Epatite sotto i riflettori, a che punto è la ricerca

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Epatite A,B,C, D ed E sotto i riflettori, in occasione della Giornata mondiale 2022. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha scelto lo slogan ‘Bringing hepatitis care closer to you’ per sottolineare la necessità di avvicinare le cure alle comunità, in modo da migliorare l’accesso ai trattamenti, indipendentemente dal tipo di epatite contratta.

La data della ricorrenza coincide con il giorno della nascita di Baruch Blumberg (28 luglio 1925), il biochimico statunitense che ha vinto il premio Nobel per aver scoperto nel 1967 il virus dell’epatite B e sviluppato il primo vaccino. Da mesi, in diversi Paesi europei (tra cui l’Italia) e negli stati Uniti è stato segnalato un aumento dei casi di epatite acuta grave a eziologia sconosciuta in bambini di età inferiore ai 16 anni, precedentemente sani. Un fenomeno che ha acceso i riflettori sulle migliaia di infezioni acute da epatite virale che si verificano ogni anno tra bambini, adolescenti e adulti. Infatti, sebbene la maggior parte delle infezioni da virus epatitici sia responsabile dell’insorgenza di malattie lievi o asintomatiche, in alcuni casi possono verificarsi complicazioni, anche fatali. Solo nel 2019, ricorda l’Istituto superiore di sanità, si stima che nel mondo si siano verificati 78 mila decessi a causa delle complicazioni delle infezioni da epatite A-E.

A causare il 95% dei decessi per epatiti, sono le forme croniche ovvero la B, la C e la D, “che durano per diversi decenni e culminano complessivamente in oltre un milione di decessi all’anno per cirrosi e cancro al fegato”, scrive l’Oms in una nota. L’agenzia delle Nazioni unite, insieme a scienziati e responsabili politici nei Paesi colpiti, sta lavorando per capire la causa delle epatiti acute nei bambini, che non sembrano appartenere a nessuno dei 5 tipi noti di virus dell’epatite.

A che punto è la ricerca

“Se oggi nel nostro Paese l’epatite C è curabile grazie ai farmaci e per l’epatite B esiste un vaccino, lo si deve all’impegno straordinario della ricerca delle imprese farmaceutiche”, rivendica Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.

“La R&S ha dato nuove speranze di cura a molti pazienti e a tutte le loro famiglie. Con effetti benefici sulla salute pubblica e anche sulle finanze dello Stato. Prima dei nuovi farmaci il welfare in Italia dedicava oltre 1 miliardo di euro per l’assistenza dei malati di epatite C. Oggi le persone trattate con i farmaci innovativi, e quindi guarite, sono circa 240 mila. Cittadini che possono tornare a una vita normale, piena, ad alta qualità, lavorativa e sociale. E in 18 anni di vaccina­zione contro l’epatite B, il risparmio per il nostro Ssn è stato di 580 milioni di euro. Ma si può migliorare ancora nella ricerca e negli screening”.

Gli obiettivi per il 2030

Per dare una svolta significativa alla lotta contro questi virus è fondamentale raggiungere gli obiettivi indicati proprio dall’Oms entro il 2030: ridurre le infezioni da epatite B e C del 90% e i decessi del 65%, diagnosticare la presenza del virus prima dello sviluppo della malattia raggiungendo il 90% della popolazione a rischio e assicurare un trattamento adeguato ad almeno l’80 dei pazienti diagnosticati idonei a riceverlo.

“Obiettivi che si possono centrare – assicura ancora Cattani – grazie al metodo testato durante la pandemia. Con la collaborazione, la sinergia, l’interconnessione tra Istituzioni, imprese, mondo della ricerca, tutti gli attori della Sanità che hanno saputo prendere decisioni in maniera veloce e dare risposte rapide ed efficaci. Solo insieme è possibile affrontare e vincere a livello globale le sfide per la salute dei cittadini”.

Lo studio

Intanto proprio in questi giorni sono stati pubblicati su Liver International i risultati preliminari dello studio osservazionale-prospettico in corso presso l’Ospedale San Giuseppe di Milano – Gruppo MultiMedica, mirato a cercare e curare l’Hcv (epatite C) in tutti i pazienti ricoverati nei reparti e nei day-hospital della struttura.

Tra le informazioni emerse dopo il primo anno dall’avvio dell’indagine, i ricercatori segnalano l’opportunità di estendere i programmi nazionali di screening, attualmente focalizzati solo sui nati fra il 1969 e l’89, alla coorte dei nati fra il ’48 e il ’68, per intercettare un maggior numero di infezioni attive sconosciute.

Quando si parla di Hcv, tuttavia, il problema del sommerso sembra non essere l’unica criticità. I dati preliminari dell’indagine dell’Ospedale San Giuseppe mostrerebbero anche una quota considerevole di soggetti che, pur sapendo di essere portatori dell’infezione Hcv, non hanno mai intrapreso un percorso per la sua eliminazione.

Ecco perché è importante tenere ‘accesa’ la luce sulle epatiti, non solo nella Giornata mondiale.

 

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