narcisismo
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Si sente parlare a sproposito di narcisismo come causa principale di rotture di relazioni sentimentali, di tragedie, di scarsa vivibilità sociale. La costellazione narcisistica è poco conosciuta, nonostante il disturbo di personalità interessi, secondo molte stime, il 15 %della popolazione occidentale.

Il problema principale è la descrizione nosologica che ne fa il Dsm 5, il manuale statistico dei disturbi mentali, con una sintomatologia del tutto insufficiente e tesa solo ad evidenziare il lato covert, cioè quello propriamente dettato dall’esaltazione del sé, dalla scarsa empatia, dalla ricerca costante di ammirazione da parte degli altri.

Questa descrizione così riduttiva non coglie una vasta gamma di sintomi, classificabili nel tipo overt, che sono l’esatto contrario della manifestazione originaria legata al mito greco. Quindi, frustrazione per gli insuccessi, umore mutevole, chiusura in ambito depressivo, sensazione perenne di fallimento.

È certamente Otto Kernberg, psicanalista, il maggiore esperto di disturbo narcisistico della personalità e a lui si devono gli importanti contributi evolutivi tesi alla comprensione dei disturbo.
In Italia, il Terzo Centro di Roma, con Antonio Semerari, Giuseppe Nicolò, Antonino Carcione ha dato i maggiori contributi alla ricerca, disvelando un mondo spesso confuso con quadri psicopatologici diversi.

Non di rado il narcisista viene confuso con il bipolare, ma non c’entra niente, mentre sono presenti sintomatologie ossessive (a volte) che sembrano imitare il Doc. Semerari, Carcione, Nicolò hanno affrontato, alla stregua di Kernberg, la dimensione maligna della sindrome, quella prettamente caratterizzata da anedonia affettiva e non di rado confluente nella violenza psicopatica, non disegnando la comprensione dell’universo sottostante e ancora troppo misconosciuto, qual è quello della manifestazione overt.

Un lavoro compiuto anche da altri autori (Elena Bilotta), che inizia a trovare consensi nella letteratura. Il quadro che emerge dalla realtà è la sovrapposizione di Narciso nella figura psicodinamica al mito di Edipo e la scarsa conoscenza del fenomeno, così come accadeva 20 anni fa per i borderline.

Il narcisismo benigno è fonte di successo trasversale, alimentato dalla componente ipomaniacale che ha fatto la fortuna di imprenditori, politici, personaggi dello spettacolo. La relazione, intesa come reciprocità, viene invece influenzata dalla compulsione del narcisista alla serialità, amplificata dalla potenza evidente dei nuovi mezzi di comunicazione di massa.
Il contesto dialogico è orientato al vissuto tra personalità e ambiente, con una preferenza manifesta per l’ipertrofia delle “emozioni “.

La relazione terapeutica è possibile nel percorso di consapevolezza, sulla strada del confronto con il sé fragile. Non di rado vengono utilizzati stabilizzatoti dell’umore, antipsicotici, per affrontare meglio il percorso di cura.

La vulgata popolare non aiuta a decodificare la vera natura del narcisismo, il nemico in agguato di un sistema sociale che, paradossalmente, basa sulla propensione all’apparenza la sua forza superficiale. La prevalenza sembra maschile, seppure emerga una sostanziale parità di genere.
Anticipata da Deleuze e Pasolini, la società attuale sembra essersi consegnata a Narciso, avverando la profezia di un tempo.

*Mario Campanella, giornalista scientifico

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