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La cultura può essere il motore della ripresa post pandemia. Solo in Italia il settore culturale e creativo nel 2020 ha prodotto 84,6 mld di euro di valore aggiunto, con poco meno di 1,5 mln di persone occupate. Valori che incidono, rispettivamente, per il 5,7% e il 5,9% di quanto complessivamente espresso dall’intera economia italiana.

Oggi, 15 aprile, ricorre la Giornata mondiale dell’arte, istituita nel 2019 durante la quarantesima sessione della Conferenza Generale dell’Unesco. Questa giornata è dedicata alla promozione, allo sviluppo, alla diffusione e alla fruizione dell’arte e della cultura nel mondo. La data è stata decisa in onore del compleanno di Leonardo Da Vinci, nato il 15 aprile del 1452 e considerato uno dei più grandi geni dell’umanità.

“Si tratta di un tempestivo promemoria che l’arte può unirci e connetterci anche nelle circostanze più difficili” ha dichiarato il Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco. “In effetti, il potere dell’arte di riunire le persone, ispirare, guarire e condividere, è diventato sempre più chiaro durante i recenti conflitti e crisi, compreso Covid-19”.

Cultura è ricchezza

Il mondo culturale e creativo non è solo un antidoto ai mali della contemporaneità, come la depressione, lo stress e l’ansia, ma anche un sistema che produce ricchezza.

Secondo l’XI rapporto di Unioncamere-Symbola, la crisi sanitaria ha messo a dura prova il settore culturale e creativo italiano, segnando un -8,1% sulla ricchezza dell’intera filiera, contro il -7,2% nazionale, e un -3,5% sui livelli di occupazione. Fra le attività più colpite, ci sono le performing arts che registrano un -26,3% di ricchezza prodotta e segnano un -11,9% in termini occupazionali. Fortemente colpito anche il comparto del patrimonio storico-artistico con una contrazione del 19% in termini di ricchezza prodotta e dell’11,2% sul fronte dell’occupazione. Sulla spinta del lockdown e dell’home entertainment, cresce invece l’industria del gaming che, sebbene registri una leggera riduzione degli occupati (-0,9%),  segna un +4,2%.

Il ruolo della cultura nella ripresa post pandemia

“Quando parliamo di cultura, è necessario fare una distinzione fra due diversi tipi di produzione culturale” spiega a Fortune Italia Paolo Verri, manager culturale, già direttore di Matera 2019 capitale europea della cultura, direttore del Salone del Libro di Torino e coordinatore probono della candidatura di Ivrea 2022 capitale italiana del libro.

“Il primo, più evidente ma forse più superficiale, è quello che riguarda la produzione di contenuti culturali, siano essi parole, immagini o contenuti esperienziali, che rappresentano un elemento di straordinaria attrattiva dei territori e che generano valore economico pressoché immediato per le economie locali”.

“Poi c’è un secondo elemento – continua Verri – più profondo del primo, che identifica la cultura come elemento fondante della coesione sociale. Una cultura basata sull’insegnamento di saperi che unisce le competenze umanistiche a quelle scientifiche, dando vita alle Stem, e che ci permetterà di capire come vivremo nei prossimi dieci-quindici anni”.

Il Pnrr può rappresentare, sotto questo punto di vista, un volano per la cultura come motore della ripartenza. “Il Pnrr prevede un investimento su scuole e università di circa 12 mld di euro – sottolinea Verri – vuol dire che utilizzeremo circa il 10% degli investimenti totali previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza nella produzione di nuovi contenuti per l’apprendimento. Questa è la base del nostro futuro”.

Oggi l’atteggiamento delle aziende, delle istituzioni e della società civile rispetto al mondo della cultura è cambiato. “Quando ero giovane – dice Verri – io e i miei colleghi che ci occupavamo di cultura venivamo visti da economisti, avvocati e medici come persone che insegnavano qualcosa che non era rilevante per la vita di tutti i giorni. Adesso, per fortuna, non è più così. Si è capito che i lavori culturali sono importanti. Soprattutto la cultura scientifica, che prima era relegata a una cerchia ristretta di persone, e adesso, invece, è al centro del cambiamento”.

L’importanza della cultura per le aziende

Adesso anche i dirigenti hanno iniziato a riscoprire l’importanza della cultura e della formazione per il benessere dei propri dipendenti e per la produttività dell’azienda.

Dopo la pandemia e il fenomeno delle grandi dimissioni, le aziende hanno iniziato infatti a capire l’importanza di affiancare alle competenze ‘hard’ anche delle competenze ‘soft’, basate sul rafforzamento dei rapporti umani e sulla salute dei lavoratori.

Parallelamente, nei lavoratori si è sviluppata una sempre più spiccata sensibilità sociale nei confronti di tematiche come la tutela dell’ambiente, i diritti e la partecipazione a eventi o attività di tipo culturale, al di fuori e all’interno del contesto aziendale, a cui i datori di lavoro devono per necessità fare attenzione se vogliono trattenere i propri talenti e offrire loro un contesto allineato a questi valori.

Bisogna pensare alle imprese come a piccoli ecosistemi all’interno della società e rappresentativi di essa, nei quali lavorano, si incontrano, si scambiano idee e opinioni e si rapportano centinaia di persone – dice a Fortune Italia Massimiliano Tarantino, responsabile della comunicazione corporate e rapporti istituzionali del Gruppo Feltrinelli, direttore della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e direttore di Feltrinelli Education – ecco perché non può mancare oggi la capacità, nelle imprese e nelle persone, di adattarsi al cambiamento e di accogliere la novità con apertura mentale e fiducia. La duttilità, infatti, è una caratteristica imprescindibile da un lato per i lavoratori, che sempre più dovranno fare i conti con un universo del lavoro tutt’altro che statico, e dall’altro per le aziende, che dovranno saper comprendere e metabolizzare le necessità e le inclinazioni dei propri dipendenti, senza imporre etichette ma costruendo un sistema di inclusione e convivenza serena”.

“In questo scenario – continua – a giocare un ruolo determinante è proprio la cultura, intesa sia come insieme delle competenze umanistiche, sia come capacità di relazione, stimolo di empatia e leva del cambiamento. Importare nelle logiche aziendali il concetto di cultura, e quindi di corporate culture e di valori come rispetto della persona e tutela delle relazioni interpersonali, significa eccellere nel mare magnum di realtà che oggi lottano per competere nel mercato. Valorizzare il benessere dei propri dipendenti con progetti di welfare adeguati, introdurre percorsi di formazione modellati sulla base delle esigenze e degli obiettivi della singola realtà e coltivare, giorno per giorno, quei valori portanti di ogni impresa vuol dire anche potersi raccontare all’esterno con autenticità e onestà, instaurando un rapporto di fiducia in primis con i propri collaboratori e poi con i consumatori, il pubblico e tutti gli stakeholder”.

Oggi ricorre anche un altro anniversario, che ci ricorda quanto prezioso e allo stesso tempo fragile sia il nostro patrimonio artistico: l’incendio della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Il 15 aprile del 2019, in poche ore uno capolavori dell’umanità è andato in fumo, tra lo stupore e la disperazione generale. Questo a dimostrazione del fatto che il valore, spirituale prima che economico, di cultura e arte è inestimabile.

Se non avremo cura e non tuteleremo a dovere il nostro immenso patrimonio culturale, rischiamo di perdere una delle caratteristiche che rende il nostro Paese unico al mondo e che produce, fra l’altro, ricchezza e benessere.

Senza cultura, non c’è futuro.

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