L’inquinamento uccide 26 persone al minuto, il report

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Sulla Terra muoiono 26 persone al minuto a causa dell’inquinamento atmosferico. In un anno sono oltre 13 milioni i decessi dovuti a cause ambientali che incidono direttamente sulla salute. È quanto emerge dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della Giornata mondiale della salute, il ‘World Health Day’ che si celebra ogni anno il 7 aprile.

Il costo umano dell’inquinamento

Un milione di tonnellate di emissioni ha un ‘costo di mortalità’ pari a 240 persone, spiegano gli analisti di Ener2Crowd.com, la piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico.

Si tratta dell’equivalente delle emissioni annuali di 220mila automobili, ma a produrle bastano anche solo 35 aerei di linea. I centri urbani sono responsabili, sul totale, dell’80% delle emissioni, mentre una sola centrale a carbone produce 4 milioni di tonnellate, con un costo di mortalità pari a 960 persone.

Da qui al 2050, sempre secondo le stime di  Ener2Crowd.com, saranno almeno 44 milioni i morti per cause ambientali. E il numero sale a 100 milioni se si considerano anche i decessi legati all’aumento delle temperature, alle ondate di calore, agli incendi, alle alluvioni e alle altre conseguenze dei gas a effetto serra.

Nella top 25 delle città più inquinanti al mondo figurano molti centri cinesi: Handan (199 Mt Co2 eq./anno), Shangai (188), Suzhou (152), Dalian (142),  Pechino (132),  Tianjin (123), Wuhan (110), ma anche  Mosca (112), Bangkok (73,2), Istanbul (72,9), Tokyo (58), Hong Kong (56) e  New York (54).

Da sole queste 25 metropoli producono oltre la metà (il 52%) delle emissioni globali: a metterlo in evidenza è un’elaborazione di Ener2Crowd, basata sui dati della ricerca “Keeping Track of Greenhouse Gas Emission Reduction Progress and Targets in 167 Cities Worldwide” condotta da Ting Wei, Junliang Wu e Shaoqing Chen, ricercatori della School of Environmental Science and Engineering della Sun Yat-sen University in Cina.

In Europa le città più inquinanti sono invece Mosca (112 Mt Co2 eq./anno), Istanbul (72,9),  Francoforte (46), San Pietroburgo (43), Atene (39), Berlino (28) e Torino (23).

L’appello dell’Oms

Nella Giornata mondiale della salute, l’Oms ha lanciato un appello per un’azione urgente da parte dei leader e delle persone di tutto il mondo per preservare e proteggere la salute e mitigare la crisi climatica, come parte della campagna “Il nostro pianeta, la nostra salute” che segna il giorno di fondazione dell’Organizzazione, in un momento di nuovi conflitti ed estrema fragilità del pianeta.

Nel lanciare il suo invito all’azione, l’Oms osserva che il 99% delle persone respira aria insalubre che deriva principalmente dalla combustione di combustibili fossili. Il riscaldamento climatico sta portando le zanzare a diffondere malattie sempre più lontano dal Paese di origine e più velocemente che mai. Gli eventi meteorologici estremi, la perdita di biodiversità, il consumo del suolo e la scarsità d’acqua stanno causando invece massicce emigrazioni, pregiudicandone la salute. L’inquinamento e la plastica si depositano sul fondo dei nostri oceani, sulle montagne, e si sono fatti strada addirittura nella nostra catena alimentare e nel sangue. I sistemi che producono cibi e bevande altamente trasformati e malsani stanno portando ad una crescita esponenziale dell’obesità, aumentando il cancro e le malattie cardiache e generando fino a un terzo delle emissioni globali di gas serra. Infine, la crisi sanitaria e sociale sta compromettendo la capacità delle persone di assumere il controllo della propria salute e della propria vita.

“La crisi climatica è una crisi sanitaria: le stesse scelte insostenibili che stanno uccidendo il nostro pianeta stanno uccidendo le persone“, ha affermato il direttore generale dell’OmsTedros Adhanom Ghebreyesus. “Abbiamo bisogno di soluzioni trasformative per slegare il mondo dalla sua dipendenza dai combustibili fossili, per reimmaginare le economie e le società incentrate sul benessere e per salvaguardare la salute del pianeta da cui dipende la salute umana”.

La pandemia di Covid-19 ha evidenziato le disuguaglianze presenti nel mondo, sottolineando l’urgenza di creare società sostenibili e benestanti che non violino i limiti ecologici e che garantiscano a tutte le persone l’accesso a strumenti salvavita e che migliorano la vita, sistemi, politiche e ambienti.

Attraverso la sua campagna per la Giornata mondiale della salute, l’Oms chiede a governi, organizzazioni, società e cittadini di condividere le azioni che stanno intraprendendo per proteggere il pianeta e la salute umana.

La guerra rischia di bloccare la transizione energetica

La mortalità globale da inquinamento è elevatissima e supera quella di qualsiasi altro tipo di malattia. Questo scenario è stato aggravato dalla pandemia prima e adesso dalla guerra”, ha spiegato a Fortune Italia Laura Reali, medico pediatra e componente del Consiglio direttivo nazionale Isde (International society of doctors for enviromental) Italia e presidente Isde Roma.

La pandemia e la guerra hanno rappresentato anche un grosso ostacolo alla transizione energetica” continua. “La pandemia ha rallentato e bloccato tutto e quindi la anche la transizione ecologica. Con la guerra, invece, è diventato ancora più complicato fare qualsiasi cosa perché vengono bloccate le produzioni, i trasporti, mancano le materie prime e tutto quello che serve per realizzare concretamente la transizione ecologica non viene fatto perché tutto si ferma. Prima della guerra avevamo iniziato a capire che era necessario cambiare il nostro stile di vita e i meccanismi di produzione dell’energia. Adesso però l’argomento al centro del dibattito è diventato un altro, la guerra”.

In Europa, secondo i dati forniti dall’Agenzia europea per l’ambiente, si registrano oltre 410mila decessi prematuri ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico. L’Italia, secondo uno studio della Sima (Società italiana di Medicina Ambientale) è il primo Paese in Europa, con circa 90mila decessi prematuri all’anno.

“Decessi prematuri – specifica Reali – significa che quelle persone avevano una condizione di salute tale per la quale avrebbero potuto continuare a vivere ancora per anni, e invece sono morte per colpa dell’inquinamento”.

“Dobbiamo iniziare a capire – afferma Reali – che l’inquinamento ambientale e il cambiamento climatico,  che sono due lati della stessa medaglia, rappresentano la più grande causa di mortalità ma anche una delle cause principali di tutte le altre patologie, ovvero quelle cardiovascolari, respiratorie, gli eventi avversi per la gravidanza, la nascita di bambini prematuri, di basso peso o con vari problemi da neurosviluppo. Le madri, infatti, vengono esposte a un ambiente inquinato e i bambini nascono e vivono in un ambiente inquinato, così il loro cervello, purtroppo, subisce danni che comportano un’alterazione del neurosviluppo. Aumentano non solo i casi di autismo, ma anche i disturbi neurocognitivi. Stanno crescendo bambini che non stanno bene dal punto di vista neurologico e dello sviluppo psicologico. Sono danni gravi perché se le generazioni future non avranno le capacità intellettive di affrontare i problemi di fronte ai quali si troveranno, sarà molto difficile che possano risolverli”.

Nel febbraio 2022, 195 governi membri dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), hanno approvato l’ultimo rapporto sui cambiamenti climatici in cui si mette in evidenza l’urgenza di una azione per il clima per ridurre le emissioni di gas serra il prima possibile prima e scendere sotto la soglia di 1,5 gradi di innalzamento delle temperature entro il 2030, prima che sia troppo tardi.

“Gli scenari che si prospettano – spiega Reali – sono davvero preoccupanti. Da un lato, il rischio che stiamo attualmente correndo è di non riuscire a scendere sotto la soglia di 1,5 gradi a causa delle guerre che stiamo provocando. Dall’altro, poiché le guerre comportano una produzione massiva di emissioni, purtroppo l’effetto sul cambiamento climatico potrebbe addirittura peggiorare”.

Isde è uno dei principali produttori di indicatori per le istituzioni di scelte concrete da fare nel campo dello smaltimento dei rifiuti, nella produzione di energia e per la riduzione delle temperatura terrestre. “Le Istituzioni, in alcuni casi, si mostrano sensibili su questi temi. Il problema è che in questo momento è tutto bloccato dal problema della guerra, oltre che, anche se ora in misura minore, dalla pandemia”.

La guerra e il riarmo possono farci piombare indietro di anni – conclude Reali – e costringerci a tornare al vecchio sistema di produzione di energia. Diversi esponenti politici continuano a ripetere che siamo in guerra, in emergenza, che non riusciamo a produrre energia a sufficienza, che costa troppo, e c’è anche chi propone come soluzione di riaprire le centrali a carbone. Ecco, questa è una scelta che la classe politica dovrebbe considerare in tutta la sua pericolosità. Quel piccolo segnale di miglioramento della qualità dell’aria in Europa, come evidenziato dal Rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente del 2019, potrebbe essere vanificato se ritornassimo a produrre energia con le centrali a carbone. Sarebbe un passo indietro spaventoso”.

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