Paralisi, 3 uomini tornano a camminare grazie a elettrodi

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Camminare, nuotare e andare in bicicletta dopo una paralisi grazie alle mini-scosse mirate di speciali elettrodi: neuroprotesi impiantate per restituire il movimento. Non si ferma la ricerca hi-tech per restituire il movimento alle persone paralizzate dopo una lesione al midollo spinale. Le ultime, eccezionali, novità arrivano da uno studio internazionale pubblicato su ‘Nature Medicine’, coordinato da Grégoire Courtine del Center for Neuroprosthetics and Brain Mind Institute dello Swiss Federal Institute of Technology (Epfl) di Losanna, che porta la firma fra gli altri di Silvestro Micera, del BioRobotics Institute della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Una sperimentazione che ha restituito la capacità di camminare, ma anche di nuotare e andare in bicicletta, a tre giovani uomini – fra i quali un italiano rimasto vittima di un incidente sulla moto – in tempi record. In effetti la stimolazione elettrica del midollo spinale personalizzata, utilizzando piastre per elettrodi progettate specificamente per le lesioni midollari, ha ripristinato la capacità di movimenti indipendenti entro poche ore dall’inizio della terapia in tre pazienti con paralisi sensomotoria completa.

Questi risultati, illustrati nei dettagli nello studio, dimostrano che gli approcci di stimolazione mirata si traducono in un’efficacia superiore e in attività motorie diversificate anche dopo gravi lesioni del midollo. “Io mi sono occupato in particolare della parte ingegneristica: la neuroimaging per l’analisi del midollo spinale e la modellistica per predire la risposta muscolare a seguito della stimolazione spinale”, spiega a Fortune Italia Micera, celebre per le sue ricerche sulla mano bionica.

Ma di che si tratta questa volta? La stimolazione elettrica del midollo spinale è un’innovativa opzione promettente per il “ripristino della funzione motoria nelle persone che hanno subito una lesione e una conseguente paralisi”, sintetizza Micera. Gli approcci finora tentati puntavano a una stimolazione elettrica continua del midollo spinale nei pazienti attraverso l’uso di neurotecnologie che originariamente erano state progettate per trattare il dolore.

Tuttavia questi dispositivi di stimolazione elettrica non riescono a stimolare tutti i nervi del midollo spinale associati ai movimenti delle gambe e del tronco, cosa che che può limitare il recupero di tutte le funzioni motorie. Così il team coordinato da Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch ha progettato una nuova piastra per elettrodi che ‘bersaglia’ tutti i nervi associati ai movimenti delle gambe e del tronco nel midollo spinale. Il gruppo ha combinato questa tecnologia con una struttura computazionale personalizzata che ha consentito il posizionamento preciso della piastra in ciascun paziente e la personalizzazione dei programmi di stimolazione, in base all’attività motoria prescelta.

Questo approccio innovativo di stimolazione personalizzata del midollo spinale ha quindi dimostrato di restituire rapidamente la deambulazione indipendente e altre attività motorie, come il ciclismo e il nuoto, in tre pazienti, tutti uomini tra 29 e 41 anni con paralisi sensomotoria completa. E questo, come anticipato, in un solo giorno. La neuroriabilitazione ha ulteriormente aiutato i pazienti in queste attività. “La cosa interessante è che l’impianto viene effettuato in maniera personalizzata, questo riduce i tempi di recupero”, aggiunge Micera.

I risultati, che fanno parte di una sperimentazione in corso, dimostrano l’efficacia di approcci di stimolazione del midollo spinale personalizzati e personalizzabili, offrendo dunque una terapia innovativa che potrebbe favorire “miglioramenti clinicamente significativi” nelle persone con un’ampia gamma di gravità delle lesioni del midollo spinale.

Quali sono i pazienti candidabili all’intervento? “Questi tre pazienti avevano una lesione totale, ma l’approccio può essere utilizzato anche nel caso di lesioni parziali – dice Micera – In realtà anzi in questo caso la plasticità potrebbe essere anche maggiore. L’obiettivo ora è da un lato avere più pazienti, anche acuti e in fase iniziale, dunque coinvolgere più centri clinici per vedere tutte le potenzialità di questo approccio. Inoltre è stata sviluppata anche una startup: dunque l’idea è, una volta completato lo studio clinico, di provare ad avere la certificazione Ce o l’approvazione della Fda per andare poi sul mercato”, conclude Micera.

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