Economia circolare, Italia tra i più virtuosi d’Europa

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In Europa economia circolare fa rima con Italia. Sia sul fronte del riciclo dei rifiuti che per quanto riguarda il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo, infatti, il nostro Paese fa meglio delle maggiori economie Ue. Tuttavia, non mancano ombre e segnali negativi. Soprattutto sul versante del consumo del suolo e della percentuale di investimenti, molto bassa, in ecoinnovazione.

È quanto emerge dal quarto Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia, realizzato dal Cen (Circular economy network) in collaborazione con Enea. Secondo i dati raccolti dagli esperti, il nostro Paese si posiziona al primo posto per gli indicatori più importanti di circolarità, assieme alla Francia, considerando le prime cinque economie europee (che comprendono anche Germania, Polonia e Spagna).

La classifica di circolarità è basata su sette indicatori: il tasso di riciclo complessivo dei rifiuti, urbani e speciali; il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo; la produttività delle risorse; il rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali; la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia; la riparazione; il consumo di suolo.

L’Italia e la Francia sono i Paesi che fanno registrare le migliori performance di circolarità, totalizzando 19 punti ciascuno. In seconda posizione si attesta la Spagna, con 16 punti. Decisamente più contenuto è l’indice di performance di circolarità della Polonia e della Germania che ottengono, rispettivamente 12 e 11 punti.

Allargando lo sguardo a livello globale, tuttavia, ci si accorge che l’economia circolare non decolla: nel mondo tra il 2018 e il 2020 il tasso di circolarità è sceso dal 9,1% all’8,6%. Negli ultimi cinque anni i consumi sono cresciuti di oltre l’8% (superando i 100 miliardi di tonnellate di materia prima utilizzata in un anno), a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% (da 8,4 a 8,65 miliardi di tonnellate): sprechiamo ancora una gran parte dei materiali ‘estratti’ dagli ecosistemi.

In media in Europa nel 2020 sono state consumate circa 13 tonnellate pro capite di materiali. Ma tra le cinque maggiori economie le differenze sono consistenti: si va dalle 7,4 tonnellate per abitante dell’Italia alle 17,5 della Polonia. La Germania è a quota 13,4 tonnellate, la Francia a 8,1, la Spagna a 10,3.

Nel 2020 per nessuno dei cinque Paesi europei esaminati si è registrato un incremento nella produttività delle risorse. In Europa nel 2020, a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di Pil. L’Italia è arrivata a 3,5 euro di Pil (il 60% in più rispetto alla media Ue).

Il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo misura il contributo dei materiali riciclati alla domanda complessiva di materia.  Nel 2020, ultimo anno di dati disponibile, il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo nell’Ue è stato pari al 12,8%. In Italia, sempre nello stesso anno, il valore ha raggiunto il 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%).

Notizie positive per l’Italia anche sul fronte rifiuti. Nel nostro Paese la percentuale di riciclo  nel complesso ha raggiunto quasi il 68%: è il dato più elevato dell’Unione europea. Tra le cinque economie osservate, l’Italia è quella che al 2018 ha avviato a riciclo la quota maggiore di rifiuti speciali (quelli provenienti da industrie e aziende): circa il 75%. Per quanto riguarda i rifiuti urbani (il 10% dei rifiuti totali generati nell’Unione europea) l’obiettivo di riciclaggio è del 55% al 2025, del 60% al 2030 e del 65% al 2035. Nel 2020 nell’Ue è stato riciclato il 47,8% dei rifiuti urbani; in Italia il 54,4%. Sempre nel 2020 i rifiuti urbani avviati in discarica in tutta l’Ue sono stati il 22,8%. Dopo la Germania, le migliori prestazioni sono quelle di Francia (18%) e Italia (20,1%).

Ci sono invece settori in cui l’Italia è in forte difficoltà. Uno è sicuramente il consumo di suolo: nel 2018 nella Ue a 27 Paesi risultava coperto da superficie artificiale il 4,2% del territorio. La Polonia era al 3,6%, la Spagna al 3,7%, la Francia al 5,6%, l’Italia ben al 7,1%, la Germania al 7,6 %.

Anche per l’ecoinnovazione siamo agli ultimi posti: nel 2021 dal punto di vista degli investimenti in questo settore l’Italia compare solo al 13° posto nell’Ue con un indice di 79. La Germania è a 154. Nulla di buono neanche per quel che riguarda la riparazione dei beni: in Italia nel 2019 oltre 23mila aziende lavoravano alla riparazione di beni elettronici e di altri beni personali (vestiario, calzature, orologi, gioielli, mobilia, ecc.). Siamo dietro alla Francia (oltre 33.700 imprese) e alla Spagna (poco più di 28.300). In questo settore abbiamo perso quasi 5mila aziende (circa il 20%) rispetto al 2010.

Nella ripresa economica del 2021, dopo il tonfo causato dalla pandemia nel 2020, l’economia globale ha provato a ripartire seguendo la vecchia logica lineare. Così il picco improvviso di richieste di materia ha innervosito i mercati, creato incertezza e spinto gli operatori a cercare di accumulare scorte.

La mancanza delle forniture ha spinto ad accrescere il numero di richieste, rendendo sempre più ampia la distanza tra domanda e offerta. Il risultato è stato la difficoltà di rifornimento che ha fatto aumentare a dismisura il tasso di inflazione. I problemi di approvvigionamento e l’innalzamento dei prezzi delle materie prime hanno più cause alla base: l’aumento della domanda post pandemia, la crisi climatica, il conflitto in Ucraina. Ma sono anche un indicatore di una tendenza di fondo, strutturale, in un contesto di sviluppo globalizzato a domanda e consumi crescenti di materiali disponibili in quantità fisicamente limitate sul nostro Pianeta.

“La crisi climatica e gli eventi drammatici degli ultimi due anni, con l’impennata dei prezzi di molte materie prime, dimostrano che il tempo dell’attesa è finito. È arrivato il momento di far decollare senza ulteriori incertezze le politiche europee a sostegno dell’economia circolare”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular economy network. “Le nostre economie sono fragili perché per aspetti strategici dipendono da materie prime localizzate in larga parte in un ristretto gruppo di Paesi. È un nodo che rischia non solo di soffocare la ripresa ma di destabilizzare l’intera economia con una spirale inflattiva. Ed è qui che l’economia circolare può fare la differenza trovando all’interno del Paese le risorse che è sempre più costoso importare. L’obiettivo che l’Italia si deve porre è raggiungere il disaccoppiamento tra crescita e consumo di risorse”.

Il tema dell’economia circolare è presente anche in due obiettivi di carattere generale del Pnrr: ovvero rendere performante la filiera del riciclo con interventi volti a consentire il recupero delle materie prime seconde; implementare il paradigma dell’economia circolare, riducendo l’uso di materie prime di cui il Paese è carente e sostituendole progressivamente con materie prime seconde.

Le risorse direttamente finalizzate all’economia circolare nella Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) Componente 1 (Economia circolare e agricoltura sostenibile) sono pari a 2,1 miliardi di euro. Ulteriori investimenti indiretti sono sparsi in altre voci del Pnrr.

In conclusione nel complesso,l’Italia  occupa dunque una buona posizione in Europa sul fronte dell’economia circolare, ma le sue perfomance non le consentono ancora di raggiungere gli obiettivi che il quadro economico attuale, con la forte crescita dei prezzi delle materie prime e l’incertezza delle forniture, richiede.

Il nuovo Piano di azione per l’economia circolare, approvato dal Parlamento europeo a febbraio 2021, con l’obiettivo di accelerare la transizione verso un’economia circolare e rigenerativa, potrebbe venire incontro alle esigenze di ammodernamento del nostro Paese.

Il Piano per la transizione ecologica indica tra gli altri i seguenti obiettivi: arrivare entro il 2030 a un tasso di utilizzo circolare dei materiali pari almeno al 30%; ridurre del 50% la produzione di rifiuti entro il 2040. È necessario quindi dare rapida e piena attuazione alle misure contenute nel Pnrr, definendo un’efficace Strategia nazionale per l’economia circolare, realizzando gli investimenti necessari per gli impianti, semplificando le procedure per il riciclo, rafforzando gli strumenti di politica industriale a sostegno degli investimenti delle imprese in direzione della circolarità e promuovendo il trasferimento tecnologico in particolare verso le pmi, su cui si fonda il tessuto economico-produttivo del nostro Paese.

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