Covid, mini-polmoni per nuovi monoclonali ‘made in Italy’

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Mini-polmoni ‘Made in Italy’, realizzati a partire da cellule staminali, per sperimentare l’efficacia di nuovi anticorpi monoclonali e peptidi anti-Covid.

E’ stato appena pubblicato online, sulla rivista ‘Cells’ un nuovo studio su Covid-19 condotto da un team di ricerca italiano dell’Università di Roma Tor Vergata – coordinato dal genetista Giuseppe Novelli – e del Cnr, in collaborazione con l’Università di Toronto e il Renown Health, di Reno Usa.

Obiettivo, individuare nuove opzioni di trattamento farmacologico contro il virus Sars-CoV-2. Grazie all’impiego di organoidi – cioè aggregati di cellule creati in laboratorio da staminali non embrionali che assumono spontaneamente una precisa conformazione tridimensionale, e assomigliano a organi in miniatura – “è stato possibile misurare il grado di risposta ai nuovi monoclonali che avevamo isolato, ma anche a nuovi peptidi. E devo dire che hanno funzionato molto bene, anche contro le varianti”, spiega Novelli a Fortune Italia. Nella foto sotto gli organoidi di polmone.

organici

Entrambi i farmaci, spiegano i ricercatori, si sono rivelati efficienti nell’impedire l’ingresso del virus nel “mini-polmone”, dimostrando una diminuzione significativa nella produzione delle citochine e chemochine indotta dall’infezione da Sars-CoV-2. In breve: una buona barriera capace di proteggere dalle forme più gravi dell’infezione, capace di garantire elevata efficienza, specificità e tollerabilità. Nella foto sotto, l’effetto neutralizzante degli anticorpi monoclonali.

“È importante sottolineare – spiega Giuseppe Novelli – che nonostante lo stato di emergenza sia stato dichiarato concluso, la pandemia è ancora in atto. Il virus circola largamente in svariate parti del mondo, e come abbiamo imparato, più circola, più muta. Dobbiamo predisporci, senza allarmismi ma con valutazioni attente e basate su solide evidenze scientifiche, a considerare possibile, anche in futuro, l’attacco da parte di nuovi agenti virali, siano essi collegati o no a quello attuale”.

Per il genetista, insomma, “non dobbiamo abbassare la guardia, e soprattutto non dobbiamo fermare la ricerca in questo campo. Nuove tecnologie, nuovi approcci e nuove scoperte possono aiutare nelle cure e possono rivelarsi un’arma strategica in futuro”.

“Lo studio dei virus con gli organoidi – continua Novelli – è ancora una nuova ricerca, ma è considerato un modello entusiasmante per esplorare le interazioni tra cellule umane e virus e la tecnologia potrebbe rendere la risposta alla prossima pandemia molto più veloce. Inoltre, i risultati ottenuti dimostrano che gli organoidi sono un buon sistema per studiare e testare molecole contro le infezioni virali”.

Ma perché ‘costruire’ dei mini-polmoni per testare i farmaci? Di solito i virus vengono studiati su colture di cellule animali coltivate su piastra. Questi sistemi, però, non sono buoni modelli dell’infezione da Sars-CoV-2, perché non rappresentano ciò che accade nel corpo.

Gli organoidi invece evidenziano meglio ciò che Sars-CoV-2 fa ai polmoni umani, inducendo morte cellulare e la produzione di chemochine e altre citochine, che possono scatenare una massiccia risposta immunitaria che può essere letale”.

Ecco perché i ricercatori hanno utilizzato organoidi di polmone creati in laboratorio e infettati con Sars-CoV-2 e le sue varianti per studiare gli effetti inibitori di anticorpi monoclonali e peptidi identificati dallo stesso gruppo. In particolare, hanno utilizzato un anticorpo tetravalente sintetico, mirato alla proteina Spike (il ‘grimaldello usato da Sars-CoV-2 per penetrare nelle cellule umane) e un peptide che agisce contro uno dei co-recettori del virus.

I risultati ottenuti, assicurano i ricercatori, migliorano la nostra comprensione della patogenesi della malattia Covid-19, evidenziando potenziali trattamenti terapeutici incentrati sulla neutralizzazione del virus in grado di prevenire il contagio e ridurre l’infiammazione e il danno polmonare.

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