Prima impressione e intelligenza artificiale

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Quante volte ci hanno detto che la prima impressione è quella che conta. Ed è spesso vero. Quando vediamo il volto di una persona, le sue espressioni, il modo aperto di guardarci, gli occhi che rincorrono la nostra immagine, siamo immediatamente portati ad esprimere un giudizio.

Chi abbiamo di fronte potrebbe essere magari un saggio, un soggetto simpatico, un individuo chiuso che non vuole lasciarsi scalfire dal rapporto con gli altri. Questa chiave di conoscenza è stata enormemente amplificata con i social network, tanto che spesso ci troviamo a valutare volti semplicemente osservando un’immagine.

Ma vi siete mai chiesti se esistono le possibilità di manipolare questa rapida impressione soggettiva, che si sviluppa in pochi attimi? Nel prossimo futuro la tecnologia informatica attraverso l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un mezzo per influire sulla fantastica “prima impressione”, che ci consente di mettere a nudo chi abbiamo davanti solamente con uno sguardo.

Come? Grazie ad un algoritmo che mescola le ricerche sulla valutazione dell’aspetto fisico con la “prima impressione”. Lo strumento potrebbe diventare una sorta di sistema intelligente in grado di rendere maggiormente degni di fiducia gli individui, semplicemente basandosi su un’immagine del volto.

Effetti collaterali? C’è il rischio di creare, grazie a strumenti di “aggiustamento” delle smorfie facciali, una sorta di unitarietà di visione nei confronti di una persona che, per motivi politici o magari di marketing, punta ad essere recepita positivamente dall’opinione pubblica. In questo senso, le motivazioni etiche legate all’impiego di uno strumento di questo tipo potrebbero diventare preponderanti, per porre un freno ad una sorta di prima impressione “guidata”.

Chi pensa che fino ad ora si sia parlato solo di fantascienza è fuori strada. L’algoritmo esiste davvero ed è stato presentato con una ricerca apparsa su Pnas, la rivista scientifica dell’Accademia Americana delle Scienze, da un team di scienziati che hanno riunito esperti dello Stevens Institute of Technology e delle Università di Princeton e Chicago.

L’algoritmo è stato realizzato mescolando le ricerche che hanno preso in considerazione le percezioni umane con un sistema di intelligenza artificiale. Prima è stato chiesto a diverse migliaia di persone di offrire un loro giudizio su una serie di immagini di volti create artificialmente, per definire alcuni criteri di base, dalla percezione di intelligenza fino a quella relativa alla possibile fiducia ispirata o alla religiosità.

Poi tutte queste informazioni sono state trasferite a una rete neurale opportunamente modulata, con l’obiettivo di creare una serie di “risposte” e giudizi in grado di aggiornarsi costantemente grazie all’intelligenza artificiale.

In pratica, grazie ad una semplice foto di un volto, il sistema potrebbe prevedere che tipo di risposte stimola in chi la sta osservando. Ovviamente si tenta di andare oltre stereotipi ben definiti, come quello che fa pensare a chi sorride come immediatamente più empatico o chi porta gli occhiali come tendenzialmente più intelligente.

Il sistema è destinato ad avere successo in termini “commerciali”, ma occorre prestare attenzione alle implicazioni etiche di una ricerca di questo tipo, in un mondo caratterizzato dall’immagine come quello che stiamo vivendo.

Una scelta attenta delle foto da proporre, ad esempio, potrebbe rivelarsi vincente in termini di gradevolezza per un personaggio pubblico, suscitando sentimenti positivi sempre e comunque. L’impiego nel mondo reale di questo strumento, nato per studi psicologici, potrebbe rivelarsi difficile da gestire.

Anche e soprattutto considerando che nasce per dare, al momento, una risposta media di una determinata popolazione di fronte ad un viso. Una certezza rimane: la prima impressione è davvero importante. Per i giudizi, meglio affidarsi alla percezione diretta piuttosto che ad un’immagine mediata.

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