Covid e vaccini, perché preoccupano i numeri GB

covid Gran Bretagna
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L’inverno si avvicina e i numeri della pandemia da Covid-19 in Italia appaiono sotto controllo. Inoltre, dopo il ‘D-day del green pass obbligatorio’, aumentano (anche se un po’ a fatica) le prime dosi di vaccino. Sono ormai 46.219.911 gli italiani over 12 con almeno una dose (85,58% della popolazione over 12) e 43.872.801 quelli che hanno completato il ciclo (81,23%). Tutto bene, allora? Non proprio: a preoccupare sono i numeri che arrivano dalla Gran Bretagna.

Qui ieri i casi hanno superato quota 45mila: sono stati più di 300mila i positivi a Covid-19 nell’ultima settimana, e la curva appare in decisa crescita. Questo anche se i decessi (57 in 24 ore) sono ancora contenuti, ma allarma l’aumento dei ricoveri in ospedale. Come mai tanti casi, in un Paese partito a spron battuto con i vaccini e che conta ormai 49.398.211 di vaccinati con la prima dose e 45.358.472 che hanno completato il ciclo (rispettivamente l’85.9% e il 78.9% della popolazione over 12)?

Lo abbiamo chiesto a Roberto Cauda, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma. “Ricordiamo che la Gran Bretagna ha optato, il 17 luglio, per il ‘liberi tutti’: mascherina e distanze non sono più obbligatori nemmeno nei luoghi chiusi. E’ chiaro che questo è un virus che non permette scorciatoie – sottolinea Cauda – E’ vero che gli inglesi avevano vaccinato molto, ma è anche vero che bisogna mantenere alto il profilo di sicurezza, perché comunque c’è una quota parte di popolazione che non è vaccinata” e resta più vulnerabile all’attacco del nuovo Coronavirus.

Così, senza misure anti-Covid, e con il calo delle temperature, Sars-Cov-2 si è fatto sentire. “Se per la maggior parte i casi britannici possono essere asintomatici o pauci-sintomatici, è vero che possono esserci forme più importanti, soprattutto fra i non vaccinati, tali da richiedere un ricovero“. Occorre sottolineare che Oltremanica si viaggia con ritmi di poco meno di 1 milione di tamponi al giorno: dunque la ‘fotografia’ che arriva dalla Gran Bretagna è piuttosto attendibile.

Ma il vero timore è che quello che stiamo vedendo in Gran Bretagna possa verificarsi, fra qualche settimana, anche da noi. Un po’ come è accaduto più volte in passato.

“Fare previsioni è molto difficile – ammonisce l’esperto – perché le varianti hanno cambiato le carte in tavola, ma è anche vero che la Delta ormai è dominante. La scorsa settimana mi sono confrontato con colleghi dal Regno Unito, dalla Scozia, dalla Francia, dall’Olanda, dal Belgio, dalla Grecia e dalla Germania: nell’Europa continentale le vaccinazioni ha seguito un’approccio progressivo, a differenza ad esempio di Israele. Qui la popolazione è stata vaccinata tutta insieme, e l’eventuale calo dell’immunità che magari riguarda solo una fascia di persone si è palesato immediatamente. Da noi questo invece accade, o accadrà, in modo progressivo. E questa nostra progressività può essere un elemento importante per capire cosa succederà. Adesso comunque in Italia stiamo superando la quarta ondata, gli ospedali e le terapie intensive sono tranquilli. E questo è dovuto alla vaccinazione”.

Insomma, i vaccini funzionano, e le prove sono davanti ai nostri occhi. Ma potremo ancora parlare di immunità di gregge? “Dobbiamo dire che l’Italia sta andando meglio, ma le varianti hanno un po’ cambiato lo scenario: con la prima ondata Covid si riteneva che con il 65% di soggetti vaccinati si potesse raggiungere l’immunità di gregge, poi con la variante Alfa si è saliti al 70%. Dopodiché con la variante Delta una serie di modelli matematici hanno indicato che, di fatto, è molto difficile raggiungere un livello tale da poter parlare di immunità di gregge“.

Insomma, il 90% della popolazione vaccinata di cui si parla adesso è un numero ‘magico’ o un obiettivo cui tendere? “Anche se uno non riesce a raggiungere l’immunità di gregge, considerato che al di sotto dei 12 anni circa 6 milioni di italiani non sono vaccinabili, dobbiamo pensare che l‘obiettivo del 90% è alla nostra portata e che assicurerebbe una protezione importante per la popolazione”, riflette Cauda.

Insomma, occorre “puntare al 90% per poter guardare alla pandemia con occhi di maggiore tranquillità. La parola d’ordine adesso deve essere prudenza”. Con un po’ di ottimismo. “Il 90% di popolazione vaccinata sarebbe un risultato straordinario, ma abbiamo visto che i contagi stanno già diminuendo. Allora prudenza, e terza dose alle popolazioni che rischiano un po’ di più per età e patologie sottostanti. Contro Covid-19 servono prudenza e decisioni basate sui numeri”. Un approccio che, anche in questo caso, appare diverso da quello adottato in Gran Bretagna.

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