Lavoratori malati di tumore, le 10 regole per i datori di lavoro

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Il lavoro è importante per tutti, ancor di più per i malati di cancro: per loro ha anche un valore terapeutico, come hanno dimostrato diversi studi scientifici. Tornare ad essere attivi dopo una diagnosi di tumore è un’esigenza vitale, oltre che economica. È altrettanto importante allora sapere che il lavoratore può tornare a essere produttivo: una risorsa per il datore di lavoro, non un peso.

Gli ostacoli che si vengono a creare a causa del tumore del lavoratore dipendente possono essere superati con il dialogo e la comprensione nel reciproco rispetto. È questa la via che indica Aimac (Associazione italiana malati cancro, parenti e amici), che ha stilato un decalogo ad hoc, contenuto nella brochure “Lavoratori malati di tumore: 10 consigli al datore di lavoro”.

“La vita durante e dopo una diagnosi di tumore è cambiata grazie alla scienza medica, che consente di curare forme tumorali che solo pochi anni fa non lasciavano scampo e sempre più frequentemente le terapie riescono a cronicizzare la malattia anche a lungo. E allora si vuole, si pretende di ritornare alla vita ed è fondamentale trovare accoglienza anche nei posti di lavoro”, dice a Fortune Italia Elisabetta Iannelli, vicepresidente Aimac.

“Gli strumenti giuridici di tutela del lavoro per chi si ammala di una patologia grave come il cancro esistono (anche se le norme non sempre sono sufficienti a rispondere adeguatamente ai diversi bisogni di tutti i lavoratori), ma una corretta comunicazione in un clima di accogliente fiducia e di ascolto reciproco tra lavoratore e datore di lavoro potrebbe fare la differenza e, in molti casi, evitare contrapposizioni dolorose che talvolta sfociano in contenziosi onerosi in tutti i sensi da ambo le parti”, assicura Iannelli.

“Gli ostacoli che si vengono a creare a causa del tumore del lavoratore dipendente, da difficoltà individuale rischiano di diventare crisi aziendale, ma possono essere superati con il dialogo – insiste – ed è questa la via da percorrere per una reale inclusione sociale e lavorativa di chi lotta per vincere la vita dopo il cancro. Per favorire questa evoluzione, anche culturale, Aimac ha stilato i 10 consigli al datore di lavoro”.

Le dieci pillole di Aimac suggeriscono una maggiore attenzione ai bisogni del lavoratore malato, nel rispetto della riservatezza, in un clima di ascolto e comprensione delle reciproche esigenze, “senza timore di chiedere apertamente per capire di più ed individuare insieme le soluzioni più adatte al caso concreto”.

Ad esempio, se il lavoratore malato di cancro ha bisogno di altro tempo per occuparsi della sua salute prima di tornare a lavorare, può essere opportuno stabilire insieme un programma di reinserimento professionale. Sarà utile ad entrambi, prima, durante e dopo i trattamenti terapeutici e riabilitativi.

Aimac consiglia “anche di valutare l’impatto della malattia nel gruppo di lavoro per essere pronti al cambiamento e per individuare i cosiddetti ‘accomodamenti ragionevoli’, dovuti e certamente utili alla migliore organizzazione del lavoro individuale e di squadra”, conclude Iannelli.

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