Digital health in Italia, l’analisi di Lenzi/VIDEO

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Lo scenario delle cure sta cambiando radicalmente, anche nel nostro Paese, con l’affermarsi della digital health. Una rivoluzione accelerata dalla pandemia da Covid-19, che offre nuove opportunità per affrontare le sfide del sistema sanitario. Ma l’Italia è pronta? Fondazione Lilly ha avviato uno studio nell’ambito delle terapie digitali con il supporto di esperti del settore, per fornire un contributo alle istituzioni nazionali su due fronti: sistematizzare la materia da un punto di vista normativo e proporre linee guida per nuovi modelli organizzativi di presa in carico di pazienti cronici.

“Fondazione Lilly ha identificato le problematiche, di formazione, sperimentazione e applicazione legate alla digital health. Non casualmente – ha spiegato Andrea Lenzi, presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della vita della presidenza del Consiglio dei ministri e coordinatore del Comitato Consultivo Fondazione Lilly, nel recente incontro“Digital Health è il presente – Il sistema è pronto?” – nella revisione dei percorsi di Medicina è stata inserita la preparazione del medico nell’ambito della sanità digitale“.

Quanto alla sperimentazione, “sono 250 le terapie digitali e gli strumenti di ‘digital care’ attualmente disponibili in commercio o in fase di sviluppo. Sembrano tante, ma sono pochissime: stiamo correndo e ogni giorno si legge di un’innovazione in arrivo. Ma c’è anche bisogno della normativa: fino ad adesso eravamo abituati a una norma per autorizzare il farmaco e ad un’altra per autorizzare il device. Adesso noi abbiamo una realtà in cui farmaco e device o sono un’unica cosa, o viaggiano assieme”. Infine, per Lenzi c’è “bisogno di una” nuova “cultura, del medico e del paziente”.

Un panorama in rapida evoluzione, in cui occorre mettere ordine. La stessa pandemia ci ha dimostrato “che molte cose mancano, che ci sono molte differenze tra le Regioni”, ha rilevato l’esperto. Pensiamo al monitoraggio del diabete, ha aggiunto Lenzi, parlando anche da endocrinologo. “Poter assistere con un monitoraggio digitale costante un paziente sul territorio non è così agevole dappertutto”.

Lenzi ha sottolineato poi alcune delle possibili ricadute di un utilizzo ottimizzato della digital health: l’impiego più efficace dei medicinali porta – specie nelle patologie croniche – non solo a modificare l’assistenza, ma a cambiare anche la qualità vita dei pazienti e a ridurre i costi delle cure. In prospettiva è possibile “un risparmio colossale, ma dobbiamo avere gli strumenti normativi e tecnologico-scientifici per trasformare tutto ciò in una realtà”.

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