Intelligenza artificiale per interpretare i referti, il progetto

medicina
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Deep learning e algoritmi in grado di analizzare grandi quantità di dati in tempi rapidissimi, evidenziando dettagli e collegamenti difficili da individuare per la mente umana. L’intelligenza artificiale è la nuova alleata del medico, ma anche del ricercatore, nell’era della digitalizzazione di referti, cartelle e fascicoli sanitari.

La scommessa, però, è quella di rendere accessibile l’esperienza medica e diagnostica contenuta all’interno dell’oceano di documenti prodotti nelle strutture sanitarie, sia ai programmi software sia agli stessi operatori. E’ un po’ l’uovo di Colombo, in effetti, ma potrebbe essere la via giusta per accelerare la ricerca medica e farmacologica, e per assicurare una reale personalizzazione della cura.

Un’impresa alla quale sta lavorando Oracle Italia insieme al Dieti (Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione) dell’Università di Napoli Federico II.

A raccontare a Fortune Italia i dettagli del progetto, che punta a identificare tecnologie e metodi in grado di individuare automaticamente – all’interno di un normale referto – il sintomo, la patologia associata, il farmaco e l’effetto prodotto attraverso il trattamento di quella patologia, e di farlo potenzialmente su tutti i documenti digitali prodotti dalle strutture di ricovero, di diagnostica, o di ricerca, è Gabriele Folchi, Strategy & transformation director di Oracle.

“Si tratta di un progetto dal duplice obiettivo, mirato alla formazione e all’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Digitalizzare il dato, infatti, non vuol dire renderlo accessibile. Abbiamo identificato il Dieti – spiega – perché si tratta di un centro di eccellenza a livello internazionale. Si è creato con i nostri centri di ricerca un forte interesse anche sulla formazione del curriculum. Così, seguendo dottorandi e docenti, abbiamo partecipato alle attività curricolari del master in Data science”.

Sulla scia della ricerca è stata infatti attivata una collaborazione tra Oracle e il Dieti, nel quadro del corso di laurea magistrale in Data science. Ricercatori Oracle tengono lezioni per gli studenti, e sono stati attivati dei programmi di internship nelle strutture Oracle Lab a Zurigo. “Adesso stiamo cercando di stabilire una relazione più strutturata, anche in considerazione del dinamismo della Federico II”.

Ma qual è l’obiettivo di questo progetto? “Dobbiamo creare una soluzione informatica in grado di rilevare a posteriori la semantica, lavorando su documenti creati senza nessuna strutturazione particolare, che permetta di descrivere a priori quale termine sia un farmaco, quale una possibile diagnosi, quale una terapia. Questo perché, di certo, il medico o l’infermiere nella pratica quotidiana hanno altre priorità rispetto a quella, ad esempio, di compilare documenti dettagliati, con griglie o elementi particolari. La chiave – dice Folchi – sta nel ‘leggere’ i dettagli” celati nell’anamnesi e nei documenti scritti in formato libero, “identificando non solo i termini chiave,  ma anche le relazioni tra loro. Questa è la sfida”.

Il progetto, sostenuto tramite Oracle Labs, ha “l’obiettivo finale di realizzare un sistema navigabile e utilizzabile in linguaggio naturale”. E di addestrare anche assistenti digitali da usare in servizi disponibili da remoto, come ad esempio quelli di tele-assistenza. Ma quando sono attesi i primi risultati? “Ogni progetto di intelligenza artificiale richiede data scientist e clinici, ma anche i corpus per addestrare i modelli di intelligenza artificiale in italiano. Ci stiamo lavorando – dice Folchi – e l’idea è quella di avere un progetto pilota quanto prima, per poter indirizzare la metodologia”. E arrivare così a un sistema in grado di “imparare, con un set limitato di dati e di esperienze, ma anche di strutturare il dato in modo intelligente”.

Facciamo qualche esempio: il sistema “potrebbe consentirci di stabilire la centralità di un farmaco rispetto a un set di trattamenti per una determinata patologia. Siamo in una fase ‘critica’. La discriminante adesso è la competenza scientifica, non più la dimensione del laboratorio. L’accesso al cloud mette alla portata di tutti la possibilità di fare un salto in avanti. Noi mettiamo tecnologia e competenze”, afferma Folchi, convinto che l’Italia possa avere un ruolo da apripista. “Il potenziale della ricerca in silico è enorme, e promette di semplificare notevolmente quella in vivo”, chiosa.

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