Farmaci, il paradosso degli equivalenti/VIDEO

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Un paradosso che passa per la semantica. E’ quello dei farmaci equivalenti, il cui utilizzo, con i relativi risparmi per Ssn e cittadini, è maggiore nel Nord più benestante e minore al Sud, dove il reddito pro-capite è più basso. Se ne è parlato oggi a Roma nel corso dell’incontro su “Equivalenti e biosimilari. Il futuro dei farmaci passa da qui”, un progetto editoriale curato dal giornalista Claudio Barnini, con l’obiettivo di contribuire a una piena consapevolezza del cittadino-paziente rispetto al valore “democratico”, come è stato sottolineato nell’incontro, dei medicinali equivalenti e biosimilari.

Il volume, edito da Fortune Italia e realizzato con il contributo non condizionato di Eg Stada Group, affronta da un punto di vista innovativo il mondo degli equivalenti e dei biosimilari, grazie al contributo di Istituzioni, mondo accademico, associazioni di categoria, di pazienti, esperti di farmacoeconomia e comunicazione.

“Sono sempre stato convinto che un paziente formato e informato correttamente sia un paziente più forte. In un mondo come quello attuale, dove in Rete circola di tutto in tema di salute, spesso purtroppo senza alcuna base scientifica, ho pensato che fare chiarezza sui concetti di farmaco equivalente e biosimilare fosse quanto mai utile e importante. Questo libro vuole essere una dimostrazione di cosa significhi ‘centralità del paziente’”, ha spiegato Claudio Barnini.

Il settore, infatti, sconta ancora oggi la presenza di quelli che la giornalista e divulgatrice Annalisa Manduca ha definito “pre-giudizi“, invitando a fare finalmente attenzione alle parole.

Se da una parte, dopo oltre 25 anni di presenza sul mercato italiano, i medicinali unbranded sono ormai entrati nell’esperienza quotidiana dei cittadini, dall’altra parte parole quali “farmaci equivalenti”, “brevetto”, “eccipienti”, e “principio attivo”, sono spesso utilizzate con scarsa consapevolezza. Un’analisi semiotica condotta da Elma Research nell’ambito di un’indagine su un campione di pazienti, medici di medicina generale e farmacisti, ha evidenziato le ambiguità semantiche del lessico utilizzato per definire i medicinali equivalenti.

“Oggi, infatti, gli equivalenti si identificano per differenza rispetto a qualcos’altro – ha detto Roberta Lietti, Director Qualitative Research di Elma Research – E questo anche se per il 73% dei pazienti intervistati significa che ‘gli equivalenti sono fondamentali perché permettono a tutti di curarsi'”. Nella considerazione generale dei cittadini, il vocabolo “equivalente” identifica un farmaco che ha lo stesso valore di un altro, pur avendo un costo economico più basso. Ciò crea un cortocircuito semantico nella fase di giudizio, legato al fatto che siamo immersi in una cultura in cui il denaro è il metro universale per dare “valore” alle cose. E ancora: il termine “generico”, molto diffuso tra i pazienti, contribuisce a creare “disvalore” del farmaco unbranded, in quanto evoca valori negativi di “efficacia generica”, “approssimata” di un prodotto che non agisce in modo ottimale”.

Ecco dunque che “occorre ripartire, dando nuovo peso alle parole”, come ha detto Manduca. E un ruolo spetta anche alle istituzioni. “Viviamo un periodo nel quale la politica può cogliere l’occasione di rafforzare la cultura collettiva del valore del farmaco, come prodotto misurato nella sua efficacia, nella sua sicurezza e nella sua accessibilità – ha sottolineato Angela Ianaro della Commissione Affari sociali, che firma la prefazione del volume – Rafforzare la ricerca, porla al centro delle politiche della salute, comprese quelle afferenti i farmaci equivalenti, significa anche rafforzare tutta la catena terapeutica e favorire l’abbattimento delle distorsioni legate al non corretto uso dei farmaci. Dobbiamo proseguire sulla strada già segnata dal Governo e aumentare la disponibilità delle risorse e la produzione interna, anche attraverso politiche industriali di comparto strategiche ed attrattive. Non solo quindi valorizzazione dei farmaci, ma anche un più esteso ripensamento della Governance del farmaco che poggi su una spinta propulsiva alla ricerca e all’innovazione e sviluppi politiche fondate su evidenze scientifiche, certezza delle regole e dei tempi dei processi regolatori”.

Ma di che numeri parliamo? “In Italia il mercato dei generici equivalenti è ancora molto distante dall’Europa, soprattutto da Paesi come il Regno Unito o la Germania: oggi il 67% delle prescrizioni di farmaci erogati in Europa riguarda i generici, che incidono solo per il 29% della spesa totale farmaceutica – ha detto Michele Uda, direttore generale di Egualia – liberando risorse per l’acquisto di farmaci innovativi. Sempre in Europa vengono prodotti circa il 75% dei medicinali equivalenti consumati a livello globale e l’Italia si conferma il secondo Paese europeo per valore della produzione di farmaci generici e il primo per numero di imprese di settore”.

“L’ultimo rapporto Nomisma – ha aggiunto – evidenzia un impatto (diretto e indiretto) complessivo generato dalle aziende di equivalenti pari a circa 8 miliardi di euro per quanto concerne il valore della produzione, che coinvolge oltre 39 mila occupati, tra diretti, indiretti e indotto. Questa performance produttiva purtroppo non si rispecchia nei dati di mercato interni: nel 2020 i farmaci a brevetto scaduto hanno assorbito nel nostro Paese l’85% della farmaceutica convenzionata a volumi (68% a valori), ma il consumo di equivalenti è rimasto di fatto stazionario, assorbendo il 22,46% del totale del mercato a confezioni e il 14,5% del mercato a valori”.

Risultato? “I cittadini hanno pagato ancora una volta di tasca propria circa 1 miliardo di differenziale di prezzo per il brand invece del generico-equivalente, e la spesa più elevata è stata registrata nelle Regioni a reddito pro-capite più basso“. Ecco, di nuovo, il paradosso. Ma perché? “Molto dipende anche dalle politiche di governance adottate dai diversi sistemi sanitari: servirebbero nuove, esplicite e convinte campagne informative a livello nazionale rivolte ai cittadini”, ha detto Uda.

Tra i pregiudizi e le resistenze culturali ma anche le percezioni distorte riguardo a questa categoria di farmaci, quella che gli equivalenti possiedano il 20% in meno di principio attivo rispetto al corrispettivo brand. Secondo gli esperti che hanno contribuito al volume sono molti gli spazi per diffondere conoscenza. “Scrolliamoci di dosso la convinzione che gli equivalenti siano esclusivamente un’opportunità di risparmio e, come da obiettivo della campagna #IoEquivalgo portata avanti da Cittadinanzattiva, mettiamo al centro le garanzie di sicurezza, efficacia e qualità cheoffrono, al pari di un farmaco di marca – suggerisce Carla Mariotti, Senior Project Manager di Cittadinanzattiva – Per spazzare via ulteriori dubbi e sottolineare l’alto profilo qualitativo degli equivalenti, ricordiamoci anche come questi seguano un processo di produzione identico a quello dei farmaci di marca”.

Quanto ai biosimilari, si tratta di uno strumento importante in un’ottica di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Come ha spiegato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria  e direttore Eehta-Ceis di Roma “Tor Vergata, i biosimilari “rappresentano l’esempio paradigmatico del disinvestimento”. Il loro impatto sulla spesa del Ssn tra il 2015 ed il 2020 si traduce in “una riduzione di spesa cumulata al 2020 pari a circa 769 milioni di euro. I biosimilari vanno considerati come un’importante opportunità, in quanto da una parte generano una riduzione dei costi, dall’altra permettono di esplorare un nuovo segmento del mercato farmaceutico, accompagnata dalla possibilità di curare un numero maggiore di pazienti in trattamento con farmaci biotech a prezzi più accessibili”.

“Abbiamo deciso di dare il nostro supporto non condizionato al progetto editoriale, convinti che rientri nel concetto di responsabilità sociale di un’azienda anche promuovere iniziative che consentano di fornire una comunicazione autorevole e qualificata, in questo caso sui farmaci equivalenti e biosimilari, andando a scardinare barriere e luoghi comuni che ancora sussistono, al fine di creare empowerment del paziente e metterlo nelle condizioni di attuare scelte di salute che siano realmente consapevoli. Solo facendo rete tra tutti gli attori del sistema salute e comunicando messaggi chiari e univoci, è possibile contribuire al consolidamento di un pensiero collettivo che sia davvero favorevole a queste categorie di farmaci, riconoscendone il valore socio-economico sia per l’intero Ssn che per il singolo cittadino”, ha concluso Salvatore Butti, General Manager & Managing Director di Eg Stada Group.

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