Farmacologo clinico tra ospedale e territorio

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L’invecchiamento progressivo della popolazione, associato ad una maggiore incidenza di patologie ad andamento cronico-degenerativo, ha determinato un incremento della domanda di assistenza territoriale, obbligando ad una riprogettazione dei luoghi di cura e dei setting organizzativo-assistenziali.

La gestione del paziente anziano, frequentemente affetto da situazioni di comorbilità, infatti, richiede all’interno del sistema delle cure erogate sul territorio, un approccio integrato e multidisciplinare, in cui risulta necessario l’intervento di figure professionali che operino in sinergia per assicurare oltre al miglioramento degli outcomes, anche la prevenzione della disabilità.

Tuttavia, nella realtà ci si scontra con una sanità complessa e iperspecialistica costituita da molteplici servizi e strutture qualificate, ma caratterizzata da frammentarietà di interventi e ridotto “dialogo” tra i diversi attori coinvolti, oltre che da una scarsa interrelazione tra ospedale e territorio.

Nella pratica clinica, infatti, accade che le varie figure professionali implicate nel processo di cura, agiscano in modo autonomo, ponendo l’attenzione più sul trattamento della malattia incidente che sulla gestione del paziente nella sua interezza, dando origine, in questo modo, a duplicati diagnostici e terapeutici. Tutto ciò si traduce in eccessive prescrizioni farmaceutiche associate, di conseguenza, a riduzione di compliance, aumento del rischio di inappropriatezza, di interazioni farmacologiche e di reazioni avverse (Adverse Drug Reactions, Adr), nonché ad incremento della spesa sanitaria. (Fonte: Piano Nazionale della Cronicità, 2016).

La polifarmacoterapia e gli eventuali errori che possono verificarsi in corso di trattamento farmacologico costituiscono un problema sanitario rilevante nel nostro Paese, tanto da aver generato il bisogno della Raccomandazione Ministeriale n.17 del 2014, centrata sul tema dell’aderenza, del deprescribing e della riconciliazione terapeutica.

La profonda conoscenza dell’efficacia, della tollerabilità e del place in therapy dei farmaci è un requisito fondamentale per garantire la sicurezza del paziente e per prevenire gli errori non solo in ospedale, ma anche sul territorio, soprattutto nelle transizioni di cura (rappresentate dai passaggi connessi ad un cambiamento di setting assistenziale/luogo di cura, di complessità assistenziale e/o intensità di cura erogata), dove è essenziale effettuare una revisione accurata dei farmaci che il paziente assume.

In questo contesto, che richiede una precisa definizione di processi organizzativi, la figura del farmacologo clinico potrebbe avere un ruolo fondamentale. Tale ruolo si estrinsecherebbe nella sintesi del processo terapeutico e – soprattutto nelle fasi di transizione di cura ospedale/territorio –potrebbe garantire meglio l’appropriatezza prescrittiva e la sicurezza d’uso dei farmaci, nel rispetto del rapporto rischio/beneficio e costo/beneficio.

Infatti egli, operando in collaborazione e in coordinazione con altri operatori sanitari, si porrebbe come figura trasversale avente il compito di revisionare le terapie e di applicare, laddove possibile, il deprescribing e il processo di riconciliazione terapeutica, volto al miglioramento costante del profilo di sicurezza dei farmaci e all’ottimizzazione delle risorse. In un modello organizzativo di integrazione ospedale/territorio, ottimizzare le terapie significa ottimizzare l’utilizzo di una risorsa che impatta sul sistema sanitario anche in termini economici.

Pertanto, grazie alle sue conoscenze specialistiche e interdisciplinari, acquisite durante il lungo percorso di studi, il farmacologo clinico può essere di supporto in attività diagnostiche, terapeutiche e assistenziali, e rivelarsi un importante trait d’union tra le realtà “ospedale” e “territorio”, per incrementare la qualità delle cure erogate, migliorando gli outcomes e promuovendo la sicurezza del paziente attraverso l’utilizzo delle giuste risorse necessarie.

*Amelia Filippelli, docente di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Salerno

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