Dove vanno gli investimenti record in sanità digitale

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I primi sei mesi del 2021 hanno rappresentato qualcosa di inedito nel campo degli investimenti in sanità. Se è vero che già l’anno scorso aveva già fatto registrare un interesse in crescita anche a causa della pandemia di coronavirus, la prima metà di quest’anno ha già sostanzialmente superato i risultati già record raggiunti nel 2020 in termini di fondi raccolti da aziende e startup.

Stando ai dati raccolti da Rock Health tutti gli indicatori dello stato di salute dei finanziamenti nel settore digital health hanno fatto segnare valori stellari: 14,7 miliardi di dollari raccolti in 372 accordi, dei quali ben 48 hanno superato i 100 milioni di dollari di dimensioni. Se il 2021 si fosse chiuso a fine giugno, sarebbe comunque stato l’anno migliore di sempre per gli investimenti in questo ramo.

Dove finiscono gli investimenti? I settori che hanno attratto più fondi sono stati sostanzialmente ricerca e sviluppo, assistenza on demand ed esercizio e benessere: le startup le cui attività ruotano attorno a queste parole chiave hanno stretto accordi rispettivamente per 2,7, 2,6 e 2 miliardi di dollari nel corso dei primi sei mesi del 2021.

Per quel che riguarda gli ambiti clinici più gettonati, ad attirare maggiormente l’attenzione degli investitori sono state invece malattie croniche e salute comportamentale: le startup attive nei campi di salute mentale e malattie cardiovascolari hanno raccolto 1,5 e 1,1 miliardi di dollari, ma anche diabete e dipendenze sono risultati problemi capaci di catalizzare centinaia di milioni ciascuno.

Il fenomeno direct to consumer – Un altro aspetto che ha caratterizzato i primi mesi dell’anno è un aumento in percentuale degli investimenti nei confronti delle startup con un modello di business direct to consumer. Stando ai dati di Rock Health, l’attenzione nei confronti delle realtà B2B è ancora preponderante tra gli investimenti ma ha perso quota specialmente in favore del D2C — settore che per la prima volta ha saputo catalizzare più di un quarto del totale degli investimenti del semestre (il 27%).

Il fenomeno è riconducibile a Covid-19 — che ha modificato le abitudini delle persone rendendole più aperte ad adottare soluzioni virtual care e wellness direttamente in casa — ma non solo. Ora che gli utenti finali sono aperti alle possibilità offerte dai canali digitali, il modello D2C consente di rivolgersi direttamente a loro attraverso campagne di marketing mirate e proporre prodotti e servizi altamente personalizzati secondo le esigenze di ciascuno.

Il problema alla base di questo modello è che l’onere dei pagamenti grava proprio sull’utente finale — aspetto che contribuisce ad alzare i costi di acquisizione dei nuovi clienti rendendo più complessa la crescita su ampia scala delle aziende.

Raddoppiano fusioni e acquisizioni – Anche per questo tra gli indicatori che hanno fatto registrare valori record nei primi sei mesi del 2021 non manca quello delle fusioni e acquisizioni. Il valore è passato infatti da una media di 12 a una media di 22 accordi al mese: alcuni di questi accordi riguardano proprio il mondo D2C, i cui attori potrebbero voler a conquistare nuovi clienti offrendo loro una gamma di servizi diversificati — come avvenuto con le acquisizioni di Modern Fertility e Kit da parte del gruppo Ro.

Tra le attività del semestre vanno però segnalate anche quelle di colossi della tecnologia come Microsoft e IBM, che inglobando rispettivamente Nuance e Turbonomic si stanno dimostrando interessati a una presenza in un settore sempre più promettente.

Aspettative alte – È chiaro a questo punto che quello della salute digitale non si può più considerare come un mercato di nicchia ma quasi come un settore a sé, con un potenziale tutto da scoprire. Se però da una parte questo potenziale si poteva già intravedere da anni, è vero anche che la pandemia l’ha sommerso in pochi mesi con una quantità di finanziamenti impossibile da prevedere anche per le stesse aziende che ora beneficiano di tutto questo interesse.

Analisti e osservatori osservano insomma lo scenario con trepidazione ma anche con un certo grado di cautela: la sfida per le startup del settore non è più dimostrare agli investitori di avere un senso e uno scopo sul mercato, ma di saper sviluppare, testare, lanciare e scalare soluzioni concrete, convertendo la fiducia riposta in loro in prodotti e servizi che funzionano.

*Victor Savevski, Chief Innovation Officer Humanitas Healthcare Group,
Director of A.I Center Humanitas Research Hospital.

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