Natalità, ogni giorno 44 neonati in meno

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Nel 2022 continuerà il calo della natalità nel nostro Paese, con 44 neonati in meno al giorno. Se in base ai dati Istat nel 2021 siamo scesi sotto la quota psicologica dei 400.000 nati all’anno, il 2022 promette un inverno demografico ancora più rigido, anche se gli aspiranti genitori fanno una gran bella figura. Ecco perché.

Nel 2021, secondo i dati provvisori Istat, sono stati partoriti 399.431 neonati, il dato più basso mai raggiunto in Italia; nel 2020 i neonati sono stati 404.892, nel 2019 420.084, mentre nel 2018 erano 439.747.

Se si confrontano i dati sulla natalità disponibili fino a ora relativi il 2022, che riguardano il primo trimestre dell’anno, e li confrontiamo con quelli dello stesso periodo del 2021, si rileva un ulteriore calo con la diminuzione di 3.663 neonati, che su base annua corrispondono a un -4% pari a 16.000 neonati in meno – in media 44 ogni giorno – facendo prevedere la nascita nell’arco di un anno di 384.000 bambini. Come si vede è un dato ancora più basso, che però potrebbe diminuire ulteriormente per i riflessi della guerra in Ucraina.

Una scelta attendista che può aver influenzato una percentuale del 20% degli aspiranti genitori. Tutti questi dati però dimostrano una maturità dei genitori italiani che fa loro onore. Ho sempre ribadito che la natalità esprime lo stato effettivo dell’economia reale, per questo motivo ho valutato positivamente la prudenza dei genitori emersa dalla scelta di concepire i figli solo quando potevano garantire loro una situazione di stabilità economica e sociale, infatti dimostrano anche una consapevolezza della responsabilità genitoriale perché noi pediatri abbiamo sempre ritenuto che la prima forma di prevenzione in ambito pediatrico fosse quella di impedire le gravidanze indesiderate.

Analizzando l’andamento mensile delle nascite si ha un ulteriore conferma di questa responsabilità genitoriale: le date del concepimento lo dimostrano. Con lo scoppio della pandemia da Covid-19, i concepimenti da febbraio 2020 sono diminuiti di un 20% per la prudenza degli aspiranti genitori di fronte all‘incertezza sanitaria e globale. Però chi desiderava e poteva concepire lo ha fatto nei mesi successivi, quando sembrava che la situazione economica riprendesse e quella sanitaria, con l’arrivo dei vaccini, fosse risolta.

La maggioranza dei genitori ha ritenuto di concepire un figlio avendo fiducia nel futuro, ma anche potendo contare su risorse economiche, sociali e familiari per garantire la crescita dei figli. È chiaro che l’incremento della povertà si è riflesso anche in una riduzione dei concepimenti.

Una ulteriore dimostrazione della scelta consapevole degli aspiranti genitori arriva dal periodo in cui viene concepito un bambino. Anche durante la pandemia, come negli anni passati, l’andamento dei concepimenti è stato fortemente influenzato dal fotoperiodismo, cioè l’alternanza tra luce è buio, che è il principale regolatore naturale degli esseri viventi, con il picco di concepimenti al momento del solstizio d’inverno, quando si allungano le giornate e la maggior luminosità stimola gli ormoni sessuali.

Un fenomeno che spiega il picco delle nascite nel mese di settembre, mentre in aprile c’è il mese con il minor numero di nati, che corrisponde al minor numero di concepimenti avvenuti al solstizio d’estate, cioè a giugno, quando le giornate iniziano ad accorciarsi.

Questi dati dimostrano anche che i concepimenti nella maggioranza dei casi non sono determinati da situazioni o emozioni contingenti o momentanee, ma sono indipendenti perché legati a fattori naturali.

Quanto alle iniziative per invertire il trend della natalità in Italia, al di là del rilancio dell’economia ritengo sia fondamentale creare una società più a misura di bambino, in particolare intervenendo sulle strutture per la custodia dei bimbi come asili nido e scuole dell’infanzia.

*Italo Farnetani, professore ordinario di Pediatria Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche United Campus of Malta

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