiente nell’utilizzo di strumenti digitali di base, ma ancora molti medici non utilizzano strumenti digitali “tradizionali” quali ad esempio la cartella clinica elettronica e pochi (4%) hanno un presidio a 360° delle competenze legate all’eHealth.

Infine, la sicurezza dei dati: l’88% delle organizzazioni sanitarie ha accelerato l’adozione di strumenti in cloud a causa della pandemia, ma solo il 40% si sente sicuro di assolvere alle sue responsabilità in materia di sicurezza, spiegano da Yousign.

“In particolare per il settore della sanità, la poca competenza in ambito di sicurezza dei dati è un ostacolo alla migrazione di centri e cliniche a soluzioni in cloud – conclude Fabian Stanciu di Yousign – In realtà le soluzioni in cloud più moderne risolvono il problema a monte, non solo lavorando sulle certificazioni (nel nostro caso eIDAS e Gdpr), ma tutelando i dati del cliente con procedure crittografiche, gestione delle vulnerabilità e duplicazione dei dati. Ma anche con tanta, tanta formazione e informazione”.

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