Rimandare il rientro a scuola, perché le Regioni hanno ragione

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Le Regioni italiane chiedono di posticipare la riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia: fanno bene e hanno tutte le ragioni.  È talmente scontata l’importanza psicopedagogica della scuola che è inutile ripeterla, ma in questa situazione si rischia che il ritorno a scuola “faccia male!”.

La scuola rappresenta sempre un luogo privilegiato di trasmissione degli agenti infettivi, ma in questo momento pandemico rischia di divenire una vera bomba epidemica. Già in condizioni normali la riapertura delle scuole determina sempre un’impennata della morbilità, con un altro numero di bambini malati. Infatti ogni anno a metà gennaio, cioè dopo 10 giorni dall’inizio delle lezioni, vedevamo un incremento di bambini con tosse raffreddore e febbre.

Quest’anno, con la pandemia da Covid-19 e la variante Omicron altamente contagiosa, offriamo al virus un facile bersaglio. La riapertura delle scuole è pertanto è un “regalo” al Coronavirus.

I motivi della bomba epidemica all’orizzonte sono costituiti principalmente da tre elementi.
Il primo: all’ingresso e alla chiusura delle scuole si muovono, fra alunni, docenti, personale Ata, adulti che accudiscono e accompagnano gli alunni, personale coinvolto nei trasporti e nella sorveglianza, più di 20 milioni di persone, cioè un terzo della popolazione totale.

Questo è il più grande assembramento che si realizza nel nostro Paese, superiore a quello per lo shopping natalizio, per gli eventi sportivi e musicali, addirittura per le vacanze ad agosto.  Immaginiamoci con l’incremento esponenziale dei contagi cosa avverrebbe in questo caso.

La chiusura prolungata delle scuole aiuta in modo indiretto l’intera società, perché riducendo il numero dei contagi si ha un minor numero di soggetti malati e meno pressione sugli ospedali. Ma innanzitutto è indispensabile per proteggere gli alunni che sono la fascia di popolazione più vulnerabile, perché meno vaccinata. I bambini di meno di 5 anni sono 2.300.000 e non sono immunizzati perché non hanno a disposizione un prodotto autorizzato. La fascia di età da 5 a 11 anni è vaccinata al 10% cioè rispetto a 366.000 immunizzati ci sono 3 milioni 300.000 non vaccinati. Sommando i dati, fra gli tutti gli under 12 anni complessivamente sono 5.600.000 i bambini non immunizzati, cioè senza difese contro il virus, mentre solo 366.000 sono protetti.

Le cose vanno un po’ meglio nella fascia di età 12 -19 anni perché è protetto l’80%, ma abbiamo sempre un alunno ogni cinque non vaccinato, esattamente 886.247. Un numero considerevole anche per questa fascia di età, perché corrisponde a 30.000 classi scolastiche.

La riapertura della scuola determina inoltre ogni anno un incremento di casi di infezioni respiratorie dovute ai virus respiratori tipici della stagione invernale. Innanzitutto a metà gennaio abbiamo la prima grande epidemia di raffreddore dell’anno, determinata proprio dal ritorno a scuola.

Inoltre sono già in circolazione i virus respiratori sinciziali, gli adenovirus, i rinovirus che fanno ammalare ogni settimana un milione di under 19, con sintomi che fanno pensare anche a Covid, tanto da richiedere in molti casi la necessità di eseguire tamponi e altri accertamenti. Insomma, se le scuole resteranno aperte il picco di casi Covid si raggiungerà già a metà gennaio. Per evitare tutti questi rischi le scuole vanno chiuse almeno per tre settimane e bisogna attivare la Dad.

*Italo Farnetani, pediatra e docente alla Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche United Campus of Malta.

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