turismo covid
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Da un lato l’Italia, dove le associazioni di medici denunciano la stanca delle vaccinazioni anti-Covid soprattutto per quanto riguarda le dosi booster. Dall’altro l’Oriente, dove Cina e Corea del Nord tonano a usare il lockdown per evitare il diffondersi di nuove epidemie di contagi. E intanto la stagione delle vacanze si avvicina. Ma che estate sarà dal punto di vista del turismo, che rappresenta per il nostro Paese una voce importantissima della bilancia commerciale, sia in termini di income che in turismo outgoing? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Corti, responsabile settore Turismo di Confcommercio.

Che tendenze si registrano in vista dell’estate 2022?
“Il primo trend che emerge è la percezione da parte dei turisti di essere ormai fuori dalla pandemia, almeno per quanto riguarda la voglia e la possibilità di muoversi. Il punto di preoccupazione dei cittadini ora non è più Covid, ma il rischio di inflazione, di aumento dei prezzi e quindi del potere d’acquisto in futuro. Dopo i due anni che abbiamo passato, prevale la voglia di viaggi. A fronte di questo c’è l’aspetto dell’organizzazione della vacanza, e quindi della prenotazione, che quest’anno è ancora più tardiva dell’anno scorso. Due i motivi: da un lato la voglia di libertà oggi deve coniugarsi con il poter prendere decisioni in qualsiasi momento, dall’altro la consapevolezza di un potere d’acquisto che potrebbe cambiare repentinamente. Quindi per l’estate 2022, le prenotazioni saranno sotto data. Analoga tendenza registrano gli operatori degli altri Paesi europei. C’è poi la conferma dell’interesse preponderante dei connazionali per la vacanza in Italia, pur essendo il nostro nel club dei 10 Paesi che generano più turismo verso l’estero (siamo anche al quito posto nel mondo per incoming generato). Stimiamo quindi che questa estate il 90% degli italiani che andrà in vacanza sceglierà il Belpaese. Il restante 10% andrà invece all’estero”.

La pandemia ha sortito effetti sulle mete estere scelte dagli italiani per le vacanze?
“Certamente. Mentre prima l’outgoing aveva tra le prime cinque destinazioni gli Usa, i Caraibi, il Mar Rosso, il bacino Sud del Mediterraneo e l’Oceano Indiano, oggi è l’Europa a farla da padrona. Con predominanza delle mete balneari di Francia e Spagna, ma anche delle città d’arte come Parigi, che rimane sempre molto amata”.

E l’Oriente?
“In questo caso registriamo fortissime flessioni sia in outgoing che per il turismo verso l’Italia. Il motivo non è tanto la situazione epidemiologica dei Paesi del Far East, quanto quella geopolitica del conflitto in territorio ucraino. Che ha portato alla riduzione delle frequenze di volo da e verso quelle zone, finanche al cambio delle rotte di volo per evitare di passare sopra ai territori interessati dalla guerra. Con il conseguente aumento delle tariffe dei biglietti a causa di percorsi più lunghi”.

Parlava della guerra: ci sono effetti anche sui prezzi dei carburanti (e dei biglietti) dei veicoli turistici a seguito della crisi delle materie prime, carburanti fossili inclusi, provenienti dal corridoio russo-ucraino?
“Sì, ci sono eccome. In misura diversa a seconda del tipo di trasporto e dell’energia utilizzata. Nel caso di quello aereo si è sentito poco. Per ora. Perché le compagnie acquistano il carburante secondo contratti che negoziano un prezzo fisso per un dato periodo di tempo. Per ora il costo dei biglietti è stato calcolato sulla base di prezzi del carburante negoziati prima dell’inizio del conflitto. È possibile che con il mese di giugno i prezzi del carburante siano rivisti al rialzo. E ciò potrebbe portare con sé una sorpresa amara proprio all’inizio dell’estate per chi ancora non ha prenotato il proprio biglietto”.

Questo avrà conseguenze sulla scelta della meta?
“Potremmo assistere a uno scenario simile a quello dello scorso anno. Quando gran parte delle seconde case che gli italiani, un tempo utilizzavano solo un paio di settimane per poi andare  altrove, sono rimaste aperte tutta l’estate”.

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