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Covid in Italia, gli ultimi dati e il mega studio sui vaccini

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Restano a livelli minimi i contagiati dal virus di Covid-19 in Italia. Gli ultimi dati del monitoraggio, relativi alla settimana tra il 18 e il 24 aprile, segnalano appena 528 nuovi casi positivi, -1,9% rispetto alla settimana precedente (538). Anche i decessi – stando ai dati di ministero della Salute e Istituto superiore di sanità – risultano in calo: parliamo di 7 pazienti morti positivi al virus, -22,2% rispetto alla settimana precedente.

Il tutto mentre sulla stampa rimbalzano i risultati di un mega studio internazionale sui vaccini, che fa chiarezza sui rischi di effetti avversi legati ai prodotti anti-Covid. Ma vediamo prima l’andamento dell’epidemia in Italia.

I numeri

Nonostante ormai l’infezione circoli ormai in modo limitato, in Italia sono stati effettuati 100.622 tamponi (in calo del 6,4% rispetto alla settimana precedente). Stabile allo 0,5% il tasso di positività, mentre l’occupazione Covid in area medica al 24 aprile scende allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Trend analogo a quello delle terapie intensive, che passano dallo 0,3% (22 ricoverati) allo 0,2% (19 ricoverati) nel periodo in esame.

Gli effetti dei vaccini

Passiamo alla sicurezza dei vaccini contro Covid-19. Il Global Vaccine Data Network (GVDN) – con il supporto dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention americani) –  attraverso il progetto Global Covid Vaccine Safety ha valutato l’incidenza di 13 condizioni (cardiache, ematiche e neurologiche) confrontando i fenomeni emersi dopo la vaccinazione con i dati attesi in assenza del vaccino. Come spiega la co-direttrice di GVDN, Helen Petousis-Harris, “rendendo i dashboard dei dati disponibili al pubblico, siamo in grado di supportare una maggiore trasparenza e comunicazioni più forti al settore sanitario e al pubblico”.

La dimensione della popolazione coinvolta in questo studio “ha aumentato la possibilità di identificare rari potenziali segnali di sicurezza del vaccino. È improbabile che singoli siti o regioni abbiano una popolazione abbastanza grande da rilevare segnali molto rari”, ha sottolineato su ‘Vaccine’ Kristýna Faksova del Dipartimento di ricerca epidemiologica presso lo Statens Serum Institut di Copenhagen (Danimarca) che ha guidato lo studio condotto su 99 mln di persone in 10 siti da 8 Paesi.

Tra le reazioni avverse analizzate figurano le ormai note miocardite e pericardite, insieme a sindrome di Guillain-Barré, trombosi del seno venoso cerebrale, mielite trasversa, encefalomielite. Parliamo di 13 condizioni, che sono state messe in relazione anche al tipo di vaccino impiegato (a vettore adenovirale o a mRna).

Risultato? Entro 42 giorni dalla vaccinazione, il rischio di incappare nella maggior parte di queste condizioni è risultato molto simile a quello atteso senza vaccinazione nella popolazione generale. L’enorme numero di persone vaccinate analizzate ha consentito in ogni caso di rilevare “rari potenziali segnali di sicurezza del vaccino”, come precisato da Faksova, legati alle ripetute somministrazioni dei prodotti anti-Covid o alle diverse tipologie. In particolare, lo studio ha confermato i rari segnali di sicurezza precedentemente identificati per miocardite e pericardite dopo un vaccino a mRna (Pfizer e Moderna) e la sindrome di Guillain-Barré e la trombosi del seno venoso cerebrale dopo i prodotti a vettore virale (AstraZeneca).

Le conclusioni

In generale, inoltre, questi risultati si traducono in “un rischio assoluto estremamente piccolo” di encefalomielite acuta disseminata (0,78 per milione di dosi di vaccino) e di mielite trasversa (1,82 per milione di dosi di vaccino), concludono i ricercatori.

Cosa ci dice allora questo studio? “Che i vaccini, anche quelli contro Covid-19, vanno fatti quando servono e soprattutto a chi servono”, risponde a Fortune Italia l’epidemiologo Massimo Ciccozzi. Dunque, nel caso di del virus Sars-Cov-2, la vaccinazione “che in generale sembra essere caratterizzata da rari effetti collaterali, come si rileva anche dal lavoro internazionale, va effettuata nel caso di persone anziane e fragili”, conclude l’esperto.

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