Vaccini, il caso Catalent e l’effetto della burocrazia sul pharma

Catalent
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Sembrano passati secoli da quando si facevano pressioni per riportare la produzione di vaccini in Italia, ma era solo un anno fa. Covid-19 faceva ancora paura, si cercavano spasmodicamente farmaci e vaccini, e si scoprì che in Italia ‘scarseggiavano’ i bioreattori (chiave per la produzione di questi ultimi). Oggi in un colpo solo, come ben sintetizza ‘Avvenire’, il polo farmaceutico del Lazio (uno dei più importanti del Paese) perde i (famosi) bioreattori, 100 posti di lavoro e 100 milioni di dollari di investimenti già sul piatto.

Non solo: con la produzione dirottata all’estero, a Oxford, per questo polo del pharma italiano – dove negli ultimi mesi sono stati infialati i vaccini anti-Covid – svanisce una delle più grandi opportunità degli ultimi anni per consolidare la propria posizione nel mercato europeo e mondiale. Il ‘caso’ della fuga di Catalent da Anagni è, soprattutto, un caso di mala burocrazia. 

A ricostruire la vicenda sono i sindacati, preoccupati. “Dopo tre anni di tentativi per ottenere le necessarie licenze da parte del ministero della Transizione ecologica, la multinazionale farmaceutica ha deciso di riporre nel cassetto il progetto di realizzare otto bioreattori nel suo stabilimento di Anagni, in provincia di Frosinone, destinati alla produzione di principi attivi dei vaccini, e di spostare l’investimento previsto nel Regno Unito, in particolare nell’Oxfordshire, dove i dollari investiti saranno 160 milioni, 60 in più rispetto all’Italia”.

Per questi motivi su richiesta della Cgil Roma e Lazio, Cisl Lazio, Uil Lazio e le categorie interessate, Filctem Cgil Roma e Lazio, Femca Cisl Lazio, UilTec Provinciale, si è tenuto un incontro con l’assessore alle Politiche abitative, Urbanistica, Ciclo dei Rifiuti e impianti di trattamento, smaltimento e recupero, Massimiliano Valeriani, con il consigliere regionale Mauro Buschini, il commissario straordinario per la bonifica della valle del sacco, Lino Bonsignore e il capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio, Andrea Napoletano. 

Durante l’incontro, i sindacati hanno chiesto una governance partecipata, “in quanto ci troviamo di fronte ad un problema del tutto inedito: Catalent non farà più un investimento di 100 milioni di euro nella Regione Lazio che avrebbero portato innovazione e ricerca e oltre cento posti di lavoro con professionalità medio-alte. Alla luce di questa situazione – sottolineano i sindacati – ci dovremo misurare con il Pnrr e con il rischio di un effetto domino di mancati investimenti per lo sviluppo della Regione. Tutte cose che rischiano di palesarsi e di far perdere soldi e aziende se non corriamo ai ripari”.

L’azienda, oltretutto, “avrebbe portato in Italia tecnologie che ancora non ci sono, avrebbe creato numerosi posti di lavoro, oltre a investire cento milioni di dollari”, sottolineano i sindacati, che hanno chiesto un tavolo interistituzionale con il ministero dello sviluppo economico e con quello della Transizione ecologica .

“Questo tavolo – proseguono i sindacati – dovrebbe servire innanzitutto per capire se c’è la possibilità di recuperare le autorizzazioni fino a oggi negate ed evitare che si ripetano fatti del genere. In altre parole ci auguriamo di riallacciare un rapporto con Catalent, capire se c’è la possibilità di recuperare in qualche modo quelle autorizzazioni e snellire la parte burocratica per permettere a tutte quelle aziende che oggi sono in attesa di accelerare gli iter burocratici”, concludono i sindacati.

Ma sarà possibile? Il gruppo Catalent ha aspettato mesi per l’autorizzazione i nuovi bioreattori, dopodiché è passato al piano B. Effetti della burocrazia. Ma che cosa ha rallentato le procedure? Anagni si trova su un’area Sin (Sito di interesse nazionale), quella del bacino del fiume Sacco, territorio studiato da anni per l’inquinamento e dove nessuna bonifica e risanamento sono stati eseguiti, quindi zona vincolata: ogni procedimento, oltre alle autorizzazioni di Provincia e Regione, deve passare al vaglio del ministero della Transizione ecologica.

Così, di attesa in attesa, di carta in carta, di tappa in tappa, la pratica è ancora ingolfata e non è stato installato nessun bioreattore. Il rischio che sia troppo tardi è elevatissimo. Ma il caso Catalent potrebbe, ugualmente, essere di lezione. Impareremo mai davvero a scommettere sulla ricerca e sulla produzione farmaceutica?

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