Emergenza, 30 anni di 118: le priorità per una riforma del servizio

Congresso Sis 118
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Fanno la differenza tra la vita e la morte e sono stati in prima linea anche in questi anni di pandemia da Covid-19: sono gli operatori del 118, il soccorso sanitario che proprio oggi compie trent’anni di vita. Un’occasione per immaginare l’evoluzione del sistema di emergenza-urgenza in senso moderno, facendo tesoro  della lezione della pandemia.

A sottolineare le priorità di una riforma del 118 “non più rinviabile” è stato il presidente della Sis 118 Mario Balzanelli – da poco riconfermato alla guida della Società – dal Congresso nazionale appena conclusosi a Sabaudia. “Covid-19 ha evidenziato un catastrofico errore di programmazione dell’emergenza“, ha sottolineato Balzanelli, sottolineando i drammatici momenti della prima fase della pandemia e il contributo della Sis 118, a livello di assistenza ma anche di lotta al virus pandemico, con gli appelli per il saturimetro in ogni casa e per i dispositivi di protezione.

Balzanelli auspica una riforma articolata in tre pilastri: personale, formazione e tecnologia. “Ma la riforma – ha detto il presidente, che in un recente incontro con il ministro della Salute Roberto Speranza ha sollecitato il governo a non dimenticare il 118 – deve mettere mano ai contratti“, pena il rischio di desertificazione di un servizio fondamentale. E questo anche se “nel Pnrr per il 118 non c’è neanche un centesimo”.

Ma la convinzione che il 118, istituito con il decreto dell’allora ministro della Sanità Francesco De Lorenzo nel  1992, debba essere ‘ripensato’, è diffusa a livello sanitario. “Il 118 – ha sottolineato il segretario della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Roberto Monaco – è l’ospedale che va a casa del paziente. Ed è per questo che anche noi, come Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, chiediamo e crediamo che il mezzo di soccorso avanzato debba essere costituito da un medico e un infermiere insieme: perché proprio le due professionalità che lavorano in simbiosi possono davvero dare quella sinergia di competenze che serve nei momenti più difficili della propria vita”.

“In emergenza, davanti a un problema serio di salute si parla della ‘golden hour’, l’ora d’oro: quell’ora è cruciale per la vita futura del paziente. Bisogna assicurargli quindi le cure necessarie a cambiare completamente il suo destino. In alcuni casi, come nell’arresto cardiaco, ogni minuto è fondamentale. Il 118 è dunque il punto di unione fra il territorio e l’ospedale – aggiunge ancora Monaco – è quel punto oscuro, quella zona d’ombra dove fino a 30 anni fa non si poteva dare risposta. Oggi, finalmente, c’è una risposta sanitaria per quei cittadini che necessitano di un momento di cure in emergenza – urgenza e che devono essere trasportati e condotti al pronto soccorso, oppure curati a casa, da professionisti validati e validi”.

“Il nostro territorio nazionale – ricorda Monaco – è un territorio vasto e diversificato, pieno di valli, di montagne, con zone impervie. Il 118 dà la possibilità di arrivare in pronto soccorso con l’ausilio di un’assistenza sanitaria di grande spessore professionale e quindi di far sì che in pronto soccorso arrivi un cittadino, un paziente, che ha già usufruito delle cure necessarie. Questo evita una disparità nell’accesso alle cure tra chi, ad esempio, si trova nel centro di una città rispetto a chi sta in zone disagiate. Il 118 riduce le disuguaglianze di salute e crea un sistema di sicurezza e di professionalità nei confronti del cittadino che ne fruisce”.

“È chiaro che in questi 30 anni il sistema è sempre migliorato – conclude Monaco – Questa ricorrenza non deve però essere soltanto un’occasione per festeggiare. Lo abbiamo visto nella pandemia: la gente ci chiamava eroi, la politica ci portava ad esempio come baluardo dei diritti costituzionali. Ed ora cosa è rimasto? Va bene allora festeggiare, ma senza dimenticare le criticità: prima tra tutte la carenza dei professionisti nel settore dell’emergenza-urgenza, che è un mondo veramente complicato. Bisogna garantire qualità e dignità ai professionisti e fare in modo che tutti i precari che ci sono nel 118 e soprattutto nel mondo convenzionato possano essere stabilizzati, assunti a tempo indeterminato o nella dipendenza. Bisogna dar loro una serenità a livello lavorativo: i medici che lavorano nel 118 sono professionisti di grande valore culturale, professionale e umano e non possono essere dimenticati”.

“La storia e l’evidenza – gli fa eco Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) – hanno dimostrato, con trent’anni di esperienza sul campo, che la risposta in emergenza ai bisogni dei cittadini richiede diversi livelli di intervento, senza alcuna dominanza dell’uno sull’altro, a seconda della situazione e un approccio multiprofessionale”.

Secondo Mangiacavalli a determinare i diversi livelli di risposta sono soprattutto le competenze che i professionisti esprimono, attraverso la specializzazione della singola professione, ma soprattutto nell’integrazione delle stesse competenze nel lavoro del team che consente di aumentare la capacità di risposta. Ecco dunque che il decreto del 27 marzo del 1992 che ha istituito il sistema attuale risulta ancora innovativo nella visione complessiva del soccorso, ma ha la necessità di essere adeguato all’evoluzione tecnologica (teleassistenza, tele monitoraggio ecc.) e di competenze delle figure che a vario titolo sono parte integrante del sistema. “Appare imprescindibile – dice – la necessità di garantire l’integrazione delle varie componenti del Ssn per garantire le migliori prestazioni possibili nell’ambito dell’emergenza urgenza”.

“Ora – dichiara Mangiacavalli – sono necessari protocolli chiari, omogenei, condivisi e inderogabili a livello nazionale per le varie tipologie di intervento, per non creare i presupposti per azioni strumentali di rivalsa da parte di qualunque delle professioni coinvolte, come invece è spesso accaduto, lasciando una parte importante dell’organizzazione dell’emergenza-urgenza alle scelte della magistratura. Senza alcuna invasione di campo per ciò che attiene compiti e ruoli propri di altre professionalità – aggiunge – ma con il giusto e corretto riconoscimento del nostro status giuridico di professionisti sanitari e con le competenze previste dal nostro profilo professionale, perché sostenuto dall’ordinamento giuridico nazionale ed europeo, oltre che da linee guida internazionali e da specifici protocolli”.

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