Anticorpo-farmaco coniugati nuova arma contro i tumori al seno

Giampaolo Bianchini
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È una nuova frontiera e insieme un’iniezione di speranza per le donne affette da tumore del seno metastatico ‘triplo negativo’, uno dei più difficili da curare, ma anche per le donne con tumore del seno metastatico con recettori ormonali (HR+) e HER2 negative (il sottotipo più comune di tumore della mammella in fase avanzata, pari al 70% circa di tutti i casi), già trattate in precedenza con tante linee di terapia e ormai resistenti alla terapia ormonale. L’uso di sacituzumab govitecan, un anticorpo-farmaco coniugato di Gilead ha dimostrato negli studi presentati all’Asco di Chicago, di essere in grado di guadagnare ancora preziosi mesi di vita per queste pazienti giunte alla fine delle opzioni terapeutiche finora disponibili.

Studio Ascent. Le donne con tumore della mammella ‘triplo negativo’ (che non esprime cioè né i recettori per gli estrogeni, né l’HER2) non possono beneficiare della terapia ormonale, né di quella anti-HER2 (es. trastuzumab) e hanno in genere una prognosi non favorevole. Questo studio è andato a valutare l’effetto di sacituzumab govitecan, confrontandolo con la chemioterapia tradizionale, nelle pazienti con questa malattia in fase metastatica. “Il tumore della mammella triplo negativo – spiega a Fortune Italia Giampaolo Bianchini, responsabile Gruppo Mammella del Dipartimento di Oncologia, Ospedale San Raffaele di Milano – ha una particolare aggressività biologica, che si ripropone anche nella malattia metastatica. Per questo dobbiamo disporre di ulteriori opzioni terapeutiche per questi tumori e questi anticorpi ‘caricati’ di chemioterapici possono modificare le chance di sopravvivenza nelle donne con tumore triplo metastatico”.

Questo studio in particolare ha dimostrato che la terapia è in grado di ridurre del 60% il rischio di progressione di malattia e, cosa importantissima, di dimezzare il rischio di morte (-50%), rispetto al trattamento tradizionale con la sola chemioterapia. Questo si traduce in un vantaggio netto di sopravvivenza di 5,5 mesi, rispetto alle altre. “Finora – commenta Bianchini – nessun altro farmaco aveva dimostrato un beneficio così importante. Il triplo negativo fino a qualche tempo fa era considerato un tumore ‘orfano’ di terapia, avendo a disposizione solo la chemioterapia. Poi per alcune pazienti in fase metastatica è arrivata l’immunoterapia e, nelle donne con mutazione BRCA1/2, i PARP-inibitori. I risultati dello studio Ascent, appena presentati all’Asco, rendono meno ‘negativo’ il tumore della mammella triplo negativo, offrendo a queste donne una nuova possibilità di trattamento”.

Studio TROPICs-02. I tumori della mammella ormonosensibili (cioè con recettori per gli estrogeni o HR+) e HER2 negativi, dopo la terapia ormonale e gli inibitori delle cicline, finora potevano contare solo altri cicli di chemioterapia, peraltro di efficacia limitata. Questo studio di fase III è andato a vedere se l’aggiunta alla chemioterapia di sacituzumab govitecan (un anticorpo-farmaco coniugato utilizzato finora solo per i tumori della mammella ‘tripli negativi’, cioè HR-/HER2-) potesse apportare benefici anche alle pazienti con tumore della mammella metastatico o non operabile HR+/HER2-, già pesantemente pretrattate con vari cicli di chemio, rispetto alla chemioterapia standard. Obiettivo principale dello studio era valutare la progressione libera da malattia, rispetto alla sola chemioterapia.

L’associazione sacituzumab-chemioterapia ha ridotto il rischio di progressione del 33% rispetto alla chemioterapia tradizionale, mostrando anche un trend favorevole sulla sopravvivenza complessiva (ma si tratta di un dato ancora preliminare, non ‘maturo’ che andrà rivalutato più avanti nel tempo). “Questo studio – commenta il dottor Bianchini – dimostra che sacituzumab govitecan ha un potenziale che si estende al di là del setting triplo negativo. Oltre che nei tumori della mammella, sono in corso una serie di altri studi per valutarne le performance in altri tumori solidi (vescica, polmone, gastro-intestinali)”.

E che la strategia degli anticorpo-farmaci coniugati sia vincente lo dimostra il numero dei competitor di sacituzumab govitecan in arrivo; quello più vicino al traguardo è il datopotamab deruxtecan (un altro anticorpo-farmaco coniugato contro Trop2 sviluppato da Daiichi Sankyo e Astra Zeneca). Si è inoltre aperta la ‘caccia’ a nuovi bersagli sulla cellula tumorale, oltre a HER2 e a Trop-2. Al momento su trial.gov sono elencati oltre 30 trial su una serie di nuovi target tumorali. Fda in Usa ed Ema in Europa hanno già approvato sacituzumab govitecan per i ‘tripli negativi’ (negli Usa è già approvato anche per il tumore uroteliale), mentre si attende ancora la rimborsabilità in Italia.

Un nuovo pilastro della terapia oncologica. Secondo gli esperti, quello degli anticorpi-farmaco coniugati (antibody drug conjugate) sarà il pilastro prossimo venturo della terapia oncologica. E i risultati dei tanti studi presentati all’Asco a Chicago sembrano confermare queste previsioni. Questi farmaci portano con precisione estrema un potente chemioterapico contro un bersaglio espresso sulla superficie della cellula tumorale.

Il complesso anticorpo-farmaco è frutto di tanta tecnologia, perché il ‘link’ che lega i due deve essere sufficientemente stabile da non rilasciare il chemioterapico prima del tempo, per portare il farmaco a target e sganciarlo come una bomba solo una volta entrato nella cellula tumorale. Una volta distrutta la cellula bersaglio, il chemioterapico va a ‘dare fastidio’ alle cellule tumorali adiacenti, innescando una sorta di effetto domino anche sulle cellule che non espongono il bersaglio dell’anticorpo. Si tratta di una strategia con un potenziale enorme. Ad oggi sono stati realizzati anticorpi diretti contro 2-3 bersagli sulla cellula tumorale (quello del sacituzumab govitecan, ad esempio è mirato contro la proteina Trop-2), ma in futuro potranno diventare molti di più.

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