Covid frena ancora in Italia, ma la pandemia non è finita

Covid mascherina
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Mentre precipita la crisi in Ucraina, la curva di Covid-19 continua la sua discesa in Italia, anche se ‘rallenta’: i nuovi casi segnano un -20,6%, con tamponi in calo del 19,6%. E’ stabile invece la discesa dei ricoveri in area medica (-16,2%), in terapia intensiva (-19,9%) e per i decessi (-15,8%).

L’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe segnala inoltre il calo dei nuovi vaccinati, solo 59 mila in 7 giorni, e il crollo negli over 50 (-44%) e nella fascia 5-11 (-57,1%). Ma attenzione: la pandemia non è finita, avvertono da Gimbe, stigmatizzando con forza l’abolizione delle mascherine al chiuso, dal momento che il virus circola ancora con intensità.

Restano poi i nodi della 
quarta dose: l’Italia partirà la prossima settimana con le  persone immunodepresse, ma “oggi non ci sono evidenze scientifiche per raccomandarla, o meno, 
nella popolazione generale”, sottolineano dalla Fondazione.

Ma vediamo i dettagli del monitoraggi: nella settimana 16-22 febbraio c’è stata una riduzione dei nuovi casi Covid (-90 mila), con l’85,4% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino e l’83% ha completato il ciclo vaccinale. Restano 4,9 milioni le persone senza nemmeno una dose vaccinabili subito e 2,17 milioni di guariti protetti solo temporaneamente. In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: 1.828 (-15,8%), di cui 101 riferiti a periodi precedenti
Terapia intensiva: -223 (-19,9%)
Ricoverati con sintomi: -2.526 (-16,2%)
Isolamento domiciliare: -255.868 (-16,7%)
Nuovi casi: 349.122 (-20,6%)
Casi attualmente positivi: -258.617 (-16,7%)


“Da quattro settimane i nuovi casi settimanali sono in calo: sono circa 350 mila con una riduzione del 20,6% rispetto alla settimana precedente e una media mobile a 7 giorni che scende da 59.701 casi del 16 febbraio a 49.875 il 22 febbraio (-16,5%) – precisa Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – Tale riduzione è imputabile sia alla ridotta circolazione virale che al calo dei tamponi, il cui tasso di positività si mantiene sostanzialmente stabile”.

In tutte le Regioni si rileva una riduzione percentuale dei nuovi casi: dal -0,5% della Calabria al -35,9% del Friuli-Venezia Giulia (tabella 1). Sono 72 le Province che superano i 500 casi per 100.000 abitanti, tra cui 5 con incidenza superiore ai 1.000 casi per 100.000 abitanti: Oristano (1.965), Reggio di Calabria (1.216), Siracusa (1.215), Fermo (1.022) e Vibo Valentia (1.006).

“Stabile la riduzione percentuale della pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari Gimbe – dove i posti letto occupati da pazienti Covid diminuiscono sia in area medica (-16,2%) che in terapia intensiva (-19,9%)”. In particolare, in area critica si passa dal picco di 1.717 del 17 gennaio a 896 del 22 febbraio; in area medica dal picco di 19.913 del 31 gennaio a 13.076 del 22 febbraio.

Al 22 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 20% in area medica e del 9,3% in area critica. Ad eccezione di Lombardia, Provincia Autonoma di Trento e Veneto, tutte le Regioni superano la soglia del 15% in area medica; 10 Regioni vanno oltre la soglia del 10% in area critica.

“Si conferma un’ulteriore riduzione degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – la cui media mobile a 7 giorni scende a 66 ingressi/die rispetto agli 80 della settimana precedent”.

“La quarta ondata – riflette Cartabellotta – è in piena fase discendente, con evidente riduzione della pressione ospedaliera e dei decessi. Tuttavia, 50 mila nuovi casi al giorno, tasso di positività dei tamponi al 10% e quasi 1,3 milioni di casi attualmente positivi dimostrano che la circolazione del virus è ancora piuttosto elevata. In altri termini, se i dati consentono di guardare avanti con ragionevole ottimismo, non è accettabile “approfittare” della fine dello stato di emergenza per confondere le carte in tavola: discesa della quarta ondata non significa circolazione endemica del virus né, tantomeno, fine della pandemia”.

Si tratta di una distorsione della realtà “che disorienta la popolazione e rischia di legittimare decisioni azzardate. Indipendentemente dal termine dello stato di emergenza, al momento è impossibile abolire misure di sanità pubblica come mascherine al chiuso e isolamento dei positivi, indispensabili per consentire la completa riapertura di tutte le attività. Infine lo sguardo deve essere sin da ora rivolto al prossimo autunno-inverno: se è ragionevolmente certa una tregua nei prossimi mesi, questo tempo prezioso deve essere sfruttato al meglio per un’adeguata programmazione. Perché con il nuovo inverno il risveglio dal “sogno collettivo” potrebbe essere molto brusco”.

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