Donne e culle sempre più vuote, ma cresce il social freezing

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Culle sempre più vuote nell’Italia della pandemia. “In 12 anni abbiamo perso il 30% delle nascite. Secondo le proiezioni nel 2021 sono nati 380mila bambini, 320mila da donne italiane. E ormai nel nostro Paese il numero medio di figli per donna è 1,1, ben al di sotto del tasso di sostituzione assicurato con 2,1 figli per donna. Questo lascia prevedere in futuro serie complicanze sociali ed economiche”.

Non è rosea la fotografia scattata da Filippo Maria Ubaldi, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione (Sifes-Mr).

Ubaldi, direttore scientifico dei centri di medicina della riproduzione GeneraLife e componente del tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità del ministero della Salute, analizza il fenomeno della denatalità nella conferenza stampa organizzata in occasione del Fertility Day, che si celebra il 22 settembre.

Perché, in realtà, alcune cose stanno cambiando e sono cambiate con la pandemia. La cultura della preservazione della fertilità, un’opzione ormai consolidata in Paesi come la Spagna e il Regno Unito, inizia a diffondersi anche fra le donne italiane, che danno sempre più importanza al prendersi cura della propria capacità riproduttiva nei tempi e nei modi più consoni.

Le richieste di “social freezing” (la tecnica di congelamento degli ovociti, in questo caso per motivi non medici) sono infatti raddoppiate nella primavera 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019. Se ne è parlato a Roma in occasione della presentazione di “Ferty Check”, iniziativa di sensibilizzazione organizzata da GeneraLife e in programma sabato 25 settembre con consulti gratuiti. Portavoce di questo messaggio ai giovani per parlare di prevenzione e fertilità è l’attrice Matilde Gioli.

“Vengo dal set di un ospedale finto, e fare il medico è sempre stato il mio sogno – racconta l’attrice, in una pausa delle riprese della seconda stagione della fiction Rai Doc Nelle tue mani – Sono una donna di 32 anni e spero a breve di affrontare una maternità. Faccio l’attrice, un lavoro bellissimo ma precario, e può essere complicato conciliare il lavoro con la maternità. Ecco perché penso che sia importante avere le giuste informazioni, per poter scegliere in modo consapevole”. E alla nostra domanda sull’intenzione di intraprendere un percorso di preservazione della fertilità, Matilde Gioli non si tira indietro: “E’ una scelta personale, ma ho avuto modo di rifletterci e posso dire di essere molto propositiva: prenderò appuntamento”, assicura con un sorriso.

Gli studi che si allungano, la carriera precaria, la mancanza di un amore, la fiducia nelle ‘meraviglie’ della fecondazione assistita. Sono tante le cause che spingono le giovani donne italiane a rinviare il momento di una gravidanza. “Ma dobbiamo essere chiari: a 30 anni il rischio di restare senza figli è del 6%, a 35 anni del 14% e a 40 del 35%. Per anni è passato il messaggio che la scienza permette di procreare anche molto tardi, ma questo non è vero”, sottolinea Ubaldi.

Proteggere la propria fertilità significa innanzitutto adottare stili di vita sani, cercare di non procrastinare troppo il momento in cui provare ad avere un figlio. In più, oggi esiste il social freezing, un percorso nato per salvaguardare la salute riproduttiva delle pazienti oncologiche, che vanno incontro a terapie che possono compromettere irreversibilmente la possibilità di avere un bambino. Ma che si sta rivelando un’opzione valida anche per tutte coloro che devono rimandare il momento in cui cercare un figlio, ad esempio, per la mancanza di un partner o di un lavoro stabile”.

“Nei nostri 7 centri in Italia abbiamo notato un trend positivo, nel corso degli ultimi 6 mesi del 2021, messi a confronto con il primo semestre dell’anno pre-pandemia, il 2019: i trattamenti per la preservazione della fertilità sono aumentati, addirittura raddoppiati nei mesi di aprile, maggio e giugno, in primavera, quando le condizioni sono ottimali, prima delle vacanze estive. Certo, si tratta ancora di numeri limitati: nel 2021 in questi tre mesi si sono sottoposte al ciclo di trattamento 46 donne, contro le 21 del relativo trimestre 2019. E, in totale, nei primi 6 mesi del 2021 abbiamo eseguito lo stesso numero di preservazioni (circa 80) di tutto il 2020. Certo, in questo caso è pesato l’effetto Covid-19, ma parlando con le pazienti ci siamo resi conto che questa pandemia le ha anche portate a intraprendere scelte importanti per la loro vita personale, come quella di mettere ‘in banca’ i loro ovociti, in attesa di tempi migliori per avere un figlio”.

A monte, però, la parola d’ordine rimane prevenzione: “Bere alcol, fumare, lasciarsi andare alla sedentarietà, essere in eccessivo sovrappeso o sottopeso, non curare adeguatamente patologie legate anche alle abitudini alimentari, fino al rimandare eccessivamente il momento in cui si cerca un figlio (età materna avanzata), sono comportamenti e situazioni spesso involontari ma che, se evitati o ridotti, possono fare la differenza quando è il momento di cercare un bambino. All’essere genitori bisogna pensare almeno 10 anni prima, curando la propria salute in modo da ridurre fattori di rischio di infertilità. E’ qualcosa che i giovani devono assolutamente sapere“, insiste Ubaldi.

Ma come funziona la conservazione degli ovociti? “Il percorso di preservazione della fertilità – spiega Laura Rienzi, embriologa clinica e direttore scientifico di GeneraLife – prevede un protocollo di stimolazione ormonale da effettuare con specifici farmaci, il prelievo degli ovociti mediante un piccolo intervento chirurgico in sedazione, della durata di pochi minuti, e la loro crioconservazione in laboratorio tramite vitrificazione, per mantenere inalterate le caratteristiche delle uova, per poterle utilizzare anche molti anni dopo. Il limite, in Italia, resta comunque quello dell’età fertile di una donna, attorno ai 50 anni, e il nostro consiglio rimane sempre quello di pensare a una gravidanza non troppo avanti con gli anni”.

“Dopo i 35 anni non ha molto senso pensare alla crioconservazione degli ovociti – avverte Ubaldi – perché a fare la differenza in termini di gravidanza è l’età degli ovuli, non quella dell’utero”.

Quanto ai costi, “questa tecnica non è ancora stata inserita nei Lea, ma stiamo avanzando delle proposte in tal senso per offrirla alle pazienti oncologiche”, aggiunge il ginecologo. La spesa è di circa 3000 euro in una struttura privata (inclusi i farmaci, che però alle pazienti oncologiche vengono rimborsate).

La chiave per tornare a riempire le culle in Italia, secondo gli esperti, sta nella corretta informazione delle giovani generazioni. “Affinché i ragazzi abbiamo piena libertà di scelta – aggiunge Matilde Gioli – devono ricevere corrette e approfondite informazioni su quanto è possibile fare per proteggere la nostra capacità riproduttiva, naturalmente attraverso stili di vita sani, ma anche prendendo in considerazione, appunto, di crioconservare gli ovociti. Solo attraverso una seria e costante opera di sensibilizzazione, che finora penso sia stata carente, penso si possa riuscire a dare alla donne una possibilità concreta di decidere in libertà e di mettere in salvo il loro futuro, la loro emancipazione, la loro autonomia“.

donne Fertility day

In occasione del Fertility Day, i centri GeneraLife (Roma, Napoli, Milano, Torino, Firenze, Umbertide, Marostica, Grosseto) apriranno le porte a tutte le donne e gli uomini che vorranno fare un controllo gratuito della propria fertilità. Un “ferty-check” che prevederà una visita personalizzata nella giornata di sabato 25 settembre.

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