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Lo strano caso delle diagnosi quasi dimezzate nell’Italia della pandemia. Pazienti e infettivologi provano a fare il punto su Aids e Hiv, tra difficoltà di accesso ai servizi, progressi della ricerca, interventi legislativi in dirittura d’arrivo e stigma, anche di tipo economico. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2022.

È LUNGHISSIMO L’ELENCO delle malattie ‘soffocate’ da Covid-19. Non nel senso che sono scomparse, come l’influenza nella stagione 2020-21. Ma, semplicemente, sono state messe da parte: abbiamo avuto meno diagnosi e, di conseguenza, meno terapie. Così insieme al sommerso legato a tumori e malattie cardiovascolari, preoccupa il caso di Hiv-Aids. Nel 2020 sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione da Hiv, un numero ancora più ridotto rispetto ai casi già in progressiva diminuzione osservati negli ultimi dieci anni.

Sembra una buona notizia, ma in realtà non è così: le difficoltà di accesso ai servizi sanitari legate alla pandemia hanno reso un’impresa ottenere una diagnosi, per un’infezione ‘gravata’ ancora da un pesante stigma. Anche di tipo economico: pensiamo alle difficoltà che le persone positive incontrano oggi per accedere al credito, ottenere un mutuo, stipulare una polizza.

“Rispetto al 2019 – ha detto Barbara Suligoi, responsabile del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, illustrando gli ultimi dati italiani – il numero di nuove diagnosi Hiv del 2020 è quasi dimezzato e questo è molto probabilmente da ricondurre alla pandemia da Covid-19”.

L’incidenza osservata in Italia è stata inferiore rispetto alla media delle nazioni dell’Unione europea (2,2 contro 3,3 nuovi casi per 100mila residenti). Inoltre 6 nuove diagnosi di Hiv su 10 arrivano in ritardo, cioè in persone con una situazione immunitaria gravemente deficitaria o addirittura già con sintomi di Aids. Un ritardo che pregiudica l’efficacia delle terapie antivirali. Ecco perché è fondamentale intervenire.

“Per le persone con Hiv è di primaria importanza avere il centro di riferimento disponibile, o un accesso alla telemedicina, che potrebbe in alcuni casi essere un elemento complementare per il consulto con il medico senza esporsi al rischio”, ci ha spiegato Filippo Von Schloesser, presidente di Nadir, in occasione di un evento nell’ambito del progetto A/Way Together di Janssen, organizzato nella Giornata mondiale dell’Aids per indagare sullo scenario attuale e sulle prospettive future della lotta all’Hiv. Se negli ultimi 40 anni la ricerca ha cambiato radicalmente le prospettive di vita dei pazienti, la lezione di Covid-19 non può essere ignorata. “Le amministrazioni regionali debbono ancora recepire il messaggio della telemedicina, che sarà invece uno degli strumenti fondamentali per mantenere il collegamento fra medico e paziente”.

NEL 2020 “I DATI riportano un numero di persone che ha contratto Hiv pari a un terzo rispetto agli anni precedenti. Perché? Non ci sono stati meno contagi: la gente ha avuto il terrore di avvicinarsi a un ospedale per fare i controlli. Questo è molto grave, perché probabilmente negli anni a venire avremo sia un aumento di casi legati a minor accesso al test, sia un aumento di patologie legate all’Hiv perché le persone non hanno fatto i controlli”, ha sottolineato il presidente di Nadir.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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