Guerra, Covid, clima: le tre tempeste perfette

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Siamo nel mezzo di tre tempeste, che hanno fatto crollare altrettante illusioni nelle quali ci piaceva crogiolarci. Le tragiche immagini giunte dall’Ucraina ci hanno tolto l’illusione di vivere in una parte del mondo libera dall’incubo della guerra. Covid-19 ha travolto l’illusione di un mondo libero dall’incubo delle pandemie. La consapevolezza dei rischi derivanti dal riscaldamento globale minaccia l’illusione di aver raggiunto uno stato evolutivo che consentirà alla specie umana di dominare il pianeta senza limiti.

Difficile dire come e quando si uscirà dalle tre tempeste, e quanto la nostra vita ne sarà cambiata. È però certo che questi fatti avranno effetti economici rilevanti: in sintesi estrema, richiederanno una grande riallocazione delle risorse. Per una parte ciò investirà direttamente i bilanci pubblici. Facile prevedere che il tema della sicurezza nazionale richiederà una maggiore spesa militare. In parte lo si sta già vedendo.

Sintomatico il fatto che la Germania abbia deciso maggiori spese per 100 mld di euro, da finanziare a debito. Così pure il tema della prevenzione e cura delle pandemie preme e premerà sui bilanci pubblici. Piaccia o non piaccia, nei Paesi occidentali, dopo la riforma Obama anche negli Usa, una parte considerevole delle spese per la sanità è spesa pubblica. Difficile immaginare che la pandemia rovesci questa tendenza, anzi finirà per rafforzarla.

Persino il tema della riconversione energetica, verso l’abbandono dei combustibili fossili, viene per lo più visto come un tema che riguarda la finanza pubblica. Non a caso è uno degli assi portanti che reggono il Next generation Eu, la nuova spesa pubblica europea. Sennonché i bilanci pubblici sono giunti a questa tragica congiunzione delle tre tempeste in una situazione pessima: molto deficit e tanto debito.

A meno di trasformare le nostre economie in sistemi socialisti, con tutto quanto ne conseguirebbe riguardo alla loro capacità di generare benessere diffuso e di rendere possibile un effettivo esercizio delle libertà individuali, è evidente che queste spese aggiuntive richiedono una nuova definizione del perimetro dell’intervento pubblico. Alle nuove aree che si aggiungono (transizione ecologica) e alle vecchie che chiedono risorse maggiori (difesa, sanità) dovranno fare da contrappeso aree di intervento che si abbandonano o si ridimensionano. Scegliere quali siano queste aree, con che tempi e in che misura debbano essere sottratte all’intervento pubblico è il grande tema che la politica ha dinanzi a sé. Tuttavia sarebbe illusorio credere che la gigantesca esigenza di riallocazione delle risorse alla quale le tre tempeste ci pongono di fronte possa essere realizzata solo, o anche in maggior parte, attraverso il bilancio pubblico. Troppo grandi le dimensioni in gioco. Dal che derivano due conseguenze.

Dopo aver per decenni criminalizzato la finanza, ci tocca riconoscere che non sarà possibile venire incontro alle nuove urgenze senza un sistema di intermediari e mercati finanziari efficienti, i soli in grado di far incontrare i risparmi di una popolazione che invecchia con le esigenze dei settori che si vuole espandere. Ciò è in particolar modo vero per la transizione ecologica. Non è ragionevole pensare che gli enormi investimenti necessari anche solo per avvicinare gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nei programmi dei governi possano essere realizzati senza un ruolo decisivo dell’intermediazione finanziaria. Altro che criminalizzazione. Altro che regole vessatorie e Tobin tax.

Allo stesso modo, dopo aver criminalizzato l’economia di mercato, in qualche modo associandola alla condanna del cosiddetto ‘neo-liberismo’, bisognerà pur riconoscere che non disponiamo di altri strumenti per favorire una riallocazione delle risorse al tempo stesso celere ed efficiente, se non lasciando che essa sia guidata dal sistema dei prezzi. Come altro mai potremmo scoprire le nuove convenienze a investire, le tecnologie migliori, le scarsità relative se non facendo tesoro delle informazioni che miriadi di persone forniscono nel momento in cui formulano sul mercato le proprie offerte o le proprie domande? Ne consegue che cianciare – e speriamo siano solo ciance – di razionamenti, controlli sui prezzi, vincoli al commercio significa andare nella direzione esattamente contraria a quella che ci può portare fuori dalla tempesta. Ve ne è di che nutrire il dibattito pubblico. Speriamo che ne sia all’altezza. Per ora lo si vede soprattutto affannato a trattare il bilancio dello Stato come fosse l’orcio della vedova di Zarepta (Re, 17, 9-16), dal quale era possibile estrarre tutto l’olio che si voleva senza che diventasse mai vuoto.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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