Innovazione in oncologia e nuovi modelli, l’analisi di Martini

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In questi mesi si fa un gran parlare di innovazione, Pnrr, nuova sanità sul territorio, farmaceutica e ripartenza del Paese. Ma in Italia l’ecosistema è realmente favorevole all’innovazione oncologica? L’abbiamo chiesto a Nello Martini, presidente della Fondazione non a scopo di lucro Ricerca e Salute (ReS), che è stato fondatore ed ex direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco.

“Per rispondere a questa domanda – ci dice Martini – è necessario precisare due elementi: il primo elemento è positivo ed è rappresentato dal fatto che in Italia, con il Servizio sanitario nazionale, sono garantiti tutti i farmaci essenziali e innovativi per il trattamento dei tumori, mentre in altri Paesi si deve ricorrere alla mutualità privata (Krankenkasse in Germania), o accesso indiretto (in Francia) o con una compartecipazione molto alta da parte del cittadino (paesi del nord Europa)”.

“Il secondo elemento è negativo ed è rappresentato dal fatto che in Italia manca un progetto-Paese per attrarre gli investimenti in R&D e attrarre la innovazione adottando strumenti quali la detassazione selettiva, credito di imposta e accordi di programma. E’ realistico pensare che l’innovazione possa essere interamente pagata dal premium price su prezzi dei nuovi farmaci, perché non si può pagare allo stesso tempo la ricerca e garantire il mercato”.

“Sono necessari altri strumenti per favorire l’attrattività e gli investimenti in R&D e nella innovazione, che devono essere messi in campo da politiche inerenti in particolare al ministero dello Sviluppo Economico e alle strategie per l’innovazione promosse e finanziate dal Pnrr”.

C’è poi il nodo della sostenibilità del sistema: sono in arrivo nuove terapie personalizzate in oncologia, ma come coniugare accesso uniforme e, appunto, sostenibilità? “Due sono le grandi sfide del presente e futuro della oncologia: l’oncologia rigenerativa e l’oncologia mutazionale. Esempi di oncologia rigenerativa – continua Martini – sono le terapie Car-T, le terapie geniche e le terapie avanzate, il cui obiettivo è di curare le malattie oncologiche modificando il difetto genetico che ne sta alla base o reingegnerizzando le cellule con una somministrazione one shot”.

“Il modello regolatorio più avanzato per assicurare accesso e sostenibilità economica è rappresentato dalle procedure di pagamento condizionate al risultato (Payment at Result): ad esempio per i pazienti con Linfoma a cellule beta trattate in terapia Car-T si realizzano le condizioni ideali per assicurare accesso alla innovatività e sostenibilità economica; infatti i pazienti sono pochi e possono essere gestiti individualmente e la valutazione dell’effetto del trattamento al follow up clinico è di tipo dicotomico (regressione o non regressione della malattia)”.

“In questo modo, attraverso i registri di monitoraggio il costo di trattamento per la durata della terapia (1 anno), può essere diviso in 3 tranche: la prima tranche (un terzo del costo dell’intero trattamento) viene pagata up-front, la seconda a 6 mesi ma solo per i pazienti che sono in regressione di malattia e la terza a 12 mesi solo per i pazienti che continuano ad essere in regressione. Con questo modello si lega il trattamento al risultato innovativo (regressione della malattia), non si pagano i fallimenti e si ottiene un contenimento della spesa ai fini della sostenibilità economica”.

“L’oncologia mutazionale si basa sui test di profilazione genomica dei tumori (biopsia solida e biopsia liquida) e sui trattamenti oncologici attivi sulla mutazione rilevata sul singolo paziente e driver del tumore oppure sul carico mutazionale complessivo con trattamenti di tipo immunologico. L’oncologia mutazionale costituisce una strategia molto complessa sia dal punto di vista diagnostico (test Ngs), sia dal punto di vista di interpretazione dei test e di individuazione dei farmaci attivi sulle mutazioni o sul burden mutazionale (mutazioni targhettabili e trattamenti druggable). Per questo serve un nuovo modello organizzativo basato sulla individuazione dei centri regionali dei test Ngs e sulla istituzione dei Molecular Tumor Board (MTB) con carattere multi e inter disciplinare”.

Quale può essere in quest’ottica il ruolo delle società scientifiche, e quale quello delle associazioni di pazienti? “Il ruolo delle società scientifiche risulta essenziale sia per l’oncologia rigenerativa che per l’oncologia mutazionale – assicura Martini –  Nel caso della oncologia rigenerativa le società scientifiche devono supportare il modello di pagamento al risultato (Payment at Result) e la raccolta sistematica dei dati attraverso i Registri Aifa di monitoraggio, per assicurare l’accesso, promuovere l’innovazione e garantire la sostenibilità economica”.

Nel caso dell’oncologia mutazionale “le società scientifiche devono sostenere la istituzione dei Mtb e dei centri regionali Ngs, definendo i criteri in base ai quali la profilazione genomica è necessaria e giustificata, sostenendo la collegialità della decisione e promuovendo una raccolta sistematica dei risultati dei test Ngs, per la costruzione progressiva e interconnessa di una piattaforma genomica nazionale”, continua l’esperto.

La piattaforma genomica “risulta essenziale per la verifica degli outcomes dei nuovi trattamenti in condizioni RWE e per sviluppare studi e ricerche di nuovi farmaci e trattamenti innovativi. A loro volta le associazioni dei pazienti devono partecipare ai processi decisionali, creando nei pazienti una cultura che eviti illusioni e allo stesso tempo assicuri un engagement responsabile”.

Ma a questo punto l’Agenzia italiana del farmaco è pronta per la nuova stagione che attende la sanità italiana? “L’Aifa – rileva Martini – è stata riassorbita pressoché totalmente dalla fase della pandemia, dell’accesso ai vaccini, ai trattamenti contro il Covid e ha consentito, con uno sforzo straordinario, alla valutazione e alla approvazione delle sperimentazioni cliniche”.

“Per le sfide future in ambito oncologico, (oncologia rigenerativa e oncologia mutazionale) l’Agenzia deve essere in grado di sviluppare un progetto regolatorio complessivo che sappia definire le modalità regolatorie in ordine all’accesso e alla sostenibilità economica, secondo i nuovi modelli del pagamento al risultato e delle procedure “sub iudice” nel caso di trattamento off-label derivanti dalla profilazione genomica”.

C’è qualche esperienza, all’estero, che potrebbe essere presa a modello? “Certamente esistono esperienze e modelli di riferimento in altri Paesi, però bisogna tener conto che l’Italia è ormai l’unico paese a garantire un Servizio Sanitario Nazionale rispetto a sistemi mutualistici o a compartecipazione alla spesa da parte del cittadino. Potenzialmente l’Italia con i registri di monitoraggio, l’adozione di pagamenti condizionati al risultato, l’attivazione delle piattaforme di raccolta dati può essa stessa diventare un modello di riferimento a livello europeo ed internazionale”.

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