Robot intelligenti sostituiranno il medico?

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Quante volte ci siamo impressionati vedendo le prestazioni di un robot che viene utilizzato in sala operatoria per un intervento chirurgico? Il chirurgo governa, muove le braccia dello strumento che taglia, cauterizza, ricuce con la massima precisione. Esattamente come un grande esperto del tavolo operatorio.

Quando esiste l’indicazione, l’impiego dei robot consente di presupporre interventi più mirati, di limitare i traumi sulla parete del corpo, di ridurre il dolore, di favorire un recupero più rapido e meno gravoso per il paziente dopo l’intervento. Mai e poi mai, tuttavia, penseremmo a un robot che “decide” se e come operare, che si muove autonomamente pur se con tutte le informazioni derivanti da programmi di Intelligenza Artificiale sempre più evoluti e precisi, che insomma agisce senza il controllo umano. Così come, pur se l’Intelligenza Artificiale si avvia a diventare un utile strumento di refertazione per gli esami meno complessi in campo radiologico, pensiamo a un futuro che non preveda la presenza rassicurante dello specialista in imaging. Insomma: in medicina la robotica sarà sempre più importante, ma diventa difficile pensare ad una completa dissezione della “macchina” intelligente dal controllo umano.

Se il mondo sanitario non appare certo destinato a rischiare una sorta di “destituzione” da parte delle macchine, non ci sono dubbi che in alcuni settori l’impulso dato dalla disponibilità di sistema sempre più intelligenti ed efficienti potrà in futuro modificare il panorama professionale. Ed allora, di fronte all’avanzata di robot intelligenti, viene da chiedersi se e quando una specifica abilità professionale potrebbe venir sostituita del tutto da un “assistente” di questo tipo.

Alla domanda hanno provato a rispondere alcuni esperti dell’Epfl di Losanna in una ricerca, svolta con gli economisti dello stesso ateneo elvetico, con una ricerca che combina ciò che si sa dalla letteratura sulle potenzialità attuali e future dei robot in correlazione con lo stato attuale e l’evoluzione del panorama occupazionale e salariale.

Lo studio, coordinato da Dario Floreano, è apparso su Science Robotics e contribuisce a disegnare un futuro che appare davvero segnato. Ma non basta. La ricerca prova anche a definire come e quanto la robotica in sviluppo potrebbe diventare una sorta di “molla” per spingere verso una transizione professionale di lavoratori verso aree destinate a rimanere a lungo appannaggio della capacità fisica e mentale dell’uomo.

Come si è arrivati a questa sorta di “scheda” del lavoro del futuro, destinata ad essere anche preventivabile attraverso una semplice scheda disponibile in rete? Gli studiosi sono partiti da un’originale mappatura delle effettive potenzialità dei robot sul lavoro, attraverso due strumenti. Il primo è l’H2020 Robotic Multi-Annual Roadmap, messo a punto dalla Commissione Europea, che va a valutare abilità attualmente richieste ai robot disponibili o che potrebbero diventare fondamentali per il futuro.

Sul lato “umano” dello studio, invece, si è partiti da quanto riporta la banca dati O*net, che viene impiegata negli Usa e classifica un migliaio di lavori concentrandosi sulle “Skills” richieste.

Mixando assieme queste indicazioni, gli studiosi elvetici sono riusciti ad individuare quanto oggi, e in futuro, il robot sostituirà l’uomo. Ne è emerso un quadro che dovrebbe mettere al riparo la competenza medica, pur se quando viene richiesta una precisione millimetrica la sfida viene vinta dalla macchina. Quando nel lavoro è e sarà predominante la necessità di creatività e la capacità di pensiero critico, in ogni caso, l’uomo continuerà a vincere la sfida. Ogni paziente, si sa, è diverso da un altro.

Per questo con tutta probabilità i robot saranno sempre più utili in medicina, ma sempre sotto l’assiduo controllo umano che può guidarli tra meandri anatomici, anomalie fisiologiche e altre variabili che presupporranno la presenza della mente umana come guida ed indirizzo della macchina.

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