Disabili fatti scendere da un treno. Di chi è la colpa?

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Disabili fatti scendere da un treno. Ma di chi è la colpa? e chi paga? La risposta migliore l’ha data Giulia Bonardi, a capo di Haccade, l’associazione del terzo settore che aveva organizzato il viaggio di 25 ragazzi diversamente abili che partecipavano ad un viaggio turistico per persone con disabilità cognitive.

“È mancata la dignità umana: i ragazzi disabili si sono resi conto di essere stati rifiutati dai passeggeri del treno, che hanno rivolto a loro, così come a Trenitalia, parole che non ripeterò”.

Persone che, avendo prenotato un treno, non sono riuscite a salire perché i loro posti erano occupati da altri passeggeri.

Il fatto che fossero disabili è soltanto una aggravante di una vicenda semplicemente assurda.

Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha chiarito come Trenitalia avesse riservato sulla prima vettura del treno regionale 3075 Albenga-Milano i posti necessari a far viaggiare da Genova a Milano la comitiva di persone con disabilità (27 persone + 3 accompagnatori).

Posti quindi pagati in anticipo con accesso a un servizio di prenotazione. A cui è stato impossibile accedere a causa di un’occupazione abusiva da parte di altri viaggiatori.

Viaggiatori che, auspicabilmente, avevano anch’essi pagato il biglietto di un treno che stava viaggiando con un numero di carrozze utilizzabili inferiore al programmato a causa di atti vandalici compiuti da ignoti in precedenza.

La vicenda impatta sia sotto il profilo giuridico che, soprattutto, economico.  In primis non si può prescindere da una valutazione rispetto al fatto che questa assenza di sensibilità evolva rapidamente dalla dimensione patologica a quella criminale con una scala di toni che è davvero molto tenue.

L’autorità giudiziaria deciderà ovviamente come rintracciare e procedere nei confronti di chi non ha rispettato le regole.

Il secondo tema, del quale troppo spesso ci dimentichiamo, è come l’impatto di comportamenti sociali scorretti determinino oneri economici e danni che si riverberano sulla collettività generale o, come in questo caso, nei confronti di soggetti meno tutelati.

Di fronte a una catena di fatti rispetto ai quali diventa complicato attribuire responsabilità dirette si cerca, legittimamente, di trovare delle soluzioni di mediazione che, come in questo caso, risolvono il problema lasciando insoddisfatti i soggetti meno tutelati.

Una scelta nell’immediato, economicamente efficiente, della riduzione del danno, applicata in questo caso dai vari attori che hanno agito nel tentativo, riuscito, di evitare l’aumento della tensione e il blocco della linea.

Le istituzioni hanno infatti agito in modo pragmatico. È stato fornito un servizio sostitutivo, il personale di bordo ha cercato in ogni modo di garantire il diritto di accesso dei passeggeri disabili, la polizia ferroviaria si è impegnata per tentare di risolvere il problema in una situazione di sovraffollamento di un treno in un momento di punta, durante un ponte festivo.

Ma conta più la gestione dell’emergenza o il rispetto delle persone e delle cose? Un tema su cui non si può passare oltre. La società Trenord ha di recente segnalato come nel corso del 2021 vi siano stati solo per i treni regionali di competenza di tale società 167.470 mq di graffiti; 614 vetri frantumati; 2.772 sedili divelti.

Il costo di questo atteggiamento da parte degli utilizzatori del trasporto pubblico locale ricade sulla fiscalità generale. E anche sulla qualità del servizio che viene reso nei confronti della collettività. Costi occulti che siamo costretti a pagare grazie a vandali che contano sull’impunità.

Il tema, quindi, è come intervenire alla radice perché questo tipo di cose non si abbiano a ripetere. Forse riprendendo a scandalizzarci ogni volta che assistiamo a cose del genere.

Bisogna qui rendere merito a Trenitalia che nel suo comunicato ha usato una parola precisa: sdegno per l’accaduto. Come ha spiegato la direttrice regionale Trenitalia Liguria, “nessuno dei 27 viaggiatori che avevano occupato i posti riservati ai disabili si è alzato, i viaggiatori sono stati invitati più volte dal nostro personale di bordo e assistenza presente a lasciare liberi i posti evidenziando che erano riservati a una comitiva di ragazzi disabili, però questo invito non è stato minimamente accolto”.

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci consente di programmare, scegliere, prenotare, creare delle condizioni per cui il trasporto sia vissuto in modo facile e semplice. Soprattutto per quelli che hanno una condizione individuale di disabilità che dovrebbe trovare un livello di tutela maggiormente elevato.

Ma perché questo poi avvenga sul serio serve poi una responsabilità individuale e collettiva che deve essere esercitata.  A Genova questo non è successo. E 27 senza volto hanno fatto male a 25 ragazzi con un nome e un cognome. E anche a noi. Tanto al nostro animo quanto al nostro portafoglio.

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