Il virologo: Immunità di gregge? Ce la scordiamo

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Mentre in Italia siamo arrivati al 66,06% della popolazione over 12 vaccinata contro Covid-19 (un totale di 35.677.295 di persone), i contagi sono in forte aumento nel mondo e la Nuova Zelanda entra in lockdown dopo il primo caso di variante Delta.

Ma che cosa sta succedendo? E a che punto raggiungeremo la famosa immunità di gregge? “Con la variante Delta, l’immunità di gregge ce la scordiamo“, ci dice lapidario il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano.

Ma vediamo perché. “La variante Delta colpisce molto i giovani, perché la Spike è diventata più efficace. Si è compreso che i giovani hanno meno recettori Ace2 e, quindi, con la versione originale, venivano colpiti meno. La nuova Spike della variante Delta riesce ad essere più affine” e a penetrare anche le difese di bambini e ragazzi.

“Essendoci questa quota maggiore di casi nei giovani, paucisintomatici o asintomatici, questo virus ha l’energia per andare avanti. Oltretutto i casi reali sono fortemente sottostimati, si fanno pochi tamponi. In più R0 da 2,5 è passato a 7, quindi siamo vicini al morbillo che è a 12. Questo mi porta a dire che l’immunità di gregge con questo virus ce la scordiamo”.

Pregliasco parla del “numero di riproduzione di base”, che rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione mai venuta a contatto con il patogeno. Si tratta di un parametro importante, che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva.

Se l’R0 di una malattia infettiva è circa 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone. Quanto maggiore è il valore di R0, tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia. Se R0 fosse inferiore a 1, come ricorda anche l’Istituto Superiore di Sanità, l’epidemia può essere contenuta. In questo caso R0 è a 7, sottolinea Pregliasco.

“Tornando all’immunità di gregge: è chiaro che, quanto più ci avviciniamo a valori elevati di vaccinati, meglio è – continua Pil virologo – Ovvio che una campagna vaccinale debba avere degli obiettivi operativi, ma sono convinto che alla fine arriveremo solo a una convivenza più civile con il virus, con ondate che si susseguiranno un po’ come un sasso buttato nello stagno: dopo le prime, più grandi, le onde saranno via via più contenute”.

Un quadro non proprio ottimistico. Ma di certo molte previsioni più o meno rosee (l’anno passato c’era chi preannunciava zero casi ad agosto, dopo un lockdown durissimo) sono state beffate da Sars-Covid-2. Come è accaduto anche a quanti, dall’altro lato, avevano previsto decine di migliaia di contagi al giorno per questo mese.

“Dobbiamo sottolineare alcune cose importanti: abbiamo i vaccini, e i ragazzi si vaccinano, perché hanno capito il messaggio del green pass e poi sono abituati a vaccinarsi. Il problema sono i genitori dei più piccoli, preoccupati per i rari casi di miocarditi autorisolventesi”, riflette Pregliasco.

“Ma a preoccupare davvero sono gli over 50 e over 60 non vaccinati. Sono loro i più a rischio, in particolare gli over 65. Alla fine – prevede Pregliasco – ci sarà uno zoccolo duro del 10% di persone che non arriverà mai a vaccinarsi. E questo consentirà al virus di circolare”. E di mutare.

Ma se noi arrivassimo a vaccinare il 90% della popolazione? “Lo spegnimento non ci sarà. L‘immunità di gregge è un modello matematico su una situazione statica, qui invece abbiamo vaccinazioni che dopo un certo periodo di tempo o con alcune varianti perdono di efficacia, immuni che a distanza di mesi non lo sono più perché in alcuni casi perdono la protezione, altri che invece la conservano. C’è una differenza di immunità. E chi, come noi medici, si è vaccinato nei primi giorni della campagna, ormai va verso la scadenza“.

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