Le relazioni pericolose tra caldo e salute

caldo estremo
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In vista della UN Climate Change Conference (COP26), in programma a Glasgow tra un paio di mesi (31 ottobre-12 novembre), nel corso della quale la Gran Bretagna assumerà la presidenza di COP26 in partnership con l’Italia, Lancet pubblica una Series su “Heat and Health”, ovvero sulle relazioni pericolose tra caldo e salute.

L’ondata di calore che ha investito l’Europa e il Nord America quest’estate e il dramma degli incendi che hanno devastato le aree boschive di questa parte del pianeta (tragici quelli della Sardegna e della Calabria, ma anche degli Usa, di Grecia, Algeria, Turchia, Siberia e Francia) sono solo la preview di ciò che potrebbe diventare la norma nel prossimo in futuro, a causa dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo.

Quali sono le conseguenze stimate di un clima più caldo e come gestire le temperature estreme dei prossimi anni sono le due questioni cruciali al centro del dibattito internazionale, che Lancet di questa settimana affronta in due articoli.

Il perimetro del problema e perché si muore di caldo (ma anche di freddo). Katrin Burkart e colleghi del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study presentano per la prima volta al mondo, un’analisi completa delle cause dei decessi attribuibili alle temperature estreme (sia caldo che freddo). Gli autori hanno incrociato 176 diverse cause di morte individuate tra i 65 milioni di decessi avvenuti nel periodo 1980-2016, incrociandole con le temperature medie di 23 zone.

Il caldo e il freddo estremi sono così risultati associati ad almeno 17 cause di morte, in prevalenza per malattie cardio-respiratorie (cardiopatia ischemica, ictus, cardiomiopatie, miocarditi, cardiopatia ipertensiva) e metaboliche (diabete), ma anche respiratorie (Bpco, polmoniti), insufficienza renale cronica; gli autori sottolineano anche l’aumento di rischio indotto dalle temperature estreme relativamente alle cause ‘esterne’ di mortalità (suicidio, omicidio, annegamento, incidenti stradali, ecc).

Per quanto riguarda le misure del problema, la Burkart stima che almeno 1,7 milioni di decessi avvenuti nel 2019 nel mondo siano riferibili al caldo e al freddo estremi. Il rischio di morte derivante all’esposizione alle alte temperature è andato stabilmente aumentando dal 1990 al 2016, mentre al contrario, quello correlato alle basse temperature nello stesso arco temporale si è un po’ ridotto. Il caldo estremo insomma rappresenta un fattore di rischio globale per la salute, che diventerà sempre più grave soprattutto nelle regioni già a clima caldo.

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Il dramma delle nostre città sempre più ‘bollenti’ – In un altro lavoro su questo numero di Lancet, Kristie L. Ebi e colleghi presentano le ultime evidenze su come il caldo impatti sulla salute dell’uomo, aumentando morbilità e mortalità, influenzando negativamente l’esito delle gravidanze e la salute mentale. Lo stress da temperature elevate riduce anche la capacità di svolgere un lavoro fisico e le performance motorie e cognitive, impattando in questo modo sulla produttività lavorativa e aumentando il rischio di problemi sanitari occupazionali.

Gli autori stimano che circa metà della popolazione globale e oltre un miliardo di lavoratori siano esposti ad episodi di caldo estremo e che circa un terzo di tutti i lavoratori esposti ne riporti un effetto negativo per la salute. Tuttavia, sia l’eccesso di morti, che molti dei rischi per la salute legati al caldo potrebbero essere prevenuti attraverso adeguate strategie anti-caldo, che comprendano misure comportamentali e soluzioni biofisiche (vedi infografica).

I periodi di caldo estremo stanno diventando la norma in estate in tante parti del mondo. E il rischio è particolarmente elevato nelle regioni tropicali, dove si teme che l’aumento delle temperature possa superare i limiti fisiologici di tolleranza. Grave il problema anche nelle città dove le alte temperature ‘naturali’ vengono ulteriormente esacerbate dal calore antropogeno del trasporto veicolare e dalla dispersione di calore dagli edifici. Senza un cospicuo investimento in ricerca e in iniziative di risk management, la morbilità e la mortalità da caldo sono dunque inesorabilmente destinate ad aumentare.

Due le lezioni da portare a casa. La prima è che anziché prendere subito la ‘scorciatoia’ dell’aria condizionata, che grava ulteriormente sulle emissioni di gas serra ed esacerba le ineguaglianze attuali (non tutti possono permettersela, in particolare nei Paesi tropicali che, per paradosso, sono quelli che meno impattano sui cambiamenti climatici), è necessario individuare interventi di raffreddamento più sostenibili.

La seconda è che mettere la salute al centro di una policy multisettoriale può portare a benefici che vanno ben oltre la riduzione delle patologie (e dei decessi) indotti dal caldo. Il caldo infine colpisce soprattutto gli abitanti delle metropoli; per questo è necessario dotare le città di ampi spazi verdi in un’ottica di raffreddamento; una misura che tra l’altro si porta dietro altri benefici: riduce l’esposizione all’inquinamento dell’aria e acustico, limita lo stress, fornisce un contesto di interazione sociale e di attività fisica e sequestra l’anidride carbonica.

È necessario, secondo gli scienziati intervenire al più presto alla radice del problema temperature estreme, riducendo le emissioni di gas serra. Per minimizzare gli effetti delle temperature estreme sulla salute è necessario prevenire e adattarsi ai cambiamenti climatici (che sono poi due dei principali obiettivi di COP26).

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Ma perché questo non resti solo wishful thinking o, peggio, una promessa da marinaio, è necessario che già a Glasgow i vari Governi si presentino con strategie d’azione trasformative, trovando i fondi necessari agli investimenti volti ad assicurare l’implementazione di misure sostenibili per mitigare i cambiamenti climatici.

E se qualcuno avesse ancora dei dubbi che tutto ciò non sia più procrastinabile, non resta che invitarlo a leggere gli articoli di Lancet, che forniscono motivazioni concrete e prove scientifiche del dramma sotto gli occhi di tutti. Ma anche, semplicemente, invitarlo a spegnere per un’ora l’aria condizionata, quando fuori ci sono 40° all’ombra.

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