Alzheimer, la scoperta di 40 nuovi geni

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In Italia, ottava tra i Paesi con il maggior numero di persone affette, si stimano 1,4 milioni di malati di demenza, oltre 600.000 dei quali colpiti da Alzheimer. Anche se la velocità di progressione della malattia varia, l’aspettativa di vita dopo la diagnosi oscilla da 3 a 9 anni (Airalzh). E proprio l’età avanzata della popolazione italiana rende, in prospettiva, l’Alzheimer un problema destinato a esplodere: i casi, secondo le stime, triplicheranno nei prossimi 30 anni. Già oggi i costi sanitari, familiari e sociali per l’assistenza a questi pazienti sono drammatici.

Ecco allora che dalla ricerca, anche quella italiana, arriva una notizia che apre finalmente nuove prospettive per la prevenzione e la terapia delle demenze, È stato appena pubblicato su Nature Genetics, uno studio collaborativo – coordinato da Jean-Charles Lambert dell’Istituto Pasteur di Lille – che ha identificato l’esistenza di 75 regioni del Dna che costituiscono fattori di rischio per la malattia di Alzheimer. Tra di essi, ben 42 sono nuovi, mai scoperti prima.

Non solo, lo studio ha confermato il ruolo di altri fattori già noti ed è stato possibile generare uno score di rischio per la malattia, che potrà essere usato per la sperimentazione di nuovi farmaci. In dettaglio, lo studio per la prima volta ha scoperto il ruolo dei geni connessi con il fattore TNF-alpha nella modulazione della malattia di Alzheimer. Questo peptide correlato all’infiammazione potrà essere l’obiettivo per trattamenti specifici che possano rallentare la progressione della malattia.

Sono stati isolati anche alcuni geni che hanno un ruolo non solo nella malattia di Alzheimer, ma anche in demenze correlate come la demenza frontotemporale e la demenza a corpi di Lewy.

La ricerca ha chiarito inoltre il ruolo delle cellule microgliali nella progressione della malattia. Si tratta di cellule “spazzine” cerebrali, che provvedono alla rimozione di proteine anomale che possono essere neurotossiche. L’attivazione eccessiva delle cellule microgliali può essere causa del danno secondario che si osserva nella malattia.

A questa importante ricerca ha partecipato, fra gli altri, il Centro Alzheimer universitario della Città della Salute di Torino. Il Centro, coordinato dal professor Innocenzo Rainero con la collaborazione dei ricercatori Elisa Rubino, Silvia Boschi e Fausto Roveta, ha selezionato numerosi pazienti piemontesi per lo studio.

Si è trattato, rilevano i ricercatori di Torino, di studio enorme a livello mondiale, reso possibile grazie alla costituzione di un grande network europeo di ricercatori (European Alzheimer and Dementia Biobank – EADB) che, in collaborazione con ricercatori statunitensi ed australiani, ha permesso di raccogliere campioni di Dna di più di 110.000 pazienti affetti da Alzheimer e di confrontarli con quelli di 750.000 soggetti sani. “Le importanti scoperte rivelate in questo studio ci avvicinano all’identificazione di nuove terapie efficaci per questa devastante malattia”, sottolineano i ricercatori di Città della Salute.

La Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta è stata presente fin dalle fasi iniziali, grazie a un progetto finanziato dalla Comunità Europea, con Giacomina Rossi della U.O. Neurologia V e Neuropatologia.

“La numerosità dei dati raccolti è un fattore di importanza capitale per arrivare a scoprire nuovi loci genetici che hanno un potenziale effetto deleterio – commenta Rossi -. La conoscenza della componente genetica della malattia è fondamentale per capirne le cause, individuare i processi patologici coinvolti e soprattutto individuare le componenti molecolari e cellulari sulle quali agire quali bersagli per nuove terapie”.

“Da questo studio è emersa la conferma del coinvolgimento della proteina amiloide e della proteina tau, già note da tempo per essere alterate nella malattia – prosegue la neurologa del Besta – Ma la novità più importante è la scoperta che la disfunzione del sistema immunitario innato e dell’azione della microglia gioca un ruolo fondamentale nella malattia, prima considerato come di secondo piano. Un altro interessante aspetto di questo studio è avere approntato uno strumento per valutare il rischio che persone con disturbi cognitivi possano sviluppare la malattia di Alzheimer entro tre anni. Questo permette di individuare le persone a maggiore rischio e che potrebbero entrare in trials clinici o beneficiare di eventuali terapie”.

Ma quale potrà essere l’impatto di questo studio? Fortune Italia lo ha chiesto a il genetista Giuseppe Novelli dell’Università Tor Vergata di Roma. “La malattia di Alzheimer è una malattia complessa, multifattoriale, che dipende dall’influenza genetica. Ma bisogna anche dire che solo nel 5-6% dei casi la genetica pesa molto: parliamo delle forme a esordio giovanile e di quelle a trasmissione familiare”, ricorda Novelli.

“Questo è un maxi-studio che ha inviduato una quarantina di geni nuovi che possono avere un’influenza. Ma come in tutte le malattie complesse, sono diversi i geni coinvolti. Il problema è stabilirne il peso. E’ un po’ come le azioni: come diceva il banchiere Enrico Cuccia non solo si contano, ma si pesano. Ecco, questo vale anche per i geni. Occorre dunque uno studio di natura biochimica per stabilire il ‘peso’ di questi geni, sulla base del ruolo biologico di ognuno di loro”, sottolinea Novelli.

Lo studio proseguirà in futuro analizzando la proprio funzione dei fattori genetici a livello molecolare e cellulare, per identificare in modo completo il loro ruolo nella malattia. I centri italiani al momento coinvolti sono: Università Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo di Monza, Fondazione Irccs Ca’ Granda, Ospedale Policlinico-Milano, Università degli Studi di Milano, Ospedale di Brescia, Fondazione Irccs Santa Lucia-Roma, Irccs Istituto Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli-Brescia, Università di Firenze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi-Firenze, Fondazione Policlinico A. Gemelli Irccs-Roma, Università di Brescia, Università di Torino, Università di Perugia, Università di Cagliari, Università Aldo Moro -Bari, Fondazione Irccs, Istituto Neurologico Carlo Besta-Milano, Univeristà di Parma, Irccs Fondazione Don Carlo Gnocchi-Firenze, Aou Città della Salute e della Scienza di Torino, Laboratory for Advanced Hematological Diagnostics, Department of Hematology and Stem Cell Transplant-Lecce.

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