Bimbi rubati all’infertilità: la ricetta contro l’inverno demografico

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Nell’Italia delle culle sempre più vuote, l’infertilità insidia anche il futuro economico. Ma le tecniche di Pma, la procreazione assistita, potrebbero far nascere 100mila piccoli in più. La versione completa di questo articolo, a firma di Margherita Lopes, è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2021.

LI CHIAMANO ‘figli della provetta’, o ‘della scienza’, e nell’Italia delle culle sempre più vuote sono una speranza di futuro. I piccoli nati grazie a un percorso di procreazione assistita (Pma) sono bambini attesi e desiderati, arrivati come un miracolo, spesso dopo un percorso lungo e doloroso. Talvolta dopo un viaggio all’estero. Ma di che numeri parliamo? Sono stati 14.139 i bimbi nati in Italia grazie a queste tecniche nel 2018, un dato che, nei prossimi anni, dovrà fare i conti con le chiusure dei centri imposte dalla pandemia.

“Dobbiamo essere chiari: questi sono bimbi rubati all’infertilità. In 12 anni abbiamo perso il 30% delle nascite. E le prospettive non sono rosee: secondo le proiezioni nel 2021 sono nati 380mila bambini, 320mila da donne italiane. Ormai nel nostro Paese il numero medio di figli per donna è 1,1, ben al di sotto del livello di sostituzione assicurato con 2,1 figli per donna”, sottolinea il presidente della Società italiana di fertilità e sterilità-medicina della riproduzione (Sifes-Mr), Filippo Maria Ubaldi. Parte con una provocazione. “Le tecniche di Pma potrebbero far nascere, solo in Italia, 100 mila bimbi in più. Tutto questo mentre oggi oltre 700mila donne (il 35% di quelle che hanno fra 40 e 44 anni, pari a circa 2 milioni, fonte Istat), sono a rischio di rimanere senza figli”.

Ma come arriviamo a questi numeri? “Uno studio francese degli anni ’90 ha mostrato che la ricerca di una gravidanza porta a ottenere un bambino in una percentuale che è in funzione dell’età della donna: a 30 anni il 94% delle donne avrà un figlio, a 40 anni si scende al 65%, e questo è legato alla maggior probabilità che gli ovociti abbiano alterazioni strutturali. La fecondazione di un ovulo con queste alterazioni genera infatti un embrione con un problema cromosomico che, nella maggior parte dei casi, non si impianterà o porterà a un aborto. Questo con pochissime eccezioni come per esempio la sindrome di Down, quella di Klinefelter, la sindrome di Turner, la trisomia 13 e la trisomia 18”.

Dunque se noi consideriamo le donne in Italia tra 40 e 44 anni, ovvero circa 2 miloni, e se ipoteticamente tutte cercassero una gravidanza, il 35% resterebbe senza figli, ragiona il ginecologo. “Circa 700 mila donne. Ebbene, se per ipotesi tutte queste donne facessero fecondazione in vitro, circa 100mila (il 15%) avrebbero un bambino. Ecco, questi sono bambini che sarebbero rubati all’infertilità, grazie alle tecniche di Pma”.

Ma nel nostro Paese le tecniche più avanzate di fecondazione sono davvero accessibili a tutti?

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2021. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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