Covid, nuove regole su mascherine e ‘nodo’ globalizzazione

turisti Venezia
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Mentre Covid in Italia viaggia ancora con un ritmo di 29.575 nuovi casi e 146 morti (e un tasso di positività sceso al 16,2% a fronte di 182.675 tamponi), ci si prepara alle nuove regole sulle mascherine. Non sarà, almeno per ora, proprio un ‘liberi tutti’. In qualche modo e per almeno un altro mese, anticipa ‘La Repubblica’, le mascherine al chiuso in molte occasioni dovranno essere tenute. Ma a fronte di quello che sta accadendo nel resto d’Europa, e nel mondo, ha senso proseguire sulla linea della prudenza?

Intanto in Italia l’obbligo sarà sostituito da una raccomandazione a proteggersi, in particolare nelle situazioni dove c’è un maggior rischio di assembramento. Si attende per giovedì un’ordinanza ad hoc dal ministro della Salute Roberto Speranza. Il provvedimento dovrebbe però ‘conservare’ la mascherina su treni, aerei, pullman, ma anche in metro e autobus. Stesso dicasi per i lavoratori del settore pubblico (anche se in ufficio potrebbe bastare la mascherina chirurgica). Sul fronte del settore privato, l’ipotesi è quella di lasciare la libertà di decidere ai datori di lavoro, in base  al rischio legato all’attività e ai contatti tra i colleghi.

Ma c’è un grosso punto di domanda. A parte la legittima stanchezza dopo oltre due anni di volti coperti, il fatto è che ormai da qualche tempo numerosi Paesi europei (e non solo) hanno detto addio alle mascherine. I viaggi sono ripresi e abbiamo visto tutti le città d’arte e i litorali  riempirsi di turisti.

Allora non ci si può non domandare che senso abbia, anche dal punto di vista epidemiologico, intraprendere una strada all’insegna della cautela, mentre il resto del mondo (Cina esclusa) sta andando in un’altra direzione. Il tutto senza limitazioni agli spostamenti e in pratica senza controlli – se si eccettua il green pass, che però non esclude eventuali positività a Covid – almeno nel caso dei viaggiatori europei.

“All’estero la mascherina non si usa più da qualche tempo, in effetti”, dice a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. “Il fatto è che dal punto di vista comportamentale è saltata l’idea di pandemia. Ogni Paese decide per sé, ma il problema sta nella globalizzazione: complice la variante Omicron, il virus non preoccupa più di tanto, ma in realtà circola ancora e non trova ostacoli alle frontiere”.

“Dal punto di vista del comportamento – insiste l’esperto – è come se ci trovassimo di fronte a tante epidemie locali, gestite in modo differente. Ma anche se ormai non si pensa più a Covid globalmente, l’epidemia in realtà è ancora globale. Così il virus viaggia insieme ai turisti che arrivano in Italia senza controlli e senza mascherine. E noi sappiamo benissimo che ci sono tanti asintomatici che possono trasmettere” Sars-Cov-2.

A questo punto, per Ciccozzi “il green pass non ha più senso: era una mossa politica per spingere verso la vaccinazione. Ma la mascherina ha ancora senso per proteggere i soggetti vulnerabili: a questo punto, più che all’obbligo possiamo pensare a una raccomandazione nei mezzi pubblici e nei luoghi affollati”.

E questo proprio perché “non si pensa più globalmente. D’altronde c’è un conflitto in Europa, si parla di terza guerra mondiale e di missili puntati su Roma. Covid non fa più paura, e in effetti la pandemia con la variante Omicron, a fronte di tanti casi, non sta mettendo sotto pressione gli ospedali. Così nell’indifferenza il virus viaggia in aereo e raggiunge ogni Paese”, sottolinea Ciccozzi. “In questo quadro manca una strategia unica: anche a livello europeo ognuno fa come crede”.

E il caso della Cina? “Qui il problema è differente: loro stanno adottando la strategia zero Covid che avevano messo a punto con il virus di Wuhan. Nel frattempo però siamo passati da un virus con un R0 di 2,5 a un R0 che oscilla fra 16 e 18: il coronavirus oggi è contagiosissimo e l’approccio con i lockdown duri serve a poco. Occorre considerare anche che le persone anziane in Cina non sono state immunizzate in massa come da noi – riflette Ciccozzi – e che hanno utilizzato un vaccino che ha un’efficacia inferiore rispetto a quelli usati in Europa”. Tutti elementi che oggi concorrono a indebolire l’approccio cinese.

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