Quelli di Covid-19 aono stati anni di stress test per la sanità, che hanno evidenziato però l’importanza della collaborazione. “Le istituzioni dipendono dalla comunità scientifica per trovare le soluzioni ai problemi, e soprattutto per trovare delle sintesi condivise“. Lo ha sottolineato Giovanni Nicoletti, direttore dell’Ufficio 2 del ministero della Salute, intervenendo all’evento “Digital Health è il presente”, organizzato da Fortune Italia in collaborazione con Fondazione Lilly.
In piena ‘rivoluzione digital health’, Fondazione Lilly ha infatti dato vita a un confronto per fornire un contributo alle istituzioni nazionali, avviando uno studio di ricerca nell’ambito delle terapie digitali con il supporto di esperti del settore, per sistematizzare la materia da un punto di vista normativo e proporre linee guida per nuovi modelli organizzativi di presa in carico di pazienti cronici.
“Il fatto di creare un gruppo per tirare un po’ le somme e proporre soluzioni concrete” è importante, ha sottolineato Nicoletti. Investimenti e Pnrr vanno di pari passo con le riforme, “e anche nel settore del digital ce ne saranno di importanti, ad esempio sul fascicolo sanitario elettronico”.
“Quello di Covid-19 è stato un po’ l’anno zero delle agenzie regolatorie, che si sono trovate in prima linea”, ha rilevato Nicoletti. E sono state costrette a fare i conti con eventi e valutazioni impensabili fino a poco tempo fa. Ma occorre aver ben presente che se il sistema non viene governato, le cose accadono lo stesso.
L’esperto ha ricordato che a livello del G7 della salute gli altri Paesi sono molto avanti nel dibattito sulla Digital health. Ecco dunque che il lavoro del gruppo di esperti italiani diventa particolarmente prezioso, anche in un’ottica internazionale. “Secondo me la riflessione che questo gruppo dovrebbe fare è proprio quella del bilancio tra il fattore tempo e il fattore sicurezza“, ha detto Nicoletti. Ovvero, occorre una strategia regolatoria per la digital health che sia in grado di assicurare tempi congrui, per far sì che il ‘disco verde’ non arrivi quanto sul mercato è già disponibile la seconda generazione di dispositivi o terapie digitali.
